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mercoledì 30 dicembre 2015

Dove si parla della scomparsa dei Dinosauri, dello sviluppo della corteccia cerebrale negli esseri che verranno e della prima nota di colore in un mondo fino ad ora in bianco e nero.


40-Alba terribile




Oggi si fantastica su cosa sarebbe successo nel caso in cui i dinosauri non si fossero estinti Ma una cosa è certa, sessantacinque milioni di anni fa, alla fine del Cretacico, dopo 130 milioni di anni di regno sul pianeta terra, i Dinosauri scomparvero quasi all’improvviso dalla faccia del pianeta e con essi scomparve più del cinquanta per cento della flora e della fauna. I paleontologi parlano di una estinzione di massa di grandi proporzioni. Infatti negli strati geologici relativi a quel periodo c’è un grande buco, la mancanza totale di reperti relativi a qualsiasi essere vivente. La vita scomparve a causa  del fatto che, dal punto dell’impatto sulla terra di un grosso meteorite, si sollevò una grossa nube che  oscurò il sole. Per giorni e giorni la terra rimase nella oscurità più assoluta “Fu un’alba terribile, il cielo si aprì, un sibilo assordante lacerò l’atmosfera, poi uno schianto fece sussultare la superficie del pianeta. Le rocce si spezzarono. Lunghissimi crepacci si aprirono inghiottendo viventi e foreste, le cime delle montagne crollarono come per un terremoto milioni di volte più potente di quelli che verranno sperimentati nella storia dall’uomo. Un rombo spaventoso percorse la Terra, l’onda d’urto schiantò i timpani e fece scoppiare i polmoni o le branchie di qualsiasi animale, terrestre o marino si trovasse nel raggio di centinaia di chilometri. Un tsunami, un’onda di marea alta un chilometro, si sollevò sull’oceano e si avventò sulle coste, penetrando nei continenti per centinaia di chilometri, polverizzando tutto ciò che incontrava.” 











Chi descrive con singolare verismo gli avvenimenti che hanno portato, 65 milioni di anni fa, alla estinzione di massa dei dinosauri, è Franco Prattico, giornalista e divulgatore, nel suo “Dal caos... alla coscienza”. Non tutti gli studiosi però sono d’accordo sul fatto che un tale catastrofico evento possa essere stato provocato dalla collisione del pianeta con un asteroide, un fatto è comunque certo: la scomparsa dalla superficie della Terra fu quasi immediata e lo dimostrano gli strati geologici relativi al periodo fine Cretacico in cui scompare all’improvviso ogni reperto relativo ai grossi Sauri. Un reperto che è possibile verificare in tutti i continenti e alla stessa profondità. Questo perché al tempo dei dinosauri le terre emerse erano una unica isola, o quasi. Dopo di essi porzioni di terraferma, sotto la spinta del magma ribollente proveniente dalle profondità marine, si separarono tra loro, portando con sè anche i resti dei dinosauri che rimasero imprigionati sotto i successivi strati geologici. Se le cose fossero andate diversamente, forse oggi ci saremmo trovati ad avere rapporti con i loro discendenti. Per fortuna (per noi) ciò non si è verificato e ci piace ricordare i dinosauri avvolti da quell’alone di mistero e dal fascino dell’avventura. I dinosauri vissero in epoca così remota che la si può immaginare solo con le più straordinarie avventure della mente. Furono così enormi e bizzarri che nulla di simile era mai esistito prima, nè lo sarà dopo. E’ una situazione che ci da, comunque, un senso di sicurezza:  perchè ci piace continuare ad immaginare che tutto ciò che è mostruoso ed enorme appartenga ad un passato lontanissimo e sepolto da millenni di storia.


41-Corteccia




E’ un momento molto importante questo nella storia della evoluzione. Fino ad ora lo sviluppo cerebrale, che pure c’era stato, aveva portato allo sviluppo esclusivo degli istinti, di quella parte primordiale della massa cerebrale, che fa parte anche del nostro cervello, e che presiede agli istinti, alle emozioni, alle reazioni primitive, alle funzioni vitali come respirare, bere, mangiare, agli appetiti sessuali, a tutto ciò, insomma, che ha permesso agli animali di vivere, sopravvivere e riprodursi. Da adesso in poi comincia lo sviluppo graduale di una nuova porzione di cervello che prenderà il nome di corteccia, e che conoscerà il suo culmine, almeno per ora, nel cranio dell’uomo. La corteccia cerebrale, che anatomicamente avvolge il nucleo centrale costituito dal cervello primitivo, avrà la funzione, di guidare gli istinti, di utilizzarli nella maniera più idonea, senza spreco di energie, e incanalandoli nella maniera ritenuta più efficace e favorevole alla economia dell’organismo. Diversi esempi sono stati fatti per descrivere il rapporto che esiste tra queste due porzioni di cervello, due zone che non sono nemiche, ma alleate: ognuna infatti offre qualcosa all’altra. 






