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mercoledì 28 ottobre 2015

 ... nel corso dell'evoluzione,
 certe nuove funzioni non appaiono
improvvisamente, per un colpo
 di bacchetta magica,
 ma sono il frutto di una graduale
 trasformazione
che ha avuto il tempo di
costruirsi, senza un preciso obiettivo,
 ma che, a un certo punto,
può rispondere a una
nuova richiesta ambientale.
 Piero Angela

 

La terraferma si popola...... e si scompone

 

 

 
 
 
 
 
Dove si parla degli adattamenti al nuovo ambiente, dei nuovi esseri e della nascita dell'uovo, nonchè delle trasformazioni della crosta terrestre, e conseguentemente del clima
 
 
 
29-Insetti
 
  
Gli oceani sono diventati ormai molto popolati, la concorrenza è diventata agguerrita, i predatori non danno un attimo di tregua. Fuori di essi la vita sarà una incognita, ma c’è tanta pace, posto e cibo in abbondanza, e, soprattutto poca o nessuna concorrenza. Per quelle forme che, vivendo per molto tempo ai limiti tra acqua e atmosfera, hanno cominciato a pre adattarsi alla nuova situazione, creandosi gli strumenti idonei ad affrontare le nuove difficoltà, vale la pena tentare l’avventura. Coloro che sceglieranno di continuare la propria esistenza cullati dal movimento dell’acqua avranno una loro evoluzione che porterà nel futuro alla nascita di nuovi e più complessi organismi marini: nuovi e più enormi predatori nasceranno e la vita in acqua sarà sempre più difficile. Ma sulla terraferma le cose non andranno diversamente. Sarà diverso il palcoscenico ma la commedia della vita continuerà a dipanare la sua trama secondo un copione che gli attori sembrano aver mandato a memoria prima ancora di nascere. E intanto a popolarsi, fuori dall’acqua, non sarà solo la terraferma, ma anche l’aria.
 
 
 
 
 
 
 
Un tempo sulla terra vivevano libellule grandi come gabbiani. Illustrazione di Ned M. Seidler, National Geographic
 
Nel Carbonifero, infatti, gli insetti, hanno occupato molte nicchie e si sono dimostrati pieni di inventiva nello sfruttare gli spazi a disposizione. Fino a che riescono a compiere il prodigio: vincere la forza di gravità e a sollevarsi da terra, riuscendo a spostarsi nell’aria, cioè volando. La conquista dell’aria è un evento importante nella storia della evoluzione ed in futuro un gran numero di specie svilupperà in modo indipendente la capacità di volare, ma su come sia stato possibile inventare il volo se ne sa ancora molto poco. In questo periodo un gran numero di insetti adopera strutture esistenti da quando gli antenati vivevano ancora in acqua e cadute in disuso (branchie) per tentare l’avventura del volo, dapprima con balzi, poi con veri e propri trasferimenti in aria da un posto a un altro. Questo, evidentemente, per sfuggire ai grossi predatori, loro piccole creature, ma succulenti bocconcini per ragni e scorpioni. Esserini volanti di tutte le forme di tutte le fogge hanno preso a popolare, pertanto, i cieli sopra le foreste che enormi si estendevano in questo periodo, e gli unici rumori che turbavano gli sterminati silenzi di 310 milioni di anni fa erano il fruscio del fogliame mosso dal vento e il ronzio degli insetti volanti, prima tra tutti la libellula, con un’apertura alare di ben 70 centimetri, ma capace di volteggiare in aria con rara maestria.
 
