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giovedì 10 settembre 2015


Chi mai avrebbe potuto
immaginare che dei piccoli pesci corazzati
 del tutto privi di eleganza, sarebbero sopravvissuti
 per generare animali che avrebbero
camminato sulla terraferma, e un giorno,
 una volta acquisita la forma umana,
avrebbero imparato a parlare e ragionare,
mentre tutte quelle specie di trilobiti
sarebbero andati strisciando verso la loro fine
prima che sorgesse l'alba del Siluriano?

 
Richard Fortey

 

La conquista della terraferma

 
 
 
 
 

Una grossa novità

 
 
 
Dove si parla della vita diventata ormai difficile negli oceani, e della lotta per conquistare la terraferma, dei preparativi per accogliere gli animali e della esplosione dei vegetali su di essa.
 
 
 
 
21-Vita difficile
 
 
 
 

Grazie alla divisione dei compiti e alla formazione di veri e propri tessuti ed organi, ognuno dei quali aveva la propria specializzazione, e grazie anche alla possibilità di scelta tra le numerose forme messe in opera dal processo evolutivo, in breve apparvero, nei mari di allora, esseri viventi sempre più grandi e ormai visibili ad occhio nudo, e la vita si faceva sempre più dura e difficile. Mentre avvenivano queste cose anche la superficie della terra cambiava. non parliamo più di mare, ma di mari o di oceani. L’acqua che colmava l’unica grande depressione si andò dividendo in tante depressioni più piccole. Era successo che la crosta, sotto la spinta del magma ribollente proveniente dalle viscere della terra, si era fratturata in più punti e le porzioni di crosta avevano cominciato ad allontanarsi tra loro, mentre l’acqua si insinuava tra le fratture che si allargavano sempre più. Un lentissimo processo che ancora non ha fine e dal quale risulta l’attuale assetto delle terre emerse. Ormai la vita in questi mari grazie a questi esseri di tutte le fogge e di tutte le grandezze, non era più una novità ed era diventata una routine quotidiana. Nasce l’assunto per cui pesce grosso mangia pesce piccolo, e, visto il proliferare di questi esseri marini, non era difficile per tutti saziare i propri appetiti. La cosa naturalmente era alla base del processo necessario per vivere. e per tanto tempo si andò avanti in questa maniera, mentre le dimensioni di alcuni esseri crescevano a dismisura. e il cibo non mancava. E’ chiaro che l’evoluzione di quei primitivi animali pluricellulari sarà avvenuta verso diverse direzioni, mettendo in atto tentativi di creare esseri efficienti, con risultati più o meno riusciti. Ma quelle che durante il Cambriano popolano i mari, sono delle macchine perfette, molto fantasiose nelle forme, ricche di invenzioni biologiche, capaci di affrontare le sfide in un ambiente sempre più competitivo.




 Nei mari di quel periodo la vita si era fatta dura, anche in un altro senso. Per i più piccoli, infatti, non era difficile finire nelle fauci dei più grandi. Poteva sperare di farla franca solo chi era riuscito a mettere in atto sistemi di difesa validi. C’era chi si nascondeva nei fondali, che si mimetizzava tra le alghe, chi aveva degli aculei, che delle corazze. Ma la soluzione migliore, per qualche tempo, sarebbe stata quella di uscire dall’acqua. A quel tempo nessuno lo sapeva ma gli eventi stavano lavorando perché questo avvenisse. L’ambiente al di fuori dell’acqua, infatti, si stava trasformando e si stavano creando le condizioni per accogliere la vita. Le rime di frattura della crosta terrestre ovviamente erano frastagliate e l’acqua si era insinuata tra di esse formando delle lagune e delle coste piene di insenature, fiordi e bassi fondali dove l’acqua ristagnava ed era appena mossa dallo sciabordio determinato dalle correnti. Ormai l’atmosfera conteneva il venti per cento di ossigeno, proprio come oggi, e le condizioni erano giuste per ricevere i primi esseri viventi. Ma i primi a spostarsi sulla terraferma non furono gli animali che, abituati come erano a consumare ossigeno, se lo sarebbero finito in quattro e quattro otto. Ci pensarono le piante a preparare il campo.
 
