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domenica 23 luglio 2017

118-Perchè



Molte leggi enunciate da scienziati del passato sono rimaste dei punti fermi, altre sono state superate da nuove che tengono conto di una migliore conoscenza della materia e della sua evoluzione. Questo grazie ai continui successi della moderna cultura scientifica, il cui scopo resta quello di dischiudere sempre più i segreti della natura, fino ad arrivare a comprendere il senso stesso della vita e quindi di noi esseri umani. Il fatto che queste leggi governino l’universo in tutte le sue manifestazioni, se da un lato ha permesso di comprendere appieno i meccanismi che da sempre regolano l’evoluzione della materia, dall’altro ha creato delle dispute sul fatto che tali leggi hanno determinato il puntuale verificarsi dei singoli stati evolutivi; nulla pertanto vieta che, conoscendo tali leggi, si possano, per così dire, prevedere gli stati futuri dell’universo. Ci si preoccupa in pratica del fatto che una legislazione cosmica valida in ogni tempo e in ogni luogo, abbia potuto e possa condizionare strettamente il verificarsi degli eventi, senza lasciare loro la libertà di verificarsi o meno. Ancor più ci si preoccupa  della validità o meno, in un mondo siffatto, del famoso libero arbitrio degli organismi biologici dotati di coscienza. Sembrerebbe, insomma che un mondo rigidamente determinato da leggi e schemi precisi, sarebbe un mondo altamente prevedibile e, in fondo, niente affatto libero di evolversi. Questo è un discorso che ci interessa soprattutto se riferito alla nostra esistenza di uomini preoccupati di mantenerci il più possibile liberi di agire senza condizionamenti e schiavitù. Quello che a noi preme e di avere almeno l’illusione di essere liberi e non scoprire che “era già tutto scritto”. Salterebbe così anche il discorso relativo all’intimo motivo della nostra esistenza. Perchè siamo venuti al mondo? perchè viviamo? forse per far piacere a un Dio che aveva già tutto previsto? Ma abbiamo appena iniziato a riflettere. Se l’uomo, essere autocosciente, si è sempre posto problemi esistenziali, è negli ultimi secoli e ancor più negli ultimi decenni che qualche risposta concreta comincia a sgorgare dal fiume di domande. E infatti come detto nella lezione scorsa la teoria che identifica l’atto creativo con l’intero processo evolutivo dell’universo, fa giustizia anche di questo problema appena accennato del libero arbitrio. Ora però è necessario capire come, grazie a queste leggi, un mucchio di cellule abbia imparato, nel corso dei secoli, a costruire degli edifici enormi come le piante, gli animali, l’uomo. Si tratta di vedere come a livello microscopico si possa determinare il futuro assetto macroscopico dell’essere vivente. 




EMBRIONE


C’è un momento di ogni essere vivente definito fase embrionale. E’ questa una fase che tutti gli organismi viventi attraversano prima di nascere; in questa fase tutti gli organi cominciano ad abbozzarsi, a partire dalle cellule primordiali in veloce auto replicazione, fino a prendere forma e a rendere l’embrione un organismo adatto a cominciare la sua avventura su questa terra. Lo sviluppo di un essere durante la fase embrionale, è il punto cruciale di passaggio tra i geni disposti nei cromosomi e la sua espressione finale: l’individuo.


119-Straordinario




Si tratta di capire quali regole abbiano ispirato e regolato il lento e inesorabile incedere di questo originalissimo fenomeno. Molti dicono che l’evoluzione non ha un fine, un obiettivo, una direzione. Procede a caso, sfruttando ogni ambiente disponibile. Per costoro sarebbe proprio questo il motivo per cui ha prevalso sempre il più adatto e che tra i più adatti, siano sopravvissuti quelli che hanno fornito le prestazioni migliori. Alcuni dicono che il caso abbia guidato tutti gli eventi che hanno portato alla formazione della vita e alla sua evoluzione. Per loro i primi elementi presenti più di quattro miliardi di anni fa in quel brodo primordiale, avrebbero preso a reagire tra loro nei modi più disparati, dando origine a dei composti che non avevano alcun senso logico; questi composti erano così instabili che in breve si dissolvevano. Quelle molecole primordiali, per tempi immemorabili, non furono capaci di dare origine ad alcunchè, e le reazioni che avvennero in continuazione non riuscirono a generare nulla di stabile e di utile. Finchè un bel giorno avvenne, per caso, qualcosa di straordinario: le combinazioni tra gli elementi in gioco diedero origine a qualcosa che aveva, finalmente, un senso. Era qualcosa che funzionava, gli elementi erano ben uniti tra loro e il composto era stabile. Per successive trasformazioni questo composto portò, sempre per caso, alla formazione di strutture sempre più complesse. 



Il mare primordiale


Le cellule, gli organismi pluricellulari, le prime spugne marine, i molluschi, i pesci, rettili, uccelli, mammiferi, uomo, tutto nel corso di una manciata di miliardi di anni, che pure sono un tempo enorme, sarebbero nati per un capriccio del caso. Secondo costoro le cellule di tutta la materia vivente si sarebbero assemblate tra loro, in maniera del tutto casuale, riuscendo ogni volta ad indovinare la posizione giusta, il legame adatto. Ogni passaggio giusto, però, sarebbe stato preceduto da una serie di infiniti tentativi andati a vuoto. Solo ogni tanto le molecole di quel brodo primordiale, a forza di urtarsi e di combinarsi tra loro nei modi più diversi e del tutto casuali, riuscivano a trovare la combinazione giusta che permetteva di aggiungere un nuovo e importante elemento nell’opera di costruzione del vivente. Si tratta ora di vedere se un tale discorso sia plausibile e giustificabile. Possono, cioè, eventi del tutto casuali risultare utili in un processo di evoluzione della materia vivente e determinare i suoi significativi passaggi verso forme di vita sempre più complesse? Prendiamo una molecola, una di quelle che nel brodo primordiale veniva sballottata dalle onde del grande oceano, insieme ad una miriade di altre molecole cercando di combinarsi con esse per formare qualche composto stabile. Non che la molecola “sapesse” di avere il compito, per così dire, di combinarsi con i suoi simili. Gli urti tra le molecole avvenivano semplicemente perchè era tale l’affollamento molecolare che  sarebbe stato impossibile evitarli.



120 -Scala


La storia ormai la conoscono anche i bambini: uno spermatozoo, cellula sessuale maschile, penetra all’interno di un uovo, cellula sessuale femminile. Ognuno porta con sè la metà del corredo cromosomico (23  invece di 46) che daranno origine a un individuo completo. L’unione tra le due cellule  innesca la suddivisione cellulare, con un raddoppio del numero di cellule ad ogni suddivisione. Pensate che dopo dieci divisioni quella cellula originaria è stata sostituita già da ben  1664 cellule identiche ad essa per corredo cromosomico. Dopo un certo numero di divisioni (nell’uomo ne bastano 56) l’individuo è completo, formato ormai da miliardi di miliardi di cellule, tutte ben collegate tra loro in un sistema unico e ben organizzato. Ma vediamo più da vicino come ciò sia stato possibile. Se torniamo al punto di partenza e cioè all’uovo fecondato dallo spermatozoo e vi entriamo dentro, troviamo subito di fronte a noi il nucleo. Ne superiamo la parete e vi entriamo; scorgiamo subito una matassa ingarbugliata. E’ qui che si trova il DNA, la lunga struttura molecolare a doppia elica, che è la matrice per stampare tutti i materiali cellulari. Il filamento che compone questa matassa comincia a sciogliersi e a mostrarci la sua intima struttura. Si tratta, lo abbiamo già visto, di una lunga scala a pioli, i cui pioli cominciano a spaccarsi a metà, mentre i due filamenti si allontanano come una cerniera lampo che si apre. Minuscole strutture simili a quelle che già compongono i due filamenti di DNA, si affollano quindi nei pressi di ciascun filamento e si preparano per unirsi, tramite appositi legami, ai pioli mozzati delle scale originarie. Sappiamo che queste minuscole strutture, dette basi, sono di quattro tipi diversi. esse si accoppiano a due a due. 