 
30-Novità
 
 
Siamo ormai alla fine del Devoniano, è passato un solo milione di anni dal momento in cui il primo essere avanzò goffamente con le zampe sulla terraferma, Per tutti questi anni è rimasto signore incontrastato di questi luoghi fatti di pozze d’acqua con bassi fondali, pieni di cibo e lontano dai grandi predatori che qui non potevano giungere. Si serviva delle zampe per trasferirsi da una pozza all’altra, certamente non lo potevano impensierire ragni e insetti che ormai  si trovavano dappertutto, e si facevano la guerra tra loro. L’ambiente esterno è molto cambiato da quando i primi muschi lottavano per conquistare la terraferma; ora ci sono equiseti, felci di dimensioni impressionanti e grandi alberi, alcuni con la corteccia a squame. Questa fitta vegetazione fa da corona a vaste aree paludose, lagune e specchi d’acqua; l’aria è calda, umida e pesante, quasi afosa; le acque sono tiepide, con poco ossigeno e poco adatte alla vita dei pesci, che, infatti, sono ritornati in mare aperto. I nuovi esseri ora posseggono piccole ma importanti variazioni che permettono loro di adattarsi meglio all’ambiente. Le zampe sono sempre adatte al nuoto, ma all’interno presentano una struttura fatta di ossa e articolazioni; la colonna vertebrale è più robusta e massiccia, in grado di sorreggere il corpo sulla terraferma; i denti hanno una struttura che li avvicina a quelli degli anfibi, pur continuando ad essere soprattutto pescivori
 
 
 
 
Ichtyostega uno dei primi esseri viventi passato dall'acqua alla terraferma
 
 
. Gli occhi si stanno adattando a contatto con l’aria; si stanno infatti creando delle protezioni tramite le ghiandole lacrimali che inumidiscono, e le palpebre che puliscono. L’udito è diventato più adatto all’aria e si è fornito di un sistema per  amplificare i suoni. Per la prima volta appare ben definita la lingua, che diventerà l’organo del gusto per eccellenza. La pelle non è più a scaglie, ma ha un’epidermide flessibile e adatta a trattenere l’umidità, grazie a uno strato di muco. I polmoni funzionano sempre meglio ma la pelle resterà per tutti gli anfibi importantissima per la respirazione. la testa è coperta di robuste placche e tutto l’insieme ci fa già intravedere la struttura degli animali che potremo incontrare in questi luoghi fra qualche milione di anni. Intanto sulla terraferma le cose  hanno proseguito il loro corso: vermi, millepiedi, ragni, scorpioni e insetti di vario genere hanno invaso la terra e soprattutto le zone piene di vegetazione. Anche qui la guerra per la sopravvivenza è continuata spietata tra predatori e prede; millepiedi giganti si sono formati per meglio difendersi dagli attacchi degli scorpioni e, comunque, tutto questo mondo fatto di piccoli animali, ha avuto a disposizione un tempo lunghissimo per evolversi, senza la ingombrante presenza dei vertebrati.
 
 
 
 
31-Anfibi

 
La terraferma continua a popolarsi di esseri dalle fogge più strane. Tutti esseri che stanno modificando il loro sistema respiratorio passando dalle branchie ai polmoni; stanno costruendosi una impalcatura ossea sempre più resistente; si stanno munendo di uno strato esterno resistente al calore del sole; si stanno munendo di mascelle robuste perché fra non molto, qui fuori, ci sarà da mangiare abbastanza; si stanno munendo di zampe sempre più efficienti. Gli animaletti che colonizzeranno per primi la terraferma però, sempre restando nei limiti dei corsi d’acqua, furono i progenitori degli anfibi. Mancano 280 milioni di anni ai giorni nostri e queste foreste cominciano a popolarsi di strani animali che qui, sotto gli alberi, trovano cibo a volontà. Sono gli anfibi che hanno il loro habitat naturale in zone paludose e acquitrinose. Non si tratta solo di quelle forme che siamo abituati a vedere oggi (rane, rospi, salamandre, tritoni) sono soprattutto esseri di dimensioni ragguardevoli. Essi trovano negli insetti e negli altri animaletti che già da tempo abitano questi luoghi, dei bocconcini troppo piccoli, per cui si nutrono degli anfibi più piccoli, i quali a loro volta si nutrono di insetti e altri piccoli invertebrati. Ci sono anche grandi anfibi che adottano soluzioni diverse per vivere. C’è quello con grandi creste ossee, quello senza zampe che striscia come un serpente, quello simile a un pesce, quello con grandi placche difensive sul dorso, quello con il capo di forma triangolare, quello di due metri, un bestione dal corpo tozzo simile a un coccodrillo, le fauci piene di denti aguzzi.