L’esempio più calzante è quello che paragona le due zone a cavallo e cavaliere: il cavallo sta sotto e fornisce la potenza, il cavaliere sta sopra e fornisce la conoscenza; insieme possono andare lontano. Può accadere talvolta che il cavallo si imbizzarrisca e disarcioni il cavaliere. Allora gli istinti prevalgono e dirompono. Sta al cavaliere riuscire a dominare il cavallo, reggendosi bene in sella e utilizzando le sue risorse. Esiste una sostanziale differenza nel modo di cacciare tra quei mastodonti con poco cervello e gli animali di taglia più contenuta e, comunque, il più delle volte, più piccola di quella delle loro stesse prede. I primi si gettavano all’assalto della loro preda già sicuri di essere in grado di sopraffarla, la azzannavano in più punti e in pochi minuti la riducevano all’impotenza. I secondi, invece, osservano da lontano le possibili prede, ne studiano le mosse, organizzano un piano d’attacco che potrà essere portato in solitudine o in gruppo. Isolano la preda che potrà essere un individuo giovane e di taglia più piccola degli altri componenti il branco o un individuo malato, ferito e non in grado di seguire il resto del branco, lo afferrano, dopo averlo inseguito, nel punto più vulnerabile e attendono, dopo averlo immobilizzato, che cessi di respirare per iniziare l’opera di smembramento. E’ una serie di operazioni abbastanza complesse che per essere messe in atto necessitano di un freno e soprattutto di una guida di quegli istinti primordiali insiti nel cervello primitivo. Il predatore di taglia media sa benissimo che non potrà mai gettarsi all’attacco, buttandosi a capofitto contro la sua preda, potrebbe finire preda di corna o di zoccoli, in quanto gli erbivori, per quanto stupidi, sanno capire il pericolo e difendersi. Essi devono e sanno attendere le condizioni favorevoli, e spesso sanno anche rinunciare ad un pasto lì pronto a due passi, se le condizioni non sussistono.


42-Un modello



I dinosauri, pur estinguendosi, hanno lasciato una testimonianza della loro esistenza. D’altro canto 170 milioni di anni di dominio sulle terre emerse, non potevano passare inosservati.. E se invece non fosse successo? Se i dinosauri non si fossero estinti e fossero rimasti liberi  di evolversi? E’ stato creato un modello partendo dalle caratteristiche fisiche di un dinosauro del Cretacico bipede e carnivoro, alto un metro e di 40 chili di peso, una cavità cranica con un quoziente di encefalizzazione pari a 0,3 (quindi parecchie volte più intelligente della maggior parte degli altri dinosauri, e intelligente  quanto i più progrediti tra i piccoli mammiferi suoi contemporanei); sembrava avesse il primo dito degli arti superiori perfettamente opponibile agli altri due muniti di artigli, il che avrebbe conferito all’animale notevoli capacità di manipolazione. Sembrava fosse provvisto di tutti gli ingredienti di successo che, in epoca più tarda, si noteranno nello sviluppo delle scimmie antropomorfe. Partendo da un simile modello di dinosauro realmente esistito nel Cretacico si è ipotizzato, ammettendo una tendenza verso cervelli più voluminosi, già manifesta prima che i dinosauri sparissero, che il dinosauroide avrebbe sviluppato, oggi, un quoziente di encefalizzazione di 7,1, che rientra nella gamma dei valori propri degli esseri umani. La faccia invece, sarebbe stata relativamente più piccola; gli occhi grossi e ovali, caratteristici dei dinosauri. Il collo sarebbe stato più corto in quanto sarebbe stato difficile portare un cranio più grosso all’estremità di un collo lungo orizzontale. 







