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mercoledì 24 febbraio 2016



dove si parla della discesa in campo di un nuovo elemento che caratterizzerà i nuovi protagonisti di questa storia: dalle taglie più contenute ma muniti di un nuovo cervello che permetterà loro di avere comportamenti innovativi.


48-Sguardi vuoti



Dieci milioni di anni sono un periodo di tempo sufficiente per permettere un rapido sviluppo evolutivo delle masse ossee e muscolari, e passare dallo scoiattolo al rinoceronte, ma insufficiente per permettere un aumento di volume del cervello, e quindi della intelligenza. Gli sguardi vuoti di questi animali sono la prova della loro stupidità; certo la loro vita è priva di stimoli, non hanno competizione per il cibo, nè predatori che possano impensierirli e, comunque, indurre comportamenti intelligenti. Corpo massiccio, carattere pacifico, protuberanze sul capo, zampe tozze, acquartierato preferibilmente tra pozze d’acqua e terraferma, il futuro rinoceronte sarà l’animale verso cui convergeranno diverse linee evolutive che si incroceranno e sovrapporranno, permettendo in futuro anche un discreto sviluppo della massa cerebrale. E infatti d’ora in poi ci sarà un progressivo aumento di intelligenza anche negli erbivori che, pur continuando a soccombere, metteranno a dura prova le capacità dei predatori. Sarà ben poca cosa, ma la lotta per la sopravvivenza diventerà sempre più difficile e dura. Così 30 milioni di anni fa esistevano dei predatori con una tecnica di caccia che ci fa capire come i rapporti tra prede e predatori stessero gradualmente cambiando. Gli erbivori, cioè le prede, cercavano con la loro mole, di intimorire o scoraggiare il predatore dallo sferrare un attacco. Essi istintivamente sapevano di non poter avere la meglio, ma che, con un calcio ben assestato potevano sperare in una rinuncia del predatore. Il predatore, dal canto suo, dopo aver sferrato un attacco, era capace di frenare i suoi istinti e attendere che la vittima designata morisse dissanguata. Come al solito, una storia cruenta ma fa parte del gioco dell’esistenza che, per quanto crudele, è necessario e soprattutto finalizzato al proseguimento della vita. Essa si perpetua solo con il sacrificio dei più deboli, dei meno adatti, che permetteranno ai più forti di continuare sulla strada dell’esistenza.



un cervello più grande permette al tirannosauro di avere nuovi comportamenti nella caccia

 Ma la caccia stava diventando più raffinata, rivolta soprattutto ad elementi di un branco non in grado di opporre resistenza perché giovani o malati.. Oggi un leone aggredisce animali di piccola e media taglia (al massimo un bufalo), che possono essere immobilizzati e soffocati, e tralasciano le fortezze viventi della savana, come gli elefanti i rinoceronti e gli ippopotami. C’è poi il moderno sistema di cacciare in gruppo, adottato da diversi predatori moderni che rappresenta il massimo della raffinatezza in una attività come la caccia che sta alla base della sopravvivenza di ciascun essere vivente. Una escalation, quindi, nel modo di cacciare, a partire da un sistema guidato da pura e cieca violenza, per arrivare ad un sistema estremamente complesso fatto di assalti consapevoli condotti in base a precise regole, sempre finalizzate al raggiungimento dello scopo rischiando il meno possibile. Ciò denota che la evoluzione degli animali sta avvenendo di pari passo con una evoluzione a livello cerebrale, responsabile delle variazioni dei comportamenti.