DNA in replicazione


Cioè una delle quattro basi si accoppia solo con un’altra delle rimanenti tre. Per cui i pioli mozzati di una delle due metà di DNA potrà formare solo un Dna identico a quello di partenza. Le due scale così formate si disporranno a formare dei bastoncini di varia misura, detti cromosomi, i quali si divideranno in due. I bastoncini costituenti le coppie di cromosomi  andranno a disporsi alle due estremità della cellula scivolando lungo strutture appositamente predisposte per accoglierli. Quindi intorno al groviglio di cromosomi si riorganizza il nucleo racchiuso dalla sua membrana, e, da ultimo, il corpo cellulare si strozza al centro, fino a dividersi in due cellule uguali, ognuna con il proprio nucleo. Se da una cellula se ne formeranno due, da due se ne formeranno quattro, da quattro, sedici, e così via fino alla cinquantaseiesima suddivisione. quando ormai quella cellula minuscola e invisibile, sarà diventato quell’ammasso cellulare già ben organizzato che oggi possiamo ammirare nelle ecografie dell’utero durante i primissimi giorni della gravidanza. Quell’insieme di cellule non è un ammasso informe, ma una struttura, ormai diventata macroscopica, che comincia a prendere una sua forma specifica. Terminata, infatti la fase delle semplici duplicazioni cellulari, si vanno formando da gruppi di cellule gli abbozzi dei vari organi e tessuti, che sarà diversificato a seconda del punto in cui si trovano e a seconda delle informazioni ricevute dal DNA.



121-DNA



Questo nuovo elemento può, a buon diritto, essere chiamato il motore della evoluzione; un meccanismo, cioè, in grado di far procedere nel senso di una complessità, o per lo meno diversità, sempre maggiore, in modo da creare sempre qualcosa di nuovo e di insolito. Questo qualcosa di nuovo avrebbe dovuto, poi, fare i conti con l’ambiente, il quale si sarebbe incaricato di decidere di promuovere o di bocciare le varie novità scaturite dal processo evolutivo. Cerchiamo di capire, allora, in cosa consiste questo nuovo elemento, grazie al quale le cellule e gli organismi si sono trasformati nel corso di millenni. Come abbiamo visto, ogni cellula contiene all’interno del proprio nucleo il laboratorio in cui si lavora alacremente per farla riprodurre e dare così origine a due nuovi individui. Questo succedeva fin dall’inizio a livello degli organismi unicellulari. Le cose non cambiarono quando gli organismi divennero pluricellulari e gruppi di cellule si specializzarono per i vari compiti al servizio dell’organismo intero. E’ chiaro che la capacità riproduttiva e quindi il laboratorio necessario a questa funzione, si localizzò a livello delle cellule specializzate per la riproduzione. Sappiamo già che, all’interno di questo laboratorio, esiste una catena di particolari molecole (quattro per la precisione) che si alternano e si incastrano tra loro in maniera del tutto caratteristica e particolare per ciascun individuo. 








La doppia elica del DNA


Questa catena, che si presenta sotto forma di filamento, prende il nome di Acido ribonucleico (RNA). Poichè ogni molecola si incastra perfettamente soltanto ed esclusivamente con una delle altre tre, ogni sequenza delle suddette molecole si incastrerà solo con un altro tipo di sequenza. Questi due filamenti tra loro complementari si accoppiano all’interno di una struttura a doppia elica; denominata acido desossiribonucleico DNA, questa struttura si è imposta nel corso della evoluzione grazie alla sua stabilità. Essendo unica per ciascun individuo, è come se all’interno di essa fosse contenuto una specie di progetto per la costruzione del successivo individuo. Progetto che ciascuna metà delle catene di DNA porterà con se, dettando le istruzioni per la formazione del filamento che dovrà andare ad incastrarsi con essa. Infatti, in particolari condizioni, che sono necessarie per mettere in moto il meccanismo di auto riproduzione, i deboli legami chimici che tengono uniti i due filamenti di Dna, si rompono e ciascun filamento utilizza il proprio progetto primitivo per la costruzione del filamento complementare e, quindi di un sistema identico a quello originario. Le catene attorcigliate a doppia elica, vanno in pratica a costituire delle strutture dalla grossolana forma di bastoncelli, denominate geni. Essi, in pratica, sono la sede delle informazioni necessarie per la costruzione del futuro individuo; quattro molecole, dette anche basi, accoppiate a due a due in forma di lunghe catene attorcigliate, costituiscono l’alfabeto della vita. In pratica come lunghe parole scritte con un alfabeto di quattro lettere.




sabato 24 giugno 2017

114- Perdita di massa





La massa, secondo Einstein si trasformava in energia dopo essere stata moltiplicata, non per la velocità della luce pura e semplice, che già di per sè è un valore elevato, ma addirittura per il suo quadrato e cioè un numero enorme. Questo voleva dire che m di massa dopo la moltiplicazione con c due (velocità della luce al quadrato) era il valore, enorme, della energia prodotta. E voleva dire insomma che bastava una minima quantità di massa, anche infinitesimamente piccola come un semplice protone per ottenere un valore di energia veramente enorme, infatti questa minima quantità di massa andava moltiplicata per 1.166.400 bilioni. La spiegazione di questa differenza astronomica tra massa ed energia ci è data da alcuni esempi di trasformazione dell’una nell’altra. Se noi potessimo prendere un pezzo qualsiasi di materia  e metterlo in una fornace in modo da sottoporlo a riscaldamento, avremmo ovviamente come risultato quello di riscaldarlo e ormai sappiamo che quando un corpo si riscalda le sue molecole i suoi atomi cominciano a muoversi con sempre maggiore rapidità, man mano che la temperatura aumenta. Ovviamente noi non possiamo raggiungere temperature troppo elevate, ma per esempio nelle stelle dove le temperature come già abbiamo visto sono di centomila gradi, è ovvio che i movimenti di questi atomi diventano prossimi a quelli della luce, se non uguali. In preda a questi movimenti così veloci, essi cozzeranno spesso tra loro con inaudita violenza fino a rompersi e a combinarsi dando luogo ad atomi di altri elementi. Nel conteggio dei protoni, e cioè della massa degli atomi nuovi appena formati e di quelli degli atomi originari, come già detto, qualche cosa non va, perché una parte piccolissima di massa nella reazione è andata persa. Ma non si è dissolta, semplicemente si è trasformata in energia. E in quantità enorme, come ha dimostrato Einstein. 



questo succede quando una piccola quantità di massa si trasforma in una grande quantità di energia
Dunque nelle stelle si verifica grazie a questi processi di fusione, la perdita di protoni, cioè di massa che viene emessa sotto forma di energia. Ma, fino ad ora, abbiamo ragionato in termini ultramicroscopici e ci sembra irrisoria la perdita di una massa equivalente a due protoni, per ogni atomo che si trasforma, Ma, all’interno delle stelle, la massa perduta non è piccola, anzi è enorme. E’ stato calcolato che, ogni secondo, cinquecento novantasette milioni di tonnellate di idrogeno si fondono formando cinquecento novantatre milioni di tonnellate di elio. Questo vuol dire che la differenza, cioè quattro milioni di tonnellate di massa nucleare si trasformano in energia che viene liberata sotto forma di calore di luce, e di radiazioni. Questo appunto in un solo secondo. E in un solo secondo sarà enorme la energia liberata all’esterno.



