Prima di abbandonare il complicato discorso sulle mutazioni, giova fare, un esempio concreto. Vediamo cioè, come una mutazione può provocare una malattia, ma anche come, in definitiva, questa malattia può costituire un vantaggio rispetto agli altri individui sani. Ad esempio la cosiddetta microcitemia o talassemia, una anemia ereditaria in cui l’organismo non produce abbastanza emoglobina, la sostanza che da il colore ai globuli rossi contenuti nel sangue e che permette lo scambio dell’ossigeno tra polmoni e tessuti. Nella fase embrionale due geni si incaricano di formare le due proteine di cui è composta la emoglobina. Il difetto genetico responsabile di una forma di talassemia comune nel Mediterraneo, specie in Sardegna, riguarda il gene che dirige la sintesi di una delle due proteine, la catena beta. Il DNA del gene della catena beta è fatto di 438 nucleotidi (o basi), e il difetto riguarda il 118esimo nucleotide, che normalmente è G. Una mutazione, avvenuta probabilmente in Sardegna tre o quattromila anni fa, ha provocato la sostituzione di quel G con un A. La conseguenza è che il gene della catena beta non viene più “letto” da quel punto in avanti e la sintesi della catena si arresta, per cui non si può formare emoglobina normale.
Fino a poco tempo fa in Sardegna morivano un centinaio di bambini all’anno a causa di questa mutazione che, a partire dall’unico individuo in cui ha avuto origine, si è diffusa a moltissimi abitanti nell’isola nei tre o quattromila anni successivi” Oggi a tale malattia si sopravvive grazie alle trasfusioni (con tutti i rischi che esse comportano), ma, comunque, si è visto che, in fin dei conti, una tale mutazione è risultata vantaggiosa. E’ come se si prendesse per sbaglio una strada diversa dalla solita, e poi, per caso, si scoprisse che è una scorciatoia. Nella zona del Mediterraneo esistono diversi portatori sani di tale malattia. Il vantaggio che essi hanno è quello di essere resistenti alla malaria. Un tempo la malaria era una malattia molto grave, presente in varie parti del Mediterraneo e anche in Sardegna, specie sulle coste. I portatori sani di Talassemia si trovano appunto in grande vantaggio nelle zone malariche. Dopo essere entrati nei dettagli tecnici del meccanismo che ha portato una semplice cellula a diventare un organismo completo come l’uomo, riprendiamo a vedere il processo dall’alto e a considerare le implicazioni che un tale processo, in atto ormai da diversi milioni di anni, ha comportato. L’Uomo, cioè, una volta capito il meccanismo, si domanda, ha bisogno di domandarsi il perché delle cose. Non a caso è l’essere che per ora è in cima alla scala evolutiva. Manca infatti l’ultimo tassello a questo puzzle che stiamo componendo. Il tassello più difficile da reperire e da sistemare. IL tassello iniziale, cioè quello che ci spiega come sia iniziato tutto e quale sia il significato da dare a tutto. Dopo aver dato la spiegazione ad ogni argomento oggi l’uomo si appresta a domandarsi e a trovare delle risposte sull’inizio dalle storia, alla luce della scienza e cercando se possibile dei punti di contatto con la visione religiosa.
131-Ciliegina
Prima di rispondere alle domande esistenziali bisogna fare un passo indietro. Ma un passo lunghissimo, solo per mettere per così dire la ciliegina sulla torta. Sarà un passo di diversi miliardi di anni e tutti ormai sanno quanti dovrebbero essere. Quindici o venti, come, a ragion veduta, dicono gli esperti. Proveremo cioè a vedere cosa ci sarà mai dietro quell’attimo primordiale che abbiamo descritto come una singolarità, un mondo diverso dal nostro che si trova su un piano diverso daa quello su cui si trova il nostro. Una realtà diversa dove non esiste lo spazio e il tempo. Una impresa impossibile ma che bisogna tentare per completare il discorso, per dare a questa storia un inizio e quindi un significato compiuto. Più in là ci addentreremo anche nel futuro per cercare di spiegare a cosa tende la storia, Infatti queste sono le sfide di oggi e del futuro. L’uomo, nella sua profonda intelligenza vuole assolutamente fare chiarezza e, prima o poi accadrà. Capo e coda che ancora mancano per completare questa storia delle storie difficilmente verranno rivelati, ma l’uomo, ultimo gradino della scala cosmica, può e deve provare a fare almeno delle ipotesi. ipotesi suffragate da alcune scoperte scientifiche realizzate nel secolo scorso. scoperte che fino ad ora sono state a conoscenza soltanto di una ristretta elite di scienziati. A proposito di questo strano fenomeno per cui una grande scoperta non viene mai subito a conoscenza del grande pubblico, basterebbe pensare alla scoperta della America. Quando Cristoforo Colombo fece il grande viaggio che lo portò nel nuovo mondo, e poi ne fece altri, ben poche persone vennero a conoscenza della esistenza della America in mezzo all’oceano. La cosa si verificò non solo perché all’epoca non esistevano i mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto perché cosa volete che importasse a chi viveva nel mondo di allora che un pazzo si era messo sopra una caravella e, accompagnato da altre due caravelle, si era avventurato nell’immensità dell’oceano oltre il quale, per quello che allora era dato di sapere, non c’era nulla.