 
 

 
Gli anfibi

 
 La loro mole è notevole e c’è tra loro chi si nutre anche di piccoli squali. La tecnica è quella che  adotteranno i coccodrilli in futuro. Se ne sta immobile sul fondale fangoso, sott’acqua; appena passa la preda ignara, si lancia fulmineo verso di essa con la bocca spalancata, sollevando enormi colonne di fango e rendendo torbida l’acqua tutt’intorno. I fondali bassi e paludosi sono diventati ormai il regno di questi anfibi la cui forma, mole e tecnica di caccia lascia presagire quali saranno i futuri abitanti del pianeta. Essi non si limiteranno a popolare le zone paludose, ma diventeranno per oltre 200 milioni di anni i dominatori delle terre, delle acque e dei cieli: i rettili. In effetti gli anfibi avevano  una struttura che li poteva far confondere con dei rettili, ma essi avevano ancora bisogno, per la respirazione, di aiutare i polmoni tramite la respirazione supplementare attraverso la pelle. Ma, quello che è più importante: la loro riproduzione avviene in acqua. Infatti essi al momento della riproduzione si comportano come dei pesci: tornano in acqua e depongono le uova dalle quali nasce una prole dotata di branchie che vivrà, fino ad un certo punto, nell’acqua. Una volta sparite  le branchie ed entrato in funzione l’apparato polmonare, il giovane anfibio si avventura sulla terraferma. In sostanza un grosso limite alla loro libertà di movimento. Essi infatti non si possono allontanare dalle zone d’acqua dalle quali dipendono sia per la riproduzione, che per la respirazione.
 
 
32-Uovo

 
Gli anfibi hanno ancora bisogno dell’acqua, per la respirazione. Nel tentativo di divenire totalmente indipendenti dall’acqua, ben presto adotteranno la soluzione più importante ovvero la deposizione delle uova. E’ possibile, infatti, che qualche antico anfibio abbia cominciato a depositare le uova in posti meno accessibili ai predatori, e la terraferma di allora, in questo senso, era più sicura. Man mano che quest’uovo si spostava verso la terraferma, cambiavano le sue caratteristiche. Il fine ultimo era quello di creare un uovo in cui fossero riprodotte le  condizioni dell’habitat acquoso dove, fino ad allora, avevano vissuto gli animali durante la prima fase della loro vita. In questo modo essi avrebbero continuato a svilupparsi in una cabina dotata di tutti i comfort all’interno, anche se depositato in ambiente ostile. Questa ennesima invenzione prende il nome di uovo amniotico. In questa maniera l’embrione non deve andare incontro a particolari trasformazioni; esso continuerà a svilupparsi in un ambiente liquido come prima. E in questo ambiente continueranno a svolgersi tutte le fasi del tradizionale sviluppo acquatico dal girino all’anfibio maturo.

 

 

 


 

 

L'uovo amniotico

 