115-Il buco e la luce



A causa di tutta questa massa persa ogni secondo all’interno delle stelle, in miliardi e miliardi di anni le stelle hanno perso considerevoli volumi della loro massa interna. E questo solo per la trasformazione di idrogeno in elio. Ma la storia delle fusioni continuerà ancora per molto grazie alla temperatura elevatissima. E così l’elio fonderà per dare origine ad atomi di carbonio, e poi ad atomi di ossigeno, azoto, magnesio, silicio, calcio e a tutti gli altri elementi costituenti la materia. Una volta arrivati al ferro però, la catena si interrompe, perché il ferro per fondere richiede energia e non la sprigiona come è successo fino ad ora. Ad ogni passaggio da un elemento all’altro c’è perdita di massa, con emissione di energia. Per cui è come se all’interno della stella si formasse un buco sempre più ampio. Vedremo questo a cosa porterà. Per ora diciamo due parole su un altro fenomeno che avviene all’interno delle stelle grazie ai movimenti frenetici degli atomi. Infatti, oltre alla formazione dei vari elementi conosciuti in natura, all’interno delle stelle avviene anche qualche altra cosa che è responsabile della emissione della luce e che è dovuta al movimento furioso cui sono sottoposti gli atomi di Idrogeno all’interno della stella. In queste condizioni estreme, infatti, come in un vero e proprio inferno, gli atomi di idrogeno, acquistando energia, perdono il loro unico elettrone che, normalmente, in fase di quiete, gira intorno al nucleo dentro la sua orbita casuale. Rimangono per così dire i nuclei di idrogeno nudi, o forse è meglio dire calvi, cioè senza la chioma o la parrucca (formata in questo caso da un solo elettrone) che li ricopriva. Ma poichè gli elettroni tendono a ritornare al loro posto, cioè sulle proprie orbite, avviene quella lotta continua per cui gli elettroni, assorbendo energia da quel calore, volano via e subito dopo ritornano al loro posto cedendo sotto forma di luce l’energia precedentemente assorbita. Naturalmente questo processo negli atomi degli altri elementi, è ancora più complesso. Infatti, in quelli con due o più strati di elettroni, c’è un frenetico spostamento di ciascun elettrone dallo strato inferiore allo strato superiore e di quelli dello strato superiore verso l’esterno, salvo poi l’immediato ritorno nella posizione originaria con emissione di energia luminosa. La stella quindi emette luce oltre ad energia. 

E' così che si accende la luce

Ma torniamo al buco che con la continua perdita di massa si viene a creare all’interno della stella. Questo buco è il responsabile del collasso della stella. Cioè, fino a che esiste un equilibrio tra le reazioni nucleari sopra descritte che tenderebbero a far esplodere la stella e il peso di quella enorme massa di atomi degli strati esterni su quelli interni, la stella continuerà a brillare, e questo succede per miliardi di anni. Quando questo equilibrio si rompe la stella scoppia lanciando tutto intorno materiale incandescente e pezzi di materia formata dagli atomi degli elementi pesanti fino ad allora creatisi con i processi di fusione.

116-Esplosioni




E’ un po’ come il coperchio di una pentola a pressione che favorisce l’aumento della temperatura all’interno, ma che impedisce con la sua tenuta, che la pentola  esploda. Così, una volta saltato il coperchio, tutto il contenuto di atomi dall’Idrogeno fino a i metalli più pesanti viene proiettato lontano in tutte le direzioni. Ed è proprio grazie a questa enorme liberazione di energia che si formano gli elementi più pesanti del ferro come il piombo, l’oro e l’uranio. Molte di quelle stelle che di notte vediamo brillare come puntini luminosi, altro non sono che supernovae dove sta avvenendo quel processo di fusione nucleare testè descritto. Una volta la supernova era fatta di solo idrogeno poi con l’ulteriore aumento della temperatura si cominciarono a formare gli altri elementi con delle reazioni che prevedevano la perdita di grandi quantità di massa. Essa veniva eliminata sottoforma di energia e col tempo la massa eliminata comportava la formazione di un buco all’interno della stella, da cui la esplosione finale e la proiezione dei detriti tutto intorno. Quattro miliardi e mezzo di anni fa alla periferia di una delle infinite galassie dell’universo successe una cosa del genere e si formò il sistema solare. 



Ma queste esplosioni sono più frequenti di quanto si pensi. Pare che ogni secolo ne esploda una e qualcuno, su questa terra, ha anche osservato queste esplosioni, che non sono state frequenti, ma nemmeno tanto rare. Dalle notizie che ci sono pervenute sembra che bagliori dovuti all’esplosione di Supernove ci siano stati negli anni 1006, 1054, 1181, 1572, 1604, 1987. Queste naturalmente sono quelle che dal nostro punto di osservazione, la Terra, si sono potute vedere, ma in effetti l’universo è così grande che di supernove che esplodono ce ne sarebbero un numero enorme. Quello che infatti noi vediamo dalla terra, durante una notte stellata in aperta campagna senza fonti luminose è una porzione molto limitata dell’Universo.  Sembra infatti che in condizioni di buona visibilità, una persona con la vista buona non riesca a vedere più di  qualche migliaio di stelle per volta. Solo alcuni potenti telescopi riescono ad andare lontano ed a vedere nelle profondità dello spazio. E andare lontano nello spazio significa andare lontano anche nel tempo. Se io oggi osservo con un telescopio una stella lontana ad esempio cento milioni di anni, la osservo come era cento milioni di anni fa e non come è oggi. E’ovvio che la distanza più lunga di osservazione è quella di  quindici venti miliardi di anni. Oltre questa distanza non possiamo andare, infatti questa osservazione ci permetterebbe di vedere addirittura il Big Bang e cioè i primi momenti della formazione dell’universo. Sarebbe come tornare indietro nel tempo, fino a quella singolarità puntiforme che era l’universo di là da venire. Se proprio non è possibile andare oltre, almeno per noi, il desiderio è appunto quello di andare a scrutare dentro questo minuscolo germe iniziale, il seme che contiene le informazioni per la costruzione dell’universo futuro.
117-Novità



Oggi l’uomo, l’essere più intelligente della terra, è riuscito a dare un senso, un significato alla sua esistenza, a scoprire cioè come si sia giunti, in seguito al big bang alla nascita della vita su questa piccola sfera di roccia che gira da miliardi di anni intorno al sole alla periferia di una delle tante galassie dell’universo. Ma ha fatto ben altro. Da un paio di secoli ha cominciato a penetrare anche i segreti dal evoluzione della vita che qui sulla terra ha portato alla nascita stessa dell’uomo. Oggi infatti, con una teoria che spiega il meccanismo evolutivo tramite la selezione naturale, l’uomo è riuscito a dare un significato ed una spiegazione logica ai cambiamenti avvenuti nel corso dei millenni e al susseguirsi sulla Terra delle forme di vita sempre più complesse. Siamo di fronte, è vero, ad una teoria, e forse mai sarà possibile verificarne con metodo scientifico la veridicità, nè sarà possibile riprodurla in laboratorio, data la lunghezza dei tempi necessari per il verificarsi degli eventi, ma è l’unica in grado di dare, fino ad adesso, delle risposte esaurienti ai vari quesiti che ci poniamo, a proposito della vita e della nostra esistenza. Nata da una geniale intuizione del naturalista Charles Darwin, e poi ripresa successivamente da altri scienziati che l’hanno ritenuta unica per spiegare in maniera soddisfacente i vari passaggi evolutivi del fenomeno vita, questa teoria ormai è universalmente accettata; e nulla toglie nemmeno all’idea di un Dio che, dopo l’atto della creazione abbia seguito passo passo il processo evolutivo guidandolo verso forme sempre più complesse ed evolute, delle quali l’uomo oggi sarebbe solo una tappa intermedia. La teoria nasce dalla osservazione della stretta relazione e inter dipendenza esistente tra ambiente ed esseri viventi. Questa influenza dell’ambiente sugli esseri viventi fu esercitata a qualsiasi stadio della vita. Qualsiasi livello di complessità degli esseri viventi si è trovato in passato, e si troverà in futuro, a dover fare i conti con l’ambiente che ne ha determinato i cambiamenti e le trasformazioni.


Questo è un tipo di evoluzione che fa solo sorridere.