 
 
 
 
22-Un tram affollato
 
 
 
 
 

Anche ora, attraverso il meccanismo della riproduzione, guidato dalle informazioni scritte sul patrimonio genetico degli organismi, vengono prodotte innumerevoli variazioni sul tema; organismi sempre più strani compaiono sulla scena, vengono adottate le soluzioni più diverse che si pongono al vaglio della selezione operata dall’ambiente. Poichè, come abbiamo visto, i mari del Cambriano sono diventati qualcosa di simile ad un tram affollato nell’ora di punta, e poichè fuori dell’acqua non si sta più tanto male, è chiaro che qualche essere vivente faccia capolino in questo nuovo ambiente.







Ma, come detto, le condizioni qui fuori sono del tutto diverse da quelle cui questi organismi sono abituati, per cui la maggior parte sarà destinata a finire i propri giorni immersa nei mari, dove, oltretutto c’è cibo a sufficienza. Solo alcuni esseri che, nella infinita varietà di forme e soluzioni adottate per sopravvivere, avranno acquisito delle soluzioni adatte per soggiornare sulla terraferma, riusciranno a fare delle puntate fuori dall’acqua che, gradualmente, si protrarranno per periodi sempre maggiori. I primi tempi, infatti saranno esseri in grado di vivere sia nell’acqua che nell’aria: man mano nasceranno forme che saranno in grado di trarre vantaggio da questo nuovo ambiente. Le forme viventi dotate di protezioni varie, intanto, verificarono sulla propria pelle che la soluzione delle corazze, gusci e conchiglie, entro i quali passare le proprie giornate, era in effetti una buona cosa. Se ne stavano lì al sicuro dentro la propria casetta sul fondo melmoso del mare o attaccati agli scogli. sporgendosi di tanto in tanto per afferrare del materiale  organico da mangiare. Fuori l’ambiente era diventato molto pericoloso, specialmente per esseri teneri e fragili, oltre che saporiti. Certo qualche predatore aveva imparato ad afferrare quella succulenta preda divorando il contenuto ed espellendo l’indigesto guscio. Si trattava comunque di poca cosa rispetto alla sovrabbondanza di esseri che andavano adottando questa soluzione. Inoltre la tecnica di rendere la vita più dura porta, come già detto, anche alla specializzazione di alcune cellule a formare strutture di sostegno e impalcature ossee, a cominciare da un abbozzo di colonna vertebrale che alcuni organismi marini, detti appunto cordati, possiedono. Ciò sarà molto utile in futuro quando si affacceranno fuori dall’acqua sulla terraferma. Gli indubbi vantaggi rappresentati da questi nuovi tessuti più duri e consistenti, incoraggiarono a proseguire su questa strada, alla ricerca di materiali che, avendo le stesse funzioni, fossero più leggeri che non le ingombranti corazze e da portare con più disinvoltura. Si formarono pertanto strutture meno rigide e pesanti, più flessibili e leggere, e allo stesso tempo resistenti. Un pò la differenza che passa tra il ferro e l’alluminio. Una soluzione che avrà successo, anche nella prospettiva del futuro sbarco sarà quella consistente in un organismo formato dalla ripetizione di segmenti tutti uguali; una struttura cosiddetta metamerica.
 
 
 
 
 
23-Forza di gravità
 
 
 
 
 
 
 
Nei mari del Cambiano intanto comincia a formarsi un primitivo abbozzo del futuro cervello. A livello della testa, comincia a prendere forma un primo abbozzo di organizzazione cerebrale. Nella testa infatti si formano i primi gangli, semplici matasse di cellule nervose, il cui sviluppo porterà alla graduale formazione di un organo in grado, non di produrre cibo, nè di digerirlo, nè di depurarlo, bensì di produrre comportamenti. Questi comportamenti non saranno più solo una risposta istintiva agli stimoli esterni ma, via via che si salirà nella scala evolutiva, diverranno frutto di qualcosa di più complesso che culminerà con la super complessità dell’uomo. Comunque anche i comportamenti, come tutte le altre funzioni dell’organismo, saranno finalizzati al bene collettivo, inteso dapprima come collettività di cellule che operano insieme nello stesso organismo, e poi come collettività di organismi che vivono insieme in colonie più o meno numerose per meglio affrontare i pericoli disseminati nell’ambiente. In sostanza ogni cellula, all’interno dell’organismo di cui fa parte, ha finito per sviluppare una sua personalità decidendo quale dovesse essere il suo compito, in base alla posizione che si trovava ad avere nell’organismo. Quello che ora le forme viventi devono affrontare è però un importante e decisivo passo che avrà l’effetto di una vera e propria rivoluzione nella storia della vita.