Cosa volete che importasse poi alla gente di allora che questo pazzo era tornato con buone notizie, e che, spinto dalla famiglia reale di Spagna, fisse per fare il pendolare tra la Spagna e “le Indie”, ogni volta riportando indietro qualche ricordo. D’altronde la gente di allora non sapeva nemmeno che, in fondo, quel pazzo era approdato in una terra dove c’erano già stati, prima di lui, i Vichinghi e forse anche qualcun altro. Dopo circa un secolo si cominciò a parlare di un nuovo mondo scoperto da quel pazzo, anche perché altri pazzi seguirono le sue orme e cominciarono a girare per i mari alla scoperta di nuove terre, di nuove genti che fino ad allora vivevano tranquille nella propria felicità e nella propria ignoranza. Ma tutto questo accadeva in Europa e soprattutto in Spagna e in Italia nel cinquecento. Le cose non cambiarono nei secoli a venire quando si fecero sempre più fitte le scoperte e le invenzioni grazie all’intensificarsi dei rapporti con gli altri mondi e allo sviluppo del metodo scientifico. E così nel ventesimo secolo accade che eminenti scienziati scoprono cose molto importanti di fisica, chimica astronomia e altro, mentre la gente vive beata nella propria ignoranza ancora per molti anni da quelle scoperte. Fatte le debite proporzioni…nulla è cambiato.
132-Una favola
Ma prima di addentrarci nel buio dello spazio e del tempo alla ricerca di qualche luce che possa illuminare il nostro sapere è necessario quindi, ora che siamo consapevoli, fare un breve cenno a quello che il secolo passato ci ha portato in termini di progresso scientifico senza però avere quella risonanza che avrebbe meritato. Ma evidentemente si tratta di cose che poco interessano, per ora, al grande pubblico anche se oggi ci offre, forse, su un piatto d’argento una possibile soluzione a noi che siamo interessati a sapere cosa ci sia al di là del Big Bang, dando qualche risposta alle nostre domande. Parlo della fisica dei quanti, una fisica che ha già quasi un secolo. Con la scoperta della fisica quantistica e le applicazioni della cosmologia quantistica qualche idea di cosa ci possa essere in quel minuscolo, infinitesimale germe, gli scienziati se la sono fatta. Mi spiego subito ma premetto che è materia per gli addetti ai lavori ed è difficile da comprendere. Penso tuttavia che i livelli di comprensione di un argomento siano tanti e diversificati, pertanto, senza dover necessariamente andare in profondità, può essere sufficiente cercare comunque di affrontare in modo superficiale l’argomento e farsene quindi un’idea. La fisica quantistica è del tutto diversa dalla fisica classica e trova la sua applicazione nel mondo dell’ultrapiccolo, cioè a livello degli atomi. Dentro di essi gli elettroni si comportano in modo del tutto particolare e non vigono le leggi che invece sono valide in tutto l’universo, così come le avevano scoperte gli scienziati da Copernico a Einstein. La cosa interessante è che oggi si pensa che questo tipo di fisica si può applicare anche a quell’atomo iniziale, sede del futuro universo, dove esistevano le stesse condizioni esistenti negli atomi che studiano oggi gli scienziati.