 Tutto cominciò nel mare primordiale, quando si formò la prima cellula vivente, dotata, cioè, della insolita proprietà di dividersi e di replicarsi per dare origine a dei nuovi esseri, copie di se stessa. se si considera che tutto ciò che esisteva prima era solo materia inerte, fatta, cioè, di elementi che, pur con il loro intimo meccanismo in continuo movimento, erano immobili e privi di energia vitale. La novità caratterizzata dalla capacità riproduttiva di quelle cellule così ingegnosamente strutturate, costituì un elemento altamente innovativo e fu, senz’altro un processo rivoluzionario. Ma a ben poco sarebbe servita, comunque, quella capacità, se non fosse intervenuto un nuovo elemento capace di indurre le necessarie trasformazioni della materia, e di dare, quindi, un significato alle sue rivoluzionarie capacità. Se questo nuovo elemento non fosse intervenuto, ancora oggi, cioè a distanza di tanti miliardi di anni, avremmo sempre e soltanto cellule, ognuna uguale all’altra, e niente altro.

PS:
Ora una piccola precisazione, visto che quello che vado pubblicando sono cose scritte ormai da qualche anno. E questo a riprova del fatto che nella scienza nulla è fisso e valido per sempre. tutto è sempre suscettibile di cambiamento. Oggi non è più vero che l'evoluzione non possa essere dimostrata in laboratorio. Come riporta il matematico Odifreddi sul suo sito uno scienziato ha riprodotto in laboratorio l'evoluzione di un particolare ceppo di batteri fin dal 1988 da allora si sono susseguite circa 50mika generazioni. In sintesi ecco quello che è successo       L’esperimento Nel 1988 Richard Lenski ha iniziato 12 colture di un ceppo di Escherichia coli (i colibatteri che vivono nell’intestino umano), osservandoli generazione dopo generazione per 20 anni e documentando i cambiamenti avvenuti. Si nutrivano grandi aspettative da questo lungo esperimento perché si diceva appunto che, per ovvi limiti di tempo, l’evoluzione non può essere osservata direttamente, mentre così si sono potute osservare in laboratorio più di 44.000 generazioni di batteri, che equivalgono a circa un milione di anni per la popolazione umana.I risultati I batteri sono stati coltivati in un terreno che conteneva un po’ di glucosio e molto citrato, perciò una volta esaurito il glucosio, i batteri avrebbero continuato a crescere solo utilizzando il citrato. Siccome i colibatteri in condizioni aerobiche (presenza di ossigeno) non sono in grado di utilizzare il citrato, avrebbero potuto continuare la crescita solo sviluppando tale capacità. Dopo 31.500 generazioni è finalmente comparsa una nuova caratteristica: una parte dei batteri aveva acquisito la capacità di utilizzare il citrato.  In sintesi una opacizzazione della provetta aveva svelato l'acquisizione di questa nuova capacità. E' la prova che la vita ha la capacità di trasformarsi se vuole progredire, e che così ha fatto per miliardi di anni.

venerdì 26 maggio 2017

Dove si parla di luce, di suono e di quello che è successo nelle supernovae

110-Decibel


Il suono è provocato inizialmente da una perturbazione, essenzialmente esso è una vibrazione. Una vibrazione alla quale vengono sottoposte le molecole della sostanza che viene attraversata dagli effetti di questa perturbazione. E gli effetti di queste vibrazioni procedono ad una certa velocità, come un susseguirsi di pressioni e depressioni. Questa velocità di propagazione non è mai la stessa, ma cambia e dipende dalla densità del mezzo che deve attraversare. Vedremo infatti che un mezzo solido e compatto viene attraversato più velocemente rispetto ad un mezzo liquido, come l’acqua ad esempio, ed ancor più rispetto ad un ambiente gassoso come l’aria. Si capisce che nel cosmo la sua velocità è minima, e ben presto la sua spinta iniziale si esaurisce. Immaginiamo ora quella iniziale perturbazione che ha provocato, venti miliardi di anni fa, una colossale vibrazione molecolare capace di diffondersi dappertutto e che ancora si ripete là dove vi sono  altre sorgenti sonore disperse per il cosmo e che sono figlie di quella prima immane sorgente perturbatoria. Una diffusione che ha seguito e che continua a seguire delle regole ben precise, proprio come la luce ed il calore, delle regole che sono esclusivamente proprie e sono le stesse in ogni angolo dell’universo.



 Così, questo rumore se ne và a spasso per gli spazi immensi, ma, come abbiamo detto, alla pari del  calore, si disperde subito, e tutto ritorna silenzio, o quasi. Solo la luce riesce ad andare più lontana. Eppure il suono, anzi il rumore per eccellenza, quello emesso venti miliardi di anni fa, miliardo più miliardo meno, dall’ormai famoso big bang, è stato così imponente che ancora oggi può essere ascoltato con strumenti particolari, sotto forma di una radiazione di fondo che pervade tutto l’universo. C’è chi ha valutato l’intensità reale di questo suono primordiale in alcuni miliardi di miliardi di decibel. Il decibel è la misurazione della intensità del suono cioè serve per distinguere un suono forte da uno debole e dipende dalla ampiezza dell’onda sonora. Se disegniamo un’onda con i suoi picchi superiori ed inferiori ad una certa distanza e poi ne disegniamo un’altra con i picchi più distanti tra loro, possiamo dire che la seconda è più ampia della prima, quindi essa rappresenta un suono più forte, ha più decibel. Per fare degli esempi di suoni o rumori più o meno forti con onde più o meno ampie: le onde del mare emettono un suono che è di quaranta decibel, la musica rock, di cento decibel. Oltre i centoventi decibel c’è la soglia del dolore, cioè suoni più forti che vanno oltre quella soglia, ci provocherebbero dolore. I  decibel che dobbiamo sopportare nelle nostre città, specie le più grandi e trafficate, sono nell’ordine di sessanta, settanta e più. Tra i novanta e i centoventi ci sono il rumore della sirena, di un martello pneumatico e le casse acustiche della discoteca a tutto volume. Comunque, così come succede per la visione della luce, anche per l’ascolto del suono noi esseri umani siamo un poco handicappati. Non riusciamo cioè ad ascoltare tutti i suoni che ci sono intorno a noi con le nostre orecchie.

111-Tuono e lampo


Dunque abbiamo visto che il suono è essenzialmente una vibrazione. E allora immaginiamo un elastico teso  o la corda di una chitarra che vibrando emette un suono. Con la sua vibrazione vibra anche tutta l’aria, cioè le molecole dell’aria che ci sono intorno. Ma la vibrazione non è altro che una serie di oscillazioni ed è rappresentata dalle onde che abbiamo disegnato. Il numero delle vibrazioni complete che avvengono in un secondo ci da la frequenza. Ora più le onde sono strette, maggiore è la frequenza, più sono larghe, minore è la frequenza. E la frequenza si misura in Hertz. I limiti per il nostro orecchio sono compresi tra venti e venti mila Hertz. Tutti i suoni più frequenti oltre i ventimila, detti ultrasuoni, e quelli meno frequenti al di sotto di venti, detti infrasuoni, da noi non sono udibili. Il suono non è come la luce, si propaga nei solidi, nei liquidi e nei gas, e in ciascuna sostanza ha una velocità diversa. Anzitutto nell’aria, viaggia ad una velocità di trecento quarantaquattro metri al secondo, una velocità cioè ben diversa e molto al di sotto di quella della luce, che, invece viaggia a circa trecentomila chilometri al secondo. 




Un esempio classico, che ci fa capire la differenza tra la velocità della luce e quella del suono, ci è dato  da quello che succede durante un temporale. Il tuono e il fulmine o lampo non sono altro che l’espressione sonora e visiva di un unico evento. Cioè in effetti non è altro che una scintilla che avviene tra il cielo e la terra, quando il cielo è così gonfio di nubi da caricarsi elettricamente ma in maniera diversa rispetto al suolo. Si parla di differenza di potenziale tra il cielo e la terra. E la scintilla, anche quella piccolina che possiamo vedere ad esempio negli accendigas della cucina fa una certa luce e un certo rumore come un crepitio. Ora la scintilla  piccolina dell’accendigas e quella enorme  del fulmine  altro non sono che un passaggio di corrente tra due punti carichi elettricamente in maniera diversa. Comunque  essendo noi vicinissimi all’accendigas succede che i due eventi possono essere rilevati nello stesso istante in cui essi avvengono e soprattutto contemporaneamente. Si vede cioè l’effetto visivo di quella scintilla nello stesso istante in cui si sente il suo effetto sonoro.  Nel caso del tuono–lampo succede che, date le enormi distanze che esso deve percorrere per giungere fino a noi, vedremo prima la luce che va molto più veloce (lampo o fulmine) e poi, dopo un poco, il suono (tuono) cioè il rumore generato da quella scintilla nello stesso momento in cui essa si è verificata. La propagazione del suono però dipende anche dalla densità del mezzo attraverso cui passa. Per cui se passa attraverso una sostanza molto densa, va più veloce, nell’acqua corre a 1498 metri al secondo, mentre nel ferro va a 5120 metri al secondo. Se io  potessi per esempio sdraiami per ascoltare con l’orecchio sui binari l’arrivo del treno, lo sentirei arrivare prima ancora di ascoltare il suo rumore stando in piedi sul marciapiedi della stazione. E’ lo stesso suono, solo che attraverso il metallo delle rotaie a arriva prima, che non attraverso l’aria.

