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sabato 13 agosto 2016


Dalle prime credenze religiose alla nascita della scrittura l'uomo fa passi da gigante


71-Ultraterreno


Lo sviluppo delle diverse culture non era scritto nei geni dell’umanità; fattori esterni determinarono il diverso orientamento degli uomini che vivevano a contatto con i propri simili, si scambiavano pensieri, interagivano prendendo decisioni corali, e non più individuali; cosa che sviluppava ulteriormente la capacità dei singoli. E’ in questa fase che nasce la consapevolezza e, soprattutto, l’auto consapevolezza. L’Uomo non ha più solo un cervello, ma ha anche una mente, una autocoscienza. C’è la certezza di essere vivo, la consapevolezza della morte, la capacità di formulare un pensiero astratto, la formazione di simboli e l’uso di un linguaggio. A questo punto l’Uomo prendeva le distanze dai suoi predecessori, gli animali, essendo capace di vivere una vita “coscientemente pianificata sotto la guida di un sistema di valori”, come afferma Eccles. In questa fase iniziale, l’Uomo scopre che è utile stare insieme ai propri simili. All’interno del proprio gruppo egli soffoca gli istinti violenti perché capisce che è più produttivo, nella economia del gruppo e, in fondo, anche del singolo, rimanere coalizzati per poter essere vincenti nei confronti di altri gruppi. La nascita di questo fondamentale e primitivo valore viene datata a 60 mila anni fa, quando scoperte fatte indicano che un individuo ferito è stato tenuto in vita per due anni. 

UOMINI DI 60 MILA ANNI FA

Sembra che in questo periodo dei funerali siano stati accompagnati da tributi floreali, come rivela l’analisi dei pollini. E’ lecito comunque sperare che la nascita di questo valore sia ancora più antica, visto che cervelli come i nostri esistevano almeno 100 mila anni fa. Già a quell’epoca, pertanto l’uomo primitivo era capace di fare ragionamenti complessi, capiva cosa fosse utile, riusciva a  prevedere gli effetti di un suo determinato comportamento e, quindi, ad adeguare i comportamenti stessi a seconda dei risultati che voleva ottenere. Ciò non era frutto degli istinti primitivi, ma di un complesso ragionamento basato sull’esperienza e sulla necessità di agire perseguendo un fine prefissato. Tutto ciò portò l’Uomo molto lontano, come accadrà sempre da ora in poi. La complessità cerebrale sarà causa della nascita di nuovi stimoli, mentre nuovi e più complessi stimoli saranno causa di uno sviluppo cerebrale maggiore in termini di complessità. Il passo successivo, una volta consolidata l’esigenza e la utilità della vita di gruppo, fu quello di permettere la nascita, all’interno del gruppo, delle specializzazioni. Ogni individuo, o ogni gruppo di individui aveva una specializzazione, un compito ben preciso che andava perseguito sempre per il bene della comunità. La sopravvivenza del gruppo era pertanto assicurata solo da alcuni individui che proteggevano tutta la comunità dalle offese che potevano giungere dall’esterno. All’interno del gruppo, poi, nacque chi aveva il tempo e la capacità di “perdersi” dietro a questioni che nulla avevano a che fare con la propria sopravvivenza fisica. Nascevano così spontanee le prime domande in quegli uomini che più degli altri avevano la capacità di porsele. La risposta a queste domande poteva essere trovata solo in qualcosa di ultraterreno che qualche mente più elevata di quel tempo andava figurandosi.

72-Dogmi



Con il passare del tempo si andavano sempre più convincendo che l’ultraterreno esistesse e si manifestasse continuamente tramite i fenomeni naturali. Nell’ambito dei gruppi sempre più complessi che andavano formandosi nacque, quindi, l’esigenza di mettere ordine in queste credenze. Bisognava incanalare il sentimento religioso creando dei canoni, dei dogmi che tutti avrebbero dovuto osservare. A queste leggi avrebbero dovuto attenersi, la loro osservanza dava sicurezza a chi le osservava che si sentiva gratificato dalla supposta benevolenza degli dei, ma soprattutto dava sicurezza a chi imponeva questa cieca osservanza. Il sentimento religioso si trasformava così in religione, con le sue leggi, i suoi dogmi, i suoi libri sacri. Queste forme di religione noi le troviamo fin dai primi popoli di cui la storia ci parla. I Sumeri, gli Assiri, i Babilonesi, gli Egiziani e tutti quei popoli che prima di loro hanno popolato soprattutto la zona intorno al Mediterraneo. Erano tutti la derivazione di quei primi gruppi in cui l’Uomo si era aggregato mentre continuava a disperdersi per ogni dove e ad aumentare la propria consistenza numerica. Molto prima di queste grandi civiltà, infatti, quando la religiosità delle popolazioni era ormai saldamente incanalata nei binari di una tradizione già profondamente radicata, troviamo tracce di una religiosità complessa; numerosi sono i simboli ritrovati e datati persino 40 mila anni fa, che denotano lo sviluppo di idee di tipo religioso. Uomini vissuti in quell’epoca sono stati i primi a lasciarci testimonianze dei loro sentimenti di fronte alla morte. Non sono rari i ritrovamenti di sepolture risalenti a quel periodo e forse anche oltre. Spesso nelle tombe, a volte anche con più scheletri, si sono trovati utensili, oggetti lavorati e anche fiori. Tali inumazioni fanno parte, secondo gli studiosi, di riti che riflettono i sentimenti umani circa la vita ultraterrena. Che gli uomini vissuti più di 30 mila anni fa avessero pensieri spirituali, presagio di una religiosità più complessa di la da venire, ci è dimostrato dai numerosi ritrovamenti di sculture e di pitture eseguite sulle pareti delle caverne (specialmente in Europa). Molti studiosi sono concordi nel ritenere che tali dipinti abbiano avuto uno scopo religioso o per lo meno magico. A Lepenski Vir, una città sulla riva destra del Danubio, dove sono stati ritrovati numerosi affreschi e statuette, datate più di 40 mila anni fa, si pensa vi sia stato addirittura un centro rituale, un santuario. La località era certamente un capolinea naturale per le piste dei raccoglitori di cibo e dei cacciatori. Centri rituali fissi di questo tipo, che, si pensa, siano i precursori delle abitazioni permanenti, erano evidentemente un punto di ritrovo di alcune comunità che, ad intervalli più o meno lunghi, vi si recavano per celebrarvi riti comunitari. 