La coda, non essendo più necessaria per controbilanciare il collo, sarebbe scomparsa; la pelle sarebbe munita di squame e gli arti superiori avrebbero sempre tre dita. Sarebbe presente l’ombelico, data la trasformazione da ovipari in vivipari, come i mammiferi, ma non avrebbe i capezzoli, in quanto, a differenza dei mammiferi, nutrirebbe i piccoli con cibo rigurgitato, come fanno gli uccelli. L’assenza di organi sessuali esterni continuerebbe ad essere tipica dei rettili. Il dinosauroide sarebbe oggi un animale vigoroso a sangue caldo, e sarebbe probabilmente vissuto in una comunità di cacciatori, avrebbe probabilmente avuto voce da uccello e forse anche un certo tipo di linguaggio. Il suo livello di intelligenza non sarebbe pari a quella dell’uomo di oggi, ma non si esclude una evoluzione di tale modello verso specie più evolute e intelligenti. Ma oggi ci piace correre con la fantasia dei bambini, dietro lontanissimi mondi lussureggianti di vegetazione rigogliosa e popolati da mostri in perenne lotta tra loro, forse per scaricare il nostro innato bisogno di violenza. Al limite possiamo permettere che questi esseri mostruosi turbino, di tanto in tanto, i nostri sogni, ma senza sconvolgere più di tanto la nostra esistenza. I dinosauri, comunque durante la loro lotte fratricide, non prestarono mai attenzione a tanti esseri, di piccole dimensioni, che pure proliferavano sulla faccia della terra. E sarà proprio grazie a questa fauni piccoli esseri, vissuti fino ad allora nella clandestinità, che, non appena si presenterà l’occasione, l’evoluzione avrà terreno fertile per continuare a fare il suo lavoro, questa volta in tutt’altra direzione.

43-Fiori




La frattura della Pangea e la conseguente  rivoluzione nell’assetto delle terre emerse, che prende forma durante, e subito dopo, il regno dei dinosauri, porterà alla trasformazione del  clima che diventerà più variabile, non troppo caldo nè troppo freddo, ed oscillante a seconda delle stagioni; caratteristico, insomma, di territori dove la crosta terrestre si alterna con grandi masse d’acqua. Zone dove le masse d’acqua sono poco profonde, saranno destinate, con l’aumento della temperatura e la diminuzione delle precipitazioni, a prosciugarsi dando luogo a deserti o a immensi territori dalla rada vegetazione detti savane. Nascono nuove varietà di piante, le foreste non sono più piene soltanto di alberi colonnari, dal fusto verticale: spesso sono piegati, contorti, con rami bassi. E’ una vegetazione molto più simile a quella attuale. Una vera e propria rivoluzione nel mondo vegetale permise, 100 milioni di anni fa, di dare un tocco di colore e di profumo alle zone verdeggianti del pianeta. In questo periodo infatti spuntano le prime varietà di piante munite di fiori. Il primissimo fiore che vide la luce in quelle giornate di 100 milioni di anni fa, fu molto profumato e simile ad una magnolia. 







Esso ruppe finalmente la monotonia dei colori e dei profumi, diffondendo nell’aria gradevoli effluvi diversi da quelli della resina e del muschio. Questo fiore è giunto miracolosamente fino a noi, praticamente intatto: probabilmente un incendio lo ha carbonizzato, conferendogli la durezza necessaria per rimanere integro e seppellito dai sedimenti. La funzione del fiore era quella di attirare, con il colore e con il profumo, gli insetti che si incaricarono di accelerare il processo di riproduzione portando in giro il polline prelevato all’interno del fiore. Grilli, libellule e coleotteri già facevano il loro lavoro. Più tardi anche farfalle ed api. E i dinosauri non erano minimamente turbati dalla presenza dei minuscoli e fastidiosi animaletti volanti. Piuttosto si può dire che essi delegarono il compito di insidiare la sicurezza degli insetti ai loro cugini volanti, gli uccelli. La immane catastrofe che portò alla scomparsa dei dinosauri 65 milioni di anni fa sembrò aver cancellato ogni segno di vita; per centinaia e centinaia di anni non una traccia rimase come testimonianza del recente passato. La vita sembrava scomparsa per sempre dalla faccia della terra; silenzio e desolazione erano ovunque. Ma i vegetali ricrebbero. Era questa ed è tutt’ora questa la grande forza dei vegetali: tornare a crescere, con il tempo, anche là dove morte e distruzione sembrano aver seminato il deserto. Occorreva solo del tempo. e infatti, dopo due milioni di anni le foreste avevano ripreso a vivere, e, con esse i pronipoti di quegli animali che, soprattutto per le loro piccole dimensioni, erano scampati alla immane catastrofe di fine Cretacico: animali di piccola taglia, discendenti di quei particolari rettili denominati Terapsidi.

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