112-Stelle


Passiamo ora dalla teoria alla pratica. Vediamo cioè come quelle leggi di cui abbiamo parlato siano state messe in atto dall’universo in formazione, a partire dalle stelle. Avevamo lasciato le nostre stelle in formazione piene zeppe di atomi di Idrogeno, ed è lì che la nostra storia continua. Dunque all’inizio, mentre la massa di materiale informe si sta dilatando, si cominciano a formare delle increspature all’interno delle galassie. Le galassie si erano formate dal quel plasma incandescente che subito dopo il Big Bang aveva preso a raffreddarsi e a dilatarsi, anche esse erano inizialmente delle increspature, una concentrazione di materia che si andava formando là dove tutto andava diventando sempre più rarefatto. Le galassie, sempre più numerose man mano che l’universo si dilatava, diventavano degli ammassi di materia che andavano assumendo varie forme, dove la materia era in alcuni punti più concentrata, in altri più rarefatta. Un numero incredibile di galassie andava formandosi nell’universo in espansione, mentre, al loro interno si formavano zone sempre più rarefatte e dilatate e zone dove gli atomi di idrogeno si andavano concentrando sempre più, cioè le future stelle. Abbiamo visto che gli atomi possiedono una massa e quindi un peso, e possiamo immaginare come il peso delle  stelle, in seguito all’accumularsi di queste piccolissime masse, diventasse sempre più grande con il conseguente aumento del peso degli strati più esterni su quelli più interni. Con l’aumento del peso, aumentava anche la forza di gravità, la capacità cioè di attirare a sé altri corpi vaganti per lo spazio. Questi agglomerati di atomi di Idrogeno, sempre più grandi fungevano infatti, da aspirapolvere spaziali, nel senso che ripulivano lo spazio circostante dei detriti incandescenti. Noi vediamo, di notte queste stelle brillare da sempre, ed in effetti brillano da tempo immemorabile, da quando cioè quel mondo fatto di luce e di altro materiale originatosi dal Big Bang ha cominciato ad accumularsi in alcuni punti delle galassie in formazione. Le stelle in effetti sono delle fucine dove avvengono delle reazioni chimiche che danno origine alla emissione di una quantità enorme di energia luminosa. 




L'esplosione di una supernova è uno dei fenomeni più devastanti dell'universo


Le stelle di cui stiamo parlando e che spesso possiamo vedere brillare nelle notti stellate prendono il nome di Supernovae all’inizio della loro vita possono essere anche dieci, venti volte più grandi del nostro sole. Data la loro enorme grandezza, e quindi il peso enorme esercitato dagli strati esterni, sull’interno di queste stelle, la temperatura può salire anche a centomila gradi. In questo ambiente infernale succedono delle cose molto importanti. Innanzi tutto a queste temperature gli atomi di Idrogeno si muovono così furiosamente che finiscono per entrare in collisione tra loro. Infatti a quelle altissime temperature l’energia di movimento (si chiama energia cinetica) è maggiore della energia elettrica con cui normalmente si respingono. Ricordate l’esempio?  Basta soffiare con forza dentro un pugno semichiuso per verificare come un aumento di pressione dall’esterno possa far alzare la temperatura all’interno.


113-Einstein



Dentro le stelle, dunque, gli atomi di Idrogeno vanno e vengono, si mischiano, si confondono tra di loro, rischiano, e lo fanno molto spesso, di unirsi tra di loro e di formare così degli atomi diversi, nuovi, cioè delle sostanze nuove. Questo è il cosiddetto processo di fusione nucleare che è responsabile della energia irradiata dalle stelle da miliardi di anni. Tutto ciò comporta, all’inizio del processo di fusione, la formazione di un nuovo tipo di atomo, quello di Elio. Per essere più precisi quattro nuclei di idrogeno si fondono tra loro per dare origine ad un nucleo di elio. Il conteggio però non è così preciso, perché in effetti avanzano alcuni pezzi di nucleo e per la precisione, il numero dei protoni di partenza, è maggiore rispetto ai protoni di cui è formato l’atomo di elio finale. Avanzano cioè due protoni. Questa perdita di due protoni nel corso della reazione si traduce in una perdita di massa da parte della stella. A causa del vorticoso turbinio degli atomi, che avviene alla velocità della luce, la massa persa all’interno della stella, si trasforma in energia che viene irradiata tutta intorno. A proposito di ciò c’è da fare un’altra parentesi per cercare di capire che rapporto esiste tra massa ed energia. 



Ci viene in soccorso il grande scienziato Einstein con la sua intuizione che gli ha permesso di formulare l’equazione E uguale ad mc2, cioè energia uguale alla massa per la velocità della luce al quadrato. Era il 1905, quindi l’inizio del secolo scorso, quando Einstein enunciò la sua famosa formula che non era basata su esperimenti ma semplicemente su una sua intuizione. Intuizione che successivamente venne verificata e accertata dalla sperimentazione. La intuizione si basava sul fatto che egli era sicuro che dovesse esserci per forza una relazione tra l’energia e la massa, e che l’una potesse trasformarsi nell’altra e viceversa. Ma egli aveva anche capito che non poteva essere una trasformazione pura e semplice. Tot massa e tot energia. Per lui una piccolissima quantità di massa poteva originare una enorme quantità di energia e viceversa, ma una eventuale trasformazione poteva essere indotta solo alla velocità della luce. Oggi sappiamo ormai che solo a questa velocità, circa trecentomila chilometri al secondo, può avvenire una trasformazione di massa in energia o viceversa. Un esempio di trasformazione di energia in massa è dato dalla famosa astronave che viaggia alla velocità prossima alla luce. Supponiamo che il suo manovratore se ne infischi dell’avvertimento che non sarebbe riuscito mai e poi mai a superare quella fatidica velocità, e supponiamo che allora cominci a dare ulteriore gas  e quindi energia alla sua astronave. Insomma supponiamo che accenda dei motori più potenti o metta altra legna nella fornace che alimenta i motori, nel tentativo di andare più veloce, cosa accadrebbe? Se noi potessimo vedere dall’esterno questa astronave, vedremmo che essa, per quanto l’omino lì dentro si affanni ad accelerare, non andrebbe affatto più veloce, ma accadrebbe un fenomeno strano. L’astronave e l’omino stesso si appesantirebbero, aumenterebbero la loro massa. L’energia in più si trasformerebbe in massa, lo spazio si dilata e il tempo quindi si dilaterebbero e l’omino avrebbe dei movimenti sempre più lenti.