Qui si svilupparono le prime civiltà
Ultime opere di carattere religioso edificate dagli uomini prima che sorgessero le grandi civiltà che, dai Sumeri in poi, si diffusero nel mondo, sono i Megaliti dell’Europa occidentale;  questi edifici, risalenti a circa 30 mila anni fa, e le opere d’arte visiva ad essi associate, sono una muta testimonianza che erano fatti per servire al culto degli antenati ed a quello di una dea madre.


73-Bibbia




In questo periodo, che da 8 mila anni fa, con la nascita di Gerico ci porta fino alla nascita della cultura greca datata circa 3 mila anni fa, si sviluppano quelle sovrastrutture societarie che hanno il compito di sostenere, alimentare e, soprattutto incanalare quel sentimento religioso che l’Uomo si portava dentro fin da quando aveva imparato ad aver paura dei fenomeni naturali ai quali, nella sua ignoranza non sapeva dare una spiegazione plausibile. Coloro che, all’interno delle nuove società, avevano il compito di alimentare questo sentimento religioso, basato sul timore che  catastrofi potessero abbattersi sui campi, rovinando i raccolti e compromettendo il lavoro e la sopravvivenza di numerose persone, riuscirono a creare le sovrastrutture necessarie per incanalare, sui binari che la società indicava, il legittimo desiderio degli uomini di acquistarsi la benevolenza di chiunque fosse il responsabile di questi eventi catastrofici. I capi delle organizzazioni religiose trovarono risposte utili alle domande del popolo che si sentiva così appagato e poteva avere, in più, almeno la speranza di poter fare qualcosa per evitare che il proprio lavoro potesse essere vanificato dall’intervento di un Dio ostile. Le credenze popolari nascevano proprio dalla osservazione e dalle esperienze che il popolo viveva; le autorità religiose avevano il compito di raccogliere queste credenze, mettendo un pò di ordine e creando dogmi e dottrine da rispettare. Questi dogmi e dottrine erano credibili proprio perchè avevano come base le esperienze quotidiane del popolo e la sua stessa sopravvivenza, I pericoli cui era esposta una popolazione erano notevoli e andavano dalle invasioni di altri popoli, alle epidemie, alle condizioni climatiche sfavorevoli. 

scrittura sumera

Questi fattori determinavano la decisione di intraprendere nuove migrazioni per evitare una scomparsa spesso più che sicura. Le condizioni climatiche erano, comunque,  il fattore che, più di ogni altro polarizzava l’interesse di quegli antichi abitatori di terre sottoposte a frequenti alluvioni e inondazioni e che, proprio nella frequenza di questi eventi, trovavano il segreto della loro fertilità. Periodi lunghi di siccità si alternavano a periodi di profonde perturbazioni con uragani, alluvioni disastrose, piogge torrenziali, paurose inondazioni nella piana compresa tra il Tigri e l’Eufrate dove gli insediamenti erano numerosi. Lo scioglimento dei ghiacciai sui monti della attuale Turchia e dell’Iran, dovuto ai bruschi cambiamenti del clima, era causa ulteriore di inondazione dei territori sottostanti, E’ in questa ottica, ad esempio, che va letto il racconto della Bibbia sul diluvio universale e su Noè che salvò sopra una arca le specie animali che popolavano la terra: Questi racconti, dapprima tramandati oralmente di generazione in generazione, e poi messi per iscritto, parlavano alle generazioni future di episodi secondo i quali il genere umano veniva sottoposto a punizioni divine che si rendevano necessarie  a causa della sua malvagità e dei suoi peccati.


74-Tradizioni






Anche la storia di Adamo ed Eva va vista in questa ottica. La credenza popolare aveva creato questo mito secondo cui uomini che vivevano in un mondo idilliaco, venivano cacciati e costretti a vivere nella sofferenza. Infatti, per gli antichi abitanti della Palestina, regione frequentemente colpita da carestie e siccità, la vicina regione della