E’ arrivato cioè il momento per gli strani e variopinti esseri dei mari del Cambriano di uscire dall’acqua e avventurarsi sulla terraferma. Ma non è una avventura da poco: siamo intorno ai 500 milioni di anni fa, l’atmosfera è ormai pronta per accogliere i nuovi ospiti; ad alta quota si è ormai formato lo strato di ozono necessario per proteggere gli esseri viventi dalle radiazioni ultraviolette del Sole; nei mari si mettono a punto, anche se inconsapevolmente, delle strutture che si riveleranno idonee allo sbarco. Infatti passare dall’acqua alla terraferma significa sbarcare su un altro pianeta: cambia l’ambiente che da acqua diventa aria, cambia, almeno in apparenza, la forza di gravità, che all’aria sembra essere  più  forte. Basta l’esempio della medusa per capire in cosa consiste la differenza tra vivere nell’acqua e vivere nell’aria: la medusa infatti, così leggiadra e mobile nell’acqua, sulla terraferma si affloscia al suolo, irrimediabilmente. Per uscire dall’acqua e muoversi con successo, correre, saltare, volare, occorrono dei sostegni capaci di far fronte ad un grande cambiamento di gravità. Ed infatti nei mari del Cambriano sono da tempo in costruzione macchine capaci di affrontare questo storico evento. Tutto ciò avviene inconsapevolmente; non che gli esseri viventi marini di quel periodo sapessero che di lì a poco sarebbe toccato in sorte a qualcuno di loro il premio di una vacanza sulla terra ferma. Semplicemente le cose continuano ad evolversi così come è sempre stato, cercando sempre nuove soluzioni.
 
 
 
 

24-Il terzo gode
 
 
 
 
 
 
Con la forma metamerica,  consistente in metameri o segmenti che si ripetono in sequenza dal capo alla coda, i tessuti esterni più duri, ma flessibili e leggeri, lasciano intravedere la conformazione metamerica dell’interno. Insomma pensiamo un poco ai gamberi o alle mazzancolle che ci possono servire in un ristorante in un arrosto di pesce. Altra soluzione che si rivelerà utile, sempre ai fini del futuro sbarco, sarà il dotarsi di piccole zampette che saranno la naturale evoluzione di appendici dapprima utili per  nuotare muovendole in maniera sincrona, e poi per camminare sul fondo del mare. Si tratterà, all’inizio, di zampette corte e tozze, ma davvero utilissime per muoversi sulla terraferma. Riassumiamo pertanto le caratteristiche che gli animaletti marini, in procinto di fare il grande salto non appena se ne presenterà l’occasione. Essi dovranno avere, e questo permetterà loro di superare il primo ed importante esame, una corda rigida che vada dalla testa alla coda e che funga da impalcatura di sostegno, per evitare che il corpo molle si afflosci sotto il peso della forza di gravità; un rivestimento più duro ma flessibile e leggero che protegga l’interno più morbido e delicato, ma che non appesantisca l’insieme; una composizione metamerica che  permetta all’animaletto di procedere agevolmente anche in curva o sulle asperità del terreno ( un treno che,  invece di essere composto da tanti vagoni uniti da snodi, fosse tutto intero, non potrebbe affrontare delle curve); una dotazione di zampette che non costringa questi animaletti a dover strisciare sulla terra ferma (cosa che i serpenti fanno egregiamente, ma che proprio per questo sono rimasti serpenti). Naturalmente queste caratteristiche facevano parte di trasformazioni che avvenivano nell’ambito di un processo evolutivo che rispondesse alla necessità di creare sempre nuovi esseri in grado di adattarsi all’ambiente.