giovedì 27 aprile 2017

dove si parla del calore e delle leggi che lo governano




106-Il resto



Parliamo ora del calore, altra caratteristica dell’Universo. La termodinamica, la scienza che studia la propagazione del calore, dice che esso fluisce spontaneamente dai corpi caldi ai corpi freddi e non succede mai il contrario. E’ questo quello che succede se due corpi, uno caldo e uno freddo, sono abbandonati a se stessi. Solo con un nostro intervento possiamo ridare calore a quel corpo che si sta raffreddando e sta cedendo il suo calore. Questo dimostra che per dare calore bisogna fare un lavoro, consumare delle energie dobbiamo mettere il corpo sulla fiamma, nel forno, consumare il gas, l’elettricità……e pagarci pure la bolletta. Viceversa, il processo opposto avviene spontaneamente. I corpi caldi, perdendo calore, non fanno altro che andare verso un livellamento, un appiattimento della temperatura. Questo è quello che succede normalmente nell’universo, dove non c’é altro che una continua dispersione del calore emanato insieme alla luce da quelle centrali nucleari che sono le stelle. Infatti il calore non viene emesso inutilmente perchè nelle stelle, grazie alla loro attività continua, responsabile della emissione del calore, si sono formati dapprima l’idrogeno e poi via via tutti gli altri costituenti la materia, fino agli elementi più pesanti come l’oro o il ferro Quindi un lavoro utilissimo. Una parte di questo lavoro, però, va continuamente distrutta, si dissipa nel cosmo sotto forma di luce e di calore, appunto. Così anche quando mettiamo una pentola a bollire, dissipiamo una parte del calore, perchè riscaldiamo inutilmente anche l’ambiente circostante. Però dopo possiamo calare la pasta e farci un buon piatto di spaghetti. Quindi i soldi spesi per pagare la bolletta del gas, consumati per far bollire l’acqua, in fondo ci hanno permesso di mangiare gli spaghetti i quali hanno dato sostanze al nostro organismo permettendoci di vivere. 





Risulta chiaro quindi, che, tanto lavoro si fa, tanto è il risultato che si ottiene, cioè sempre lo stesso. Per portare alla ebollizione una pentola d’acqua ci vorrà sempre la stessa quantità di energia. E allora la termodinamica con la sua prima legge ci dice che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, cioè tanta energia si impiega, tanto lavoro si riesce a compiere, non di più e non di meno. E’ il principio di conservazione dell’energia, la quale si può trasformare da una forma all’altra, si può trasferire da un corpo ad un altro, ma non può essere né creata né distrutta. E’ un  po’ come con i soldi: con cinque euro sappiamo cosa comperare e così con cinquanta euro, non si scappa; tanti soldi, tanta merce, non di più, non di meno. Tutt’al più, ci potrà essere alla fine un piccolo resto del quale, per la verità non si sa mai che fare, roba di centesimi, con cui in genere non ci si compera niente oggi come oggi. C’è sempre, quindi, del resto di cui non si sa mai che fare. Però si può metterlo da parte e alla prossima occasione aggiungerci altri dieci o venti centesimi. Così facendo  arriveremo a uno o due euro da poter usare per comperare magari un gelato. In natura invece, per quanto riguarda il calore non è così.
107-Livellamento



Quel resto, quel piccolo resto, tra dare e avere, quel po’ di calore inutilizzato, non è possibile metterlo da parte nè utilizzarlo più, non ci si può fare nulla, e allora si disperde nell’aria. Si perché il calore non ci pensa due volte, se non si utilizza,  se ne va, anche se non serve a nulla, anche se non va a riscaldare niente, si disperde semplicemente perché è una tendenza costante dell’universo: quella di propagare il calore se esso non viene utilizzato. E gli scienziati dicono che questa tendenza è spontanea e irreversibile. Tutto tenderebbe quindi verso un livellamento delle varie differenze di calore, verso un disordine estremo. Se vogliamo ripristinare un certo ordine, ricreare cioè zone di calore, rispetto ad altre più fredde, dobbiamo fare altro lavoro e consumare altra energia. Allora a prima vista sembrerebbe una contraddizione, cioè il tentativo spontaneo verso il livellamento, verso cioè una propagazione del calore in modo da non avere zone calde e zone fredde, viene definito come disordine, mentre, al contrario, l’ordine sta nella coesistenza di zone calde e zone fredde. questa naturale tendenza al livellamento, al disordine, viene detta, con un nome difficile, Entropia. Ma prima che avvenga questa naturale dispersione di calore, quello che viene emesso dalle stelle viene utilizzato e trasformato. Sulla terra ad esempio il calore e la luce del sole sono utilizzate per far vivere noi animali. Di tutta l’energia che la Terra riceve dal Sole, la stragrande maggioranza viene dispersa, viene accumulata nel suolo, nell’acque e con essa evapora. Solo l’uno per cento dell’energia viene catturata dalle piante e tramutata in molecole organiche ad alto contenuto energetico, cioè in cibo, in materiale, in lavoro capace di permettere a tutta la biosfera di vivere ormai da millenni. 



Questo avviene, come abbiamo già visto, grazie alla fotosintesi  che letteralmente significa fare cose con la luce. Ma, come abbiamo visto, gran parte di questa energia se ne va, si perde e si disperde. Certo viene da piangere a sapere che tutta l’umanità in un anno consuma una quantità di energia diecimila volte inferiore a quella che, nello stesso periodo di tempo, il Sole invia sulla Terra. Comunque questi fenomeni di dispersione sono spontanei ed   irreversibili. E cioè avvengono solo in un senso e non nel senso opposto. Ecco degli esempi di dispersione del calore che poi diventa irrecuperabile. Un corpo in movimento si arresta per attrito, emette calore e si riscalda; la pentola d’acqua calda lasciata sul fornello spento si raffredda, un falò che brucia della legna, se non ci mettiamo vicino almeno una salsiccia, quel calore non sarà servi finché loro lavorano e si moltiplicano……certo poi, quando un organismo vivente muore, cessa il lavoro delle cellule, il calore lo lascia e il corpo diventa freddo. La tendenza spontanea nell’universo, quindi, è verso l’appiattimento, la uniformità, l’annullamento delle diversità, e in fondo il caos, cioè un aumento dell’entropia.

108-Ordine e disordine

Altri esempi ci possono dimostrare che la tendenza è sempre verso il disordine: un castello di sabbia in una spiaggia deserta, col tempo tornerà ad essere un mucchio di sabbia e mai potrà accadere il contrario. Un mazzo di carte ordinato per semi e per numeri crescenti, cadendo si sparpaglieranno alla rinfusa e mai potrà capitare il contrario. In una camera è più facile che, una volta messa in ordine, dopo un poco di tempo si ritrovi in disordine, e non il contrario. La conseguenza di questa irreversibilità dei fenomeni naturali è l’evoluzione dell’universo, è lo scorrere del tempo che avviene sempre da un passato a un futuro, dall’ordine al disordine estremo, al caos. Da ciò si capisce perché sia più facile mettere in disordine che mettere in ordine. Il disordine in effetti si mette da sé e noi non dobbiamo sprecare energie per ottenerlo. Se abbiamo la camera in ordine, basta urtare inavvertitamente una sedia, basta che caschi  un foglio di carta in terra, che si rovesci un porta penne, siamo già sulla buona strada verso il caos, il disordine. 



Si, sono cose provocate da noi, ma del tutto inavvertitamente, senza volerlo e senza sprecare la benché minima energia. D’altronde anche senza il nostro intervento l’orologio si fermerebbe, la polvere si depositerebbe ovunque e in breve diventerebbe tutto più disordinato. Resterà un certo tipo di ordine fino a quando la camera rimarrà chiusa ed isolata dal mondo esterno. Se si aprono porte e finestre, i colpi di vento potranno far volare altre carte e in breve il disordine sarà assicurato. Invece l’ordine potremo riaverlo solo a costo di fatica e sudore. Allora, tutti i fenomeni in cui c’è un aumento del disordine sono spontanei, mentre quelli in cui il disordine diminuisce hanno bisogno di qualcuno che intervenga dall’esterno che impieghi energia per dare calore e, in fondo, per creare ordine. All’interno del sistema universo possono esistere, tuttavia, dei sistemi isolati dove l’entropia diminuisce. Cioè, qua e là, ci sono è vero dei fenomeni di aumento dell’ordine e quindi di diminuzione dell’entropia, ma ciò avviene solo localmente, perché complessivamente nell’universo il disordine può solo aumentare. L’essenziale è che, alla fine, il bilancio totale tra la diminuzione dell’entropia in una parte dell’universo, e il suo aumento generale, sia a vantaggio di quest’ultimo. Gli organismi biologici, ad esempio sono una palese violazione di quanto abbiamo detto fino ad ora. Infatti essi sono delle strutture ordinate che evolvono verso un ordine sempre maggiore e quindi di minore entropia. Ma il bilancio globale è quello che conta e deve includere alla fine sia l’organismo, sia l’ambiente che lo circonda e con il quale scambia continuamente energia e materia. Infatti gli organismi sia vegetali che animali si sviluppano e vivono, grazie all’aumento dell’entropia che essi provocano nell’ambiente circostante. In definitiva la diminuzione interna dell’entropia viene compensata e persino superata da un aumento esterno dell’entropia.