 Con la formazione dell’uovo, quindi l’embrione si sviluppa all’interno di questo guscio ed esce solo quando ha completato il suo sviluppo. Le prime uova risalgono a 300 milioni di anni fa, e, certo, i primi tempi furono molto duri; non fu facile far affermare una trasformazione così rivoluzionaria, ma alla lunga la selezione naturale alla base della evoluzione dette ragione ad una soluzione che permetteva agli animali di vivere in qualsiasi ambiente senza dover dipendere dall’acqua. Il primo animale che avrà le strutture di sostegno come i grandi anfibi, come loro respirerà con i polmoni e  deporrà le proprie uova sulla terra, invece che nell’acqua, è un lucertolone di venti centimetri rettile a tutti gli effetti. Compare sul pianeta 300 milioni di anni fa e la sua discendenza vivrà parallelamente alla popolazione anfibia che, poi, verrà  decimata consentendo solo la sopravvivenza dei piccoli anfibi. Il passaggio graduale tra queste due forme (anfibio-rettile) avvenne pertanto nel tentativo di divenire totalmente indipendenti dall’acqua, anche per la riproduzione, ovvero la deposizione delle uova. Una volta uscita e diventata indipendente dall’acqua, la vita troverà un nuovo importantissimo fattore di condizionamento nei cambiamenti climatici. Le variazioni di teemperatura e di umidità, i cicli stagionali, l’influenza dei ghiacciai, della piovosità, dei venti, della siccità, la diversità climatica tra le coste e l’interno, tra le pianure e gli altipiani, costutiscono una novità, rispetto alla vita in acqua con la quale i nuovi esseri che nasceranno dovranno fare i conti. Una realtà che influenzerà non poco l’evoluzione futura determinando trasformazioni, traumi, diversificazioni, nuovi sviluppi, estinzioni.

 

33-Rettili

 

Il salto di qualità avvenne  270 milioni di anni fa quando sulla terra comparvero i primi rettili, animali dal corpo massiccio e tondeggiante lunghi fino a tre metri. Non siamo più nelle foreste equatoriali dal caldo umido e soffocante. Siamo in luoghi per lo più distanti dalla fascia equatoriale dove non fa più tanto caldo, lungo torrentelli e fiumiciattoli contornati da una vegetazione fittissima. Sui sassi all’aperto, però, il sole picchia. Quello che era il regno di insetti, ragni e millepiedi si preparava ad accogliere i nuovi abitanti della crosta terrestre. Essi erano per lo più erbivori e di cibo ne avevano in abbondanza. Animali a sangue freddo che avevano bisogno del sole per aumentare la loro temperatura interna,  nel senso che il loro metabolismo, e quindi anche la loro efficienza, dipendeva dal calore esterno che essi riuscivano ad incamerare; per questo se ne stavano, come oggi fanno ancora le lucertole, per lungo tempo immobili sotto il sole a picco. Essi avevano anche adottato delle soluzioni capaci di aumentare la loro capacità di incamerare calore. La pelle ormai secca e resistente, non serviva più come aiuto per la respirazione. Come negli anfibi, la respirazione è totalmente polmonare; e allora vediamo che alcuni di questi primi rettili hanno allargato molto il corpo, una enorme schiena utile per raccogliere quanto più calore possibile dal sole per aiutare il metabolismo interno. Altri rettili invece hanno sviluppato una curiosa vela sul dorso, una sorta di immenso ventaglio di pelle tesa da una serie di bacchette ossee. Una fitta rete di vasi sanguigni sotto la pelle assorbiva il calore che poi trasmetteva a tutto il corpo. Un vero e proprio pannello solare che costituirà una innovazione vincente e sarà adottata da diversi animali di quel tempo, in quanto era in grado di migliorare notevolmente le loro prestazioni fisiche. Ma oltre a ciò la cosa più importante è che questi rettili presero ad aumentare la superficie corporea a contatto col sole, di conseguenza assumevano una mole sempre più enorme. Rettili dallo stomaco enorme che divoravano quantità indescrivibili di foglie e piante. E diventano sempre più grossi e dall’aspetto sempre più terrificante, corpi massicci e corazzati da piastre e borchie, teste piene di protuberanze corna e creste. Sono sistemi di difesa utili per combattere tra loro per il possesso del territorio e per difendersi dai rettili carnivori che scorazzano da queste parti. Si stanno aprendo gli scenari in cui i dinosauri la faranno da padroni. Rettili sempre più grandi, sia erbivori che carnivori che divennero in breve padroni della crosta terrestre allora denominata  Pangea, una unica crosta solcata da fiumi, con laghi, mari e lagune interne, e ricoperta da fittissima vegetazione. Il dominio di questi lucertoloni che arrivarono a dimensioni inimmaginabili (addirittura alcuni erbivori avevano la stazza di un camion col rimorchio), durò  fino a sessantatre milioni di anni fa, con gli erbivori a divorare grosse quantità di fogliame, e i carnivori a sbranare  gli erbivori in una caccia cruenta ed ispirata dalla sola forza.