49-Cabina di regia



L’evoluzione dei comportamenti degli animali, e in primo luogo della caccia, ci fa capire che la massa cerebrale sta subendo delle trasformazioni. Infatti nel cervello dove si trova la cabina di regia e dove si decide la condotta da seguire e il modo di reagire agli stimoli, stanno avvenendo trasformazioni epocali che porteranno i mammiferi ad occupare moltissime nicchie disponibili e a popolare l’intero pianeta. In questa cabina si gioca insomma il futuro dei futuri esseri che popoleranno il pianeta. Se il regista si fa più esigente, le risposte ai suoi comandi variano di conseguenza, e i comportamenti sono più complessi. I ritrovamenti fossili dei crani degli animali dimostrano che vi è stato un graduale aumento del volume del cervello, man mano che si è saliti nella scala dell’evoluzione. In realtà si tratta di un processo che ha preso inizio nel momento in cui, nella storia del processo evolutivo, presero a specializzarsi alcune cellule di forma filamentosa, di collegamento tra superficie esterna e i muscoli, capace di condurre, quasi fossero dei fili elettrici, uno stimolo in grado di provocare una reazione  da parte del muscolo. Questa reazione altro non era che una contrazione e relativo rilasciamento in grado di determinare il movimento di tutta la struttura pluricellulare. Ricordiamo che simili strutture, già abbastanza complesse, nella loro apparente semplicità, erano in dotazione, 600 milioni di anni fa, a meduse, idre e attinie che già allora popolavano gli oceani. In questi esseri viventi i filamenti nervosi andavano a formare un sistema intricato che rispecchiava la loro simmetria raggiata. Lo scopo di queste reti era senz’altro quello di fornire un coordinamento d’insieme ai movimenti. 



gangli nervosi


Con il progredire dell’evoluzione, in alcuni punti di queste fitte reti nervose si svilupparono dei cosiddetti gangli, cioè delle matasse di cellule nervose che avevano la funzione di veri e propri centri di coordinamento degli impulsi e relative risposte; essi serviranno a moltiplicare le capacità di coordinazione dei movimenti degli animali. Negli esseri viventi che affollavano i mari poco più di 500 milioni di anni fa, cominciano ad assumere importanza le matasse cerebrali in via di formazione a livello della testa. In essa, essendo la parte che esplora l’ambiente, si vanno concentrando anche gli organi di senso; vista, odorato, gusto e udito. Le forme marine che abbiamo incontrato durante il Cambriano erano quindi dotate di un cervello appena abbozzato, sotto forma di ciuffi o piccole matasse nervose. Con la Lampreda, apparsa 380 milioni di anni fa, compaiono, per la prima volta due piccoli emisferi cerebrali nell’ambito dei quali si apprezzano i primi lobi, vere e proprie aree specializzate, in particolare per la percezione degli odori . Lo sviluppo di queste delicate strutture richiedeva una scatola cranica sempre più capiente, in grado di accogliere il cervello che andava acquistando sempre maggiore importanza come centro di coordinamento. Da esso partivano le risposte agli stimoli provenienti dall’esterno, sotto forma di movimenti altamente coordinati in grado di modificare i rapporti tra animale e ambiente esterno.

50-Istinti




Nella storia degli animali, infatti, ha preso sempre più evidenza la testa, come elemento anatomico distinto dal resto del corpo, quasi per tentare di isolare la centrale, fino ad allora sede di elaborazione degli stimoli per la produzione dei comportamenti, dal resto del corpo che eseguiva gli ordini partiti dalla centrale superiore. Non sempre, comunque, ad un aumento del volume complessivo dell’animale ha corrisposto un adeguato e proporzionato aumento del volume della  massa cerebrale nascosta dentro il cranio. Ed infatti ci sono stati animali grossi e stupidi, e animali piccoli e intelligenti. La centrale presente nella testa degli animali. si è andato sviluppando anche come sede della cosiddetta memoria genetica. Il DNA di queste cellule, infatti, contiene tutte le informazioni necessarie all’organismo per vivere, Grazie a queste informazioni le cellule nervose dettano all’organismo e alle sue parti le istruzioni per mettere in azioni i meccanismi del proprio funzionamento. Il cuore batte, il rene depura, gli occhi vedono, le orecchie sentono, le unghie crescono, ogni cellula fa il proprio dovere, indipendentemente dalla volontà dell’organismo e senza averlo appreso preventivamente. Semplicemente è una memoria insita nelle cellule stesse che nascono con la capacità di fare quello per cui dalle origini si sono specializzate. Non solo ma a livello di questa originaria matassa cerebrale sono insiti anche quei comportamenti dell’individuo che si esplicano in maniera del tutto inconsapevole fin dalla nascita: il ragno tesse d’istinto favolose architetture di ragnatele; certi esseri unicellulari marini riescono a costruirsi una casa d’aculei usando frammenti di spugna; i piccoli nati dalle uova di una tartaruga marina deposte nella calda sabbia, si dirigono inevitabilmente verso il mare, dove sono destinati a vivere, affrontando un viaggio pericolosissimo; gli scoiattoli nascondono sotto gli alberi le loro provviste per l’inverno;