109-Zero assoluto


Alla fine insomma è sempre valido il secondo principio della termodinamica che regola il passaggio spontaneo di un sistema da uno stato di ordine ad uno di disordine, con relativo aumento della entropia. Per finire vediamo cosa succede se la smettiamo di dare energia a questi atomi.  Finalmente essi tornano allo stato precedente. Però, non è che si fermano. E d’altronde non stavano fermi neanche prima. Ma  allora, quando è che si fermano? tutti gli atomi di tutte le sostanze si muovono, non stanno mai fermi. Ora la logica dice che se il movimento degli atomi aumenta se li riscaldiamo, evidentemente diminuisce se lo raffreddiamo. E allora, prendiamo l’acqua nella quale si può quasi vedere il movimento degli atomi quando bolle, ebbene, se  la raffreddiamo fino a farla diventare ghiaccio che succede? il ghiaccio noi  lo vediamo immobile, così come è immobile un qualsiasi altro pezzo di materia, ma in effetti gli atomi lì dentro, anche alla temperatura di zero gradi si muovono. 




E allora cosa bisogna fare? Bisogna raffreddare ancora…si ma non esiste posto dove portare questo benedetto pezzo di materia e dove faccia freddo abbastanza da fermare il movimento degli atomi. Hanno visto infatti, con degli esperimenti particolari, che gli atomi si fermano ad una particolare temperatura che è stata chiamata zero assoluto, alla quale appunto gli atomi sono immobili, anzi, sarebbero immobili, perché questa temperatura, che è di –273,2 gradi centigradi, non può essere raggiunta in natura. E infatti in tutto l’universo non esiste un solo atomo in stato di quiete assoluta. Quindi, anche se teorica quella dovrebbe essere la temperatura più fredda di tutto l’universo. Anche il suono fa parte dell’universo, ha delle sue regole ben precise e, nel nostro universo non potrebbe essere altrimenti. Se il suono avesse delle regole e delle caratteristiche diverse, avremmo un universo diverso dal nostro. Esso nasce, così come la luce e il calore nel momento in cui si verifica l’immane deflagrazione detta Big bang. Una esplosione, cioè una improvvisa liberazione di energia, altro non è che un fenomeno caratterizzato oltre che da emissione di luce e di calore, anche da un rumore fortissimo tale da rendere il fenomeno stesso non solo visibile, ma anche udibile. Quello fu il padre di tutti i suoni, che poi si ripetuto e si ripete all’interno di tutte le stelle. Una cosa, comunque che va molto più lenta della luce, e si perde per strada molto prima di essa. L’universo infatti è talmente grande che, nonostante tutto il rumore che fanno le stelle, rimane un ambiente silenzioso, oltre che buio. Se la luce infatti non riesce ad arrivare ovunque, a maggior ragione il suono, che va più lentamente, non ce la fa a coprire quelle enormi distanze. Basta considerare il fatto che noi vediamo la luce emessa dal sole che, oltretutto ci permette di vivere, ma non abbiamo alcuna percezione del rumore emesso dalle esplosioni che avvengono su quella stella.  Ma cosa è in effetti questo suono? in cosa consiste?




venerdì 24 marzo 2017


Dove si parla della luce e di come si capisce che le stelle si allontanano tra loro

102-Calore



Allora fermiamoci un attimo e non somministriamo più calore alla sostanza. La materia che stiamo esaminando, se noi non le avessimo rotto le scatole con il nostro calore, sarebbe rimasta lì senza dare fastidio a nessuno. E si perché la materia inanimata non da fastidio a nessuno, ma nemmeno vuole che gli si rompano le scatole. E infatti non appena noi la lasciamo perdere, non vede l’ora di cedere di nuovo quel calore che noi le abbiamo dato, ne cede un po’ di meno di quello ricevuto perché la differenza è servita agli atomi per muoversi. Fatto sta che, in men che non si dica, la nostra sostanza ritorna nel suo particolare stato di “quiete”, il calore viene ceduto all’esterno, gli atomi rallentano la loro corsa e tutto torna come prima. Ma vediamo cosa succede, invece, se continuiamo a somministrare calore alla nostra sostanza. Piccolo esempio: prendiamo un pezzo di ferro, magari con una molla per proteggerci le mani, mettiamolo sul fuoco e notiamo che dapprima si riscalderà ed emanerà calore, poi, ad un certo punto diventerà rovente  e dopo ancora addirittura incandescente, cioè emanerà una luce rossa. La temperatura è salita a tal punto che il calore è diventato visibile, tanto da non chiamarsi più calore, ma luce. E’ nata cioè la luce!!!. 




E allora è necessario andare a vedere cosa è successo all’interno della materia, cosa è avvenuto di tanto strano da provocare la nascita della luce. Diamo uno sguardo allora, all’interno della materia e finalmente sapremo la verità. Il perché della nascita di questo fenomeno che ora è diventato visibile è presto detto. Intanto avevamo lasciato le onde ad una certa lunghezza. Continuando nel processo di riscaldamento la lunghezza delle onde è diminuita  e la frequenza naturalmente  è aumentata a tal punto che siamo arrivati al rosso di quel famoso spettro. Infatti, continuando a somministrare calore, gli atomi finiranno per impazzire, a causa di questa perturbazione così violenta, e la loro stabilità relativa andrà a farsi friggere. La prima cosa che succede è che gli atomi, già per loro conto in preda a movimenti violentissimi con frequenti urti reciproci, cominceranno a perdere elettroni. Ricordate i vari strati su cui sono disposti gli elettroni? E allora gli elettroni dello strato più esterno voleranno fuori dall’atomo, quelli dello strato immediatamente sottostante se ne andranno su quello superiore e così via, man mano che si liberano posti nei vari strati, arrivano elettroni da sotto pronti ad occupare gli spazi vuoti. Questo succede perché l’elettrone, acquistando energia, dal calore che noi gli stiamo somministrando, non si trovano più bene dove stanno e quel surplus di energia li fa balzare ad un livello maggiore. Ma  la materia, e questo vale anche per gli elettroni, preferisce la quiete o meglio il suo particolare stato di quiete, che come ho detto non è riposo totale.


103-Atto di nascita


Avviene allora una vera e propria guerra, a un certo punto, tra noi che col nostro calore cerchiamo di scompaginare tutta la composizione atomica della sostanza, e gli elettroni che tentano di tornare al loro posto. E in effetti per una frazione infinitesima di tempo essi riescono a riprendere il loro posto originario, prima però di volare di nuovo via. Però se volando via essi assumeranno energia dall’esterno, quando tornano al proprio posto essi restituiranno l’energia che avevano acquistato e la restituiranno sotto forma di luce. La frequenza di quelle onde di cui era composto il calore è diventata così alta, la lunghezza d’onda così corta che siamo entrati nel campo della luce visibile, dopo il rosso. Il famoso spettro poi, ci dice che se la frequenza aumenterà e la lunghezza d’onda si accorcerà ulteriormente, si passerà attraverso tutti i colori dello spettro e poi si avranno i raggi ultravioletti, i raggi x e i raggi gamma che sono pieni di energia con una frequenza altissima e una lunghezza d’onda cortissima, che noi, proprio come gli infrarossi non vediamo, ma ne percepiamo in qualche modo  gli effetti. Così nasce la luce, quella cosa che corre a quella velocità pazzesca e che noi possiamo riprodurre anche a casa nostra, come abbiamo visto con l’esempio del ferro, ma soprattutto perché ci basta  accendere una lampadina. Premendo uno degli interruttori che abbiamo a parete, non facciamo altro che far passare corrente nel filo e dare energia a quel sottile filamento che sta dentro la lampadina. Gli atomi di quel filamento impazziscono,  perdono gli elettroni che tornano subito al proprio posto restituendo subito dopo l’energia che avevano acquisito. 