 
 
 
 
34-Permiano
 
 
Man mano che si procede nella era geologica detta Permiano, avvengono grossi ed importanti stravolgimenti della crosta terrestre che avranno il loro culmine circa a metà del Permiano (260 milioni di anni fa) e che porteranno a profonde modificazioni del clima. le terre emerse che, fino ad allora erano grosso modo divise in due grosse parti, vanno gradualmente unendosi per dare luogo alla Pangea, un unico grande continente che sarà lo scenario dei futuri eventi. Ma, quello che è più importante è che le terre situate  nell’emisfero sud, stanno risalendo pian piano verso i tropici con la conseguenza di un notevole riscaldamento e scioglimento dei ghiacciai. La fascia equatoriale non è più quel paradiso caldo e umido, ma diviene teatro di una instabilità crescente: a periodi umidi si alterneranno periodi secchi, ma sempre con una temperatura elevata. Se dentro gli oceani non ci sono grossi problemi, così non è fuori dell’acqua, per quegli esseri che hanno già popolato le terre emerse: i rettili rimasti nelle zone equatoriali, ma soprattutto gli anfibi che, bisognosi in continuazione di acqua, si trovano spiazzati nel dover affrontare i periodi di siccità.
 
 
 
 
 
 
 
La Terra nel Devoniano
 
Sono passati 20 milioni di anni da quando, all’inizio del Permiano la fascia equatoriale era piena di anfibi perfettamente adattati e rettili.. Ci sono dappertutto paludi, laghi, stagni, lagune, grandi e piccoli corsi d’acqua costellati di fitta e rigogliosa vegetazione. Ora tutto è cambiato completamente, siamo in piena stagione arida e la siccità ha devastato l’ambiente. L’acqua si è prosciugata quasi ovunque e per gli anfibi questo è stato un dramma; i fondali sono secchi e la terra è piena di crepe. Qua e là carcasse di animali in putrefazione giacciono sui fondali e nugoli di insetti appestano l’aria. Il sole a picco è implacabile e continua a far evaporare la poca acqua rimasta; non una nuvola in cielo per gettare un poco d’ombra, non una goccia d’acqua per portare un poco di refrigerio. Di fronte a crisi di così vaste proporzioni e cambiamenti ambientali così profondi, le risposte in natura solitamente sono di tre tipi: l’adattamento, la migrazione, l’estinzione. Gli anfibi, infatti, in questa seconda metà del Permiano, reagirono alla nuova situazione in maniera  diversa: alcuni si estinsero, altri sopravvissero dopo severe decimazioni, altri si adattarono, altri ancora migrarono. Per i rettili invece le cose non furono così drammatiche, certo molti morirono, ma la totale indipendenza dall’acqua permise loro di sviluppare nuovi adattamenti anche in climi più aridi. Ci furono poi, per loro, nuove possibilità di migrazioni in territori vergini favorite dagli spostamenti verso nord della crosta terrestre. Le nuove zone createsi in seguito a questi stravolgimenti della crosta furono in breve colonizzate dai rettili che proseguirono nella loro opera di conquista del pianeta; ben presto si adattarono ai nuovi climi subendo le trasformazioni che l’evoluzione ritenne necessarie, per dare origine a diversi rami che avranno diverso destino.