E’ chiaro che, nel momento in cui cambierà l’ambiente, anche il processo evolutivo prenderà strade diverse. Ma saranno quegli esseri che sommeranno in sè tutte le caratteristiche elencate ad avere successo durante le loro escursioni via via sempre più lunghe nel nuovo ed inesplorato mondo. Due sono le strade che imboccherà l’evoluzione, adattabili in eguale misura al nuovo ambiente: quella dei vertebrati, cioè con l’abbozzo di colonna vertebrale,  e quella degli invertebrati, senza colonna ma dotati di tutte le altre caratteristiche e di cui fanno parte vermi, millepiedi scorpioni e in genere tutti i facenti parte del gruppo degli artropodi. Ma saranno i vertebrati o gli invertebrati ad arrivare primi in questa inconsapevole ma inesorabile corsa verso la terraferma? La risposta a questo quesito esistenziale è data dal vecchio adagio che dice “Tra i due litiganti il terzo gode”. Quando infatti 400 milioni di anni fa, ancora in pieno Cambriano, i primi timidi esseri viventi si affacciarono fuori dall’acqua in grado di vivere nel nuovo ambiente, già la terra ferma aveva cominciato ad essere colonizzata dalle piante.
 
 
 
 
 

25-Clorofilla
 
 
 
 
 
 
 
Le piante non son altro che i lontani discendenti di quei microrganismi che avevano imboccato la linea evolutiva dei vegetali. Infatti quelle cellule che avevano adottato per vivere il sistema della fotosintesi clorofilliana si sono evolute  sfruttando la luce solare che penetrava nell’acqua dei mari fino ad una certa profondità. Questa luce penetrava nelle cellule e andava a colpire il pigmento della clorofilla, dando luogo ad una reazione in grado di sviluppare l’energia necessaria alle cellule stesse per i suoi processi metabolici. I rifiuti generati da questi processi metabolici consistevano  in molecole di ossigeno. Nel corso dei millenni l’evoluzione di questo tipo di cellule in organismi pluricellulari (per lo più alghe marine che riempirono letteralmente gli oceani), saturarono gli oceani stessi di ossigeno e lo stesso fecero con l’atmosfera, fino a creare le condizioni adatte ad accogliere l’arrivo degli esseri viventi. Ma sarebbe stato ingiusto se, dopo tutto quel lavoro, i vegetali avessero permesso agli animali di scavalcarli nella corsa alla conquista del nuovo mondo. Le cellule primordiali dell’altro tipo, quelle che ebbero un processo evolutivo diverso e vissero alle spalle delle prime, sfruttando, cioè i loro scarti metabolici, diedero origine  ad esseri di cui abbiamo sommariamente descritto alcuni esemplari. Tutti esseri che hanno imparato a sfruttare l’ossigeno prodotto in grande quantità  dalle alghe  e i cui futuri discendenti continueranno a fare altrettanto. Era giusto pertanto che essi cedessero il passo ai vegetali  nel compiere il grande balzo dall’acqua alla terraferma. Anche perchè, è vero che l’atmosfera era satura di ossigeno, è vero che già 500 milioni di anni fa la fascia di ozono si era consolidata e bloccava già in maniera efficace le radiazioni ultraviolette, è vero che nulla più avrebbe ostacolato lo sbarco di esseri viventi e la loro sopravvivenza, ma è anche vero che era necessario che il processo di produzione dell’ossigeno continuasse per permettere alla vita futura di proseguire per la sua strada. Un ambiente con solo animali alla lunga si sarebbe impoverito di ossigeno; la necessità di un equilibrio tra consumatori e produttori di tale prezioso elemento, ha fatto si che i vegetali fossero i primi ad invadere le terre emerse.






 Le alghe, lontane discendenti di quei microrganismi che avevano imboccato la linea evolutiva dei vegetali, hanno avuto una evoluzione parallela a quella degli animali. Vere e proprie costruzioni pluricellulari esse sono di varietà diversissime  e consistono in  foglie sottili simili a nastri che hanno la funzione di veri e propri pannelli solari. A causa della conformazione stessa di queste pseudo foglie, le alghe sono strutturate in modo da poter vivere solo in ambiente acquatico. Con quei nastri ondeggianti nell’acqua, mai avrebbero potuto adattarsi nella atmosfera. E’ probabile quindi che il  passaggio sulla terraferma di questa linea evolutiva sia avvenuto molti millenni prima, quando esse, le alghe, erano ancora dei microscopici esseri unicellulari.



Arrivederci alla sesta puntata nel mese di ottobre