andare in fila indiana per le pepere è una questione di istinto


 i piccoli delle papere, poco dopo la nascita, seguono in fila indiana la madre che li guida in posti sicuri; i piccoli dei mammiferi, appena nati, afferrano i capezzoli della mamma per succhiarne il latte; gli uccelli volano; i pesci scivolano silenziosamente nell’acqua; gli animali terrestri si muovono disinvoltamente aiutandosi con gli arti. Sono tutte reazioni e meccanismi innati e vitali dell’individuo, che nessuno ha mai insegnato loro e che danno la capacità di reagire bene con l’ambiente e quindi di sopravvivere: una memoria  e un talento di vecchia data, che si è arricchito nel corso di miliardi di anni, modificandosi con l’evoluzione. Nella matassa cerebrale, oltre agli istinti, frutto di ataviche memorie genetiche, trovano posto  quegli istinti primordiali che necessitano per la sopravvivenza, come fame, sesso, aggressività, sonno, che sono delle risposte automatiche e non frutto di apprendimento, a delle domande pervenute alla matassa cerebrale dall’ambiente esterno.


51-Nuove tecniche



Con il progredire della scala evolutiva, il cervello è aumentato, oltre che di volume, anche nella sua complessità e si è affermato come centrale di comando e cabina di guida. Ogni stimolo ha sempre provocato una reazione basata sulla capacità di quell’animale di reagire come la memoria genetica gli aveva insegnato. Ma a questo punto qualcosa comincia a cambiare. E naturalmente lo si nota subito nel modo del tutto nuovo di cacciare degli animali. Adottare nuove tecniche di caccia, appena un poco più raffinate dei ciechi assalti dei predatori precedenti, richiese certamente la presenza di nuove connessioni neuronali a livello cerebrale, con la relativa formazione di nuovi centri nervosi e conseguente aumento del volume cerebrale. Infatti quello che colpisce ora, è la capacità acquisita dal predatore di porre un certo freno ai propri istinti. Esso infatti agisce all’inizio in preda ai soli istinti, ma poi adotta una tecnica di attesa sicuro che in breve tempo il grosso erbivoro si accascerà al suolo e morirà. Questo nuovo e importantissimo fattore  che si inserisce a livello cerebrale, determina, nei mammiferi un salto di qualità. Più tardi, quando i predatori saranno di piccola e media taglia le cacce verranno condotte raramente da singoli predatori, ma quasi sempre in gruppo, il che richiederà dei coordinamenti tra singoli e quindi sarà necessario attivare nuovi centri nervosi capaci di coordinare i movimenti e gli assalti anche in relazione agli altri elementi del gruppo. Di fronte a branchi di erbivori di grossa taglia sarà necessario operare una scelta della preda più facile da abbordare e colpire (piccoli o malati). Siamo senz’altro di fronte a dei comportamenti più elaborati i quali hanno bisogno, per essere attuati, di centri nervosi specifici. I crani, infatti aumentano le loro dimensioni per accogliere una massa cerebrale in espansione.




 La parte originaria del cervello, sede degli istinti  e delle memorie antiche, che per tanto tempo è rimasta nuda all’interno della scatola cranica va rivestendosi di una pellicola che prenderà il nome di corteccia cerebrale e che aumenterà progressivamente il proprio spessore. Possiamo dire che con la formazione di questa nuova porzione del cervello gli animali si fanno più intelligenti, cosa che avviene, in maniera molto graduale, grazie ad un meccanismo  innescatosi ai primi successi ottenuti da queste nuove soluzioni evolutive e secondo cui l’apprendimento di sempre nuove soluzioni determinerà un aumento delle capacità di fare, e le capacità acquisite determineranno un maggiore apprendimento. Un circolo virtuoso, insomma, che si risolverà con la nascita, di volta in volta, di esseri sempre più intelligenti che avranno, nei loro crani dei cervelli via via sempre più grandi. I due elementi che contribuiscono ad alimentare questo circolo virtuoso sono, appunto, i comportamenti innati e il fattore ambientale; infatti nella vita degli animali c’è sempre un misto di comportamenti istintivi, non appresi, e di comportamenti frutto di apprendimento e di interrelazione con l’ambiente che lo circonda, specialmente durante il primo periodo della vita.