Le stranezze che avvengono nell’ultrapiccolo sono tali perché diverse da quello a cui siamo abituati nel macrocosmo in cui viviamo. Il guaio, secondo me sta nel fatto che noi esseri umani pensiamo sempre di dover spiegare tutto, non solo, ma di doverlo spiegare secondo il nostro metro di giudizio, secondo la nostra logica, che, per forza di cose deve essere limitata. Ma sembra proprio che lì, ai confini del nostro mondo, nelle condizioni di spazio e di tempo infinitesime, lì dove tempo e spazio cominciano a prendere forma non sia la nostra logica a farla da padrone. Dal mondo dell’ultrapiccolo, caotico come appare a noi, avrebbe preso insomma origine il nostro mondo ben organizzato, oltre e una infinità di altri mondi, ciascuno organizzato a modo suo. Tra questi mondi non c’è assolutamente alcuna possibilità di comunicazione e di comprensione. Per ciascuno di questi mondi, gli altri non sono altro che favole. E per tutti il microcosmo che li ha generati non è altro che una favola, un mondo difficile, anzi impossibile da capire. Cerchiamo di studiare la situazione all’interno di un atomo, nel quale le condizioni dovrebbero essere le stesse di quelle che avremmo trovato nel primitivo universo nell’istante primordiale del Big Bang.
133-Stranezze
Dentro l’atomo ci siamo entrati più volte ed abbiamo visto la sua composizione. Tutto è sembrato così facile e logico: i protoni al centro con i neutroni, gli elettroni alla periferia disposti su vari strati. Ma non abbiamo detto nulla a proposito del comportamento di queste particelle e sulle difficoltà avute dagli scienziati per fare queste osservazioni. Se i protoni i neutroni e gli elettroni fossero delle pietre, noi le prederemmo in mano le gireremmo di qui e di là, ne verificheremmo la massa, il peso, la composizione e altri parametri vari per saperne di tutto, di più. Ma non scordiamo di essere di fronte a pietruzze dalle dimensioni infinitesime. L’ideale sarebbe poter ingerire qualche pozione magica. Che ci possa rimpicciolire a tal punto da essere di dimensioni idonee a prendere con le mani queste particelle subatomiche. Ma ciò non è possibile per cui ci siamo dovuti munire degli strumenti adatti per fare le nostre brave misurazioni.. E qui cominciano le difficoltà per un mondo macroscopico che non si fa i fatti suoi e va a mettere il becco in uno spazio così angusto. E’ un po’ come, anzi peggio, se volessi, indossando guantoni da boxe, prendere dei piccoli oggetti, spilli, anelli o soldatini in miniatura. Farei una strage. Nel nostro caso invece non accade nessuna strage, ma, comunque, alcune cose sono impossibili da fare. Per esempio di un elettrone non si può misurare contemporaneamente la sua velocità e la sua posizione, a causa della duplice natura. Ondulatoria e corpuscolare. Per capire ciò, bisogna immaginare che quei maledetti elettroni corrono a velocità pazzesche, schizzano di qua e di la “più veloci della luce” come si usa dire con una frase bugiarda ma ad effetto. La prima stranezza cui ho accennato avviene proprio perché è questo quello che succede quando voglio studiare una cosa che corre veloce. Immaginiamo di voler fare una fotografia che ci possa dare delle informazioni sulla moto di Valentino Rossi mentre è lanciata sulla pista di Misano a più di trecento all’ora.
Ebbene con una macchina fotografica poco sofisticata, avremo come risultato una fascia continua che altro non è che quella moto riprodotta innumerevoli volte. La moto di per se non si vede, ma si vede la sua direzione. Se invece ci muniamo di una macchina fotografica il cui tempo di esposizione sia velocissimo (frazioni di secondo) allora riusciamo ad avere la foto della moto. Una moto che, comunque sarà rappresentata ferma e nulla in quel caso sapremo della sua direzione, del suo movimento. Possiamo quindi rappresentare o una cosa o l’altra. Mai tutte e due contemporaneamente. Non solo, ma noi che cerchiamo di studiare questi elettroni dentro casa propria, con dei macchinari sofisticatissimi, cozziamo contro un altro tipo di stranezza. Pare, infatti, anzi è accertato che lì dentro la realtà esista solo se noi la andiamo a misurare, cioè pare che la nostra misurazione addirittura interferisca con la realtà esistente. Ma non nel senso che noi creiamo una certa realtà, voluta da noi, bensì nel senso che noi evidenziamo una realtà che altrimenti, cioè senza la nostra misurazione, non sarebbe evidente, ed è come se non esistesse.
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