E così il filamento diventa incandescente. Tutto questo succede anche all’interno delle stelle che sono delle lampadine enormi. Esse si accendono perché qualcuno, o meglio qualcosa le riscalda, come abbiamo fatto noi con il pezzo di ferro. Esse in effetti si riscaldano da sole perché è il loro stesso peso a provocare calore. La grande massa di cui sono dotate non fa altro che premere su se stessa tanto grande è il suo peso. E allora cosa succede sotto, al centro di questa massa  a causa di questo enorme peso degli strati esterni? Piccolo esempio se chiudiamo la mano a pugno e ci soffiamo dentro con forza cercando di vincere la pressione dell’aria succede che la mano si riscalda. Quindi con l’aumentare della pressione dall’esterno l’aria dentro il pugno si è riscaldata. Ma ora immaginiamo l’enorme perso della materia di cui è composta una stella. Ebbene questo peso provoca un riscaldamento tale, che dal semplice calore si passa, grazie al movimento vorticoso degli atomi a soprattutto degli elettroni che saltano di qua e di là,  alla emissione di luce visibile. Quindi, per dirla in due parole il calore è una questione di atomi che cozzano tra loro, la luce è una questione di elettroni che saltano da una orbita all’altra. Abbiamo così visto l’atto di nascita della luce. Da quel momento essa prende a correre nello spazio infinito e a seconda della sua intensità  e della grandezza della sua fonte arriva più o meno lontano.

104-Il fischio del treno


Noi siamo bombardati da queste fonti luminose, e non solo di giorno in cui il sole la fa da padrone, ma anche di notte, con tutti quei puntini luminosi che ci guardano da distanze più o meno enormi. La notte restiamo affascinati  da quella immensità di fonti luminose, ma di una cosa non ci accorgiamo e non potrebbe essere altrimenti. Non ci accorgiamo cioè del fatto che questi puntini luminosi si allontanano inesorabilmente da noi. Lo spazio infatti, si dilata e le stelle si allontanano tra loro. Vorrei cercare ora di spiegare come si è giunti a questa constatazione, o meglio quale è la prova sicura di questa continua dilatazione che avviene dall’epoca del Big Bang e non si è più fermata. Anche questo allontanamento tra le stelle avviene secondo regole ben precise. Non è un moto caotico, chi in una direzione, chi in un’altra, le galassie si allontanano tra loro con un movimento ben preciso. Per dirne una, gli scienziati hanno visto che la velocità con cui esse si allontanano aumenta man mano che aumenta la distanza. Pensiamo un po’ in venti miliardi di anni quanta strada devono aver fatto!! La sola nostra galassia ha un diametro di centomila anni luce cioè un miliardo di miliardi di chilometri. E’ stato calcolato per esempio che una galassia che dista da noi 4 miliardi di anni luce, si allontana da noi alla velocità di 80 mila chilometri al secondo. Galassie più vicine ovviamente si allontaneranno da noi a velocità minori. Ma come si fa a capire che queste galassie si allontanano? Dunque quando osserviamo una galassia, praticamente osserviamo la luce che essa manda in tutte le direzioni, e quindi anche verso di noi. Se la galassia si allontana è chiaro che si allontanerà da noi la fonte di quella luce. Quindi il problema è capire se la fonte di quella luce che arriva a noi si stia allontanando o avvicinando o non addirittura stia ferma, rispetto a noi. Facciamo un salto indietro. La materia e quindi gli elettroni sono fatti di onde e corpuscoli. Anche la luce fa parte della materia in quanto non è che un fascio di elettroni, ed è fatta di onde, così come il suono. Ora queste onde si comportano in maniera particolare. Però per poter capire questo comportamento forse è meglio parlarne prima applicandolo al suono, in quanto risulta più intuitivo. 



Esempio, se io sto fermo alla stazione e aspetto che passi un treno…solo così per vederlo passare. Lo vedo da lontano e quello, per farsi sentire comincia a fischiare. Ora immaginiamo che invece di fare un fischio ogni tanto, faccia un fischio unico fino a che arriva in stazione dove ci sono io….e anzi anche oltre. Allora questo fischio lo sentirò sempre più forte, fino a che arriverà in stazione, poi lo sentirò sempre più piano, fino a non sentirlo più. Ma il suono in effetti arriva a me attraverso delle onde, le onde sonore. E allora immaginiamo una serie di onde che dal treno, quando è ancora lontano, arriva fino a me, basta disegnare delle onde, cioè una linea ondulata. Se il treno stesse zitto la linea sarebbe diritta. Ora che succede a questa specie di molla che va dal treno a me, mentre lui si avvicina?



 105-Dopo il rosso


Mentre il treno di cui abbiamo parlato si avvicina a noi e fischia, succede che le onde sonore si schiacciano e da larghe diventano sempre più strette. Questo significa che il suono avvicinandosi a me aumenta e le onde si fanno sempre più strette. Nella luce è lo stesso. Quando la sorgente di luce si avvicina, le onde che arrivano a noi si schiacciano, mentre se la sorgente si allontana, le onde si allargano. Sempre continuando nella analogia con il suono quando le onde si schiacciano il suono diventa più acuto, più forte. Nella luce, quando la sorgente che la manda si avvicina, diventa più forte. Ma che significa che la luce diventa più forte? Quando abbiamo parlato dell’arcobaleno, cioè dello spettro di colori che forma la luce stessa, abbiamo visto che da una parte c’è il rosso e dall’altra il violetto, per riferirci alla luce visibile al nostro occhio. Questo perché sia dall’una che dall’altra parte ci sono altre componenti della luce che non vediamo ma di cui sentiamo gli effetti. Avevamo detto che da una delle due parti e cioè oltre il violetto i raggi erano più forti, più pieni di energia, più duri, tanto che qui troviamo gli ultravioletti che possono fare venire i tumori della pelle e i raggi x capaci di trapassare persino le nostre ossa. Ora dal violetto fin verso questi raggi le onde saranno più strette. Il contrario succede dall’altra parte cioè dopo il rosso, le onde si allargano fino quasi a diventare una linea appena appena ondulata. E da questa parte ci sono prima le microonde, quelle dei forni, e poi le onde radio. Tutte onde deboli, molto larghe per così dire. Adesso si tratta solo di chiudere il cerchio. Questo di cui abbiamo parlato si chiama spettro, cioè lo spettro dei vari componenti della luce, al centro una serie di colori, di qua il rosso e di qua il violetto. Dopo il violetto i raggi più forti e quindi le onde più strette, dopo il rosso i raggi più deboli e quindi le onde più larghe. Considerando allora tutte questa gamma di componenti della luce possiamo dire che il centro è dove c’è il giallo. Infatti se noi osserviamo una sorgente di luce ferma con dei particolari strumenti si registrerà una luce gialla. Se la sorgente si avvicina e, come succede nel treno che si avvicina, le onde si fanno più strette, si registrerà una luce viola. E, finalmente se registriamo una luce rossa, vuol dire che le onde si fanno più larghe il che sta a significare che la sorgente di luce osservata si sta allontanando. Ed è questo quello che succede da molto tempo a questa parte, cioè da quando osserviamo le stelle…che registriamo sempre una luce rossa, qualsiasi stella, qualsiasi galassia osserviamo. 





Rosso, quindi sinonimo di onde larghe, sinonimo di allontanamento. E’ chiaro che se la fonte della luce, cioè la stella, stesse ferma, noi vedremmo una luce gialla e se si avvicinasse,  una luce violetta. Tutto questo dimostra che le galassie, le stelle e i pianeti si allontanano progressivamente tra loro, con una velocità che, come dicono gli esperti, aumenta con l’aumentare della distanza. Proprio come si allontanano le uvette in un plum cake che sta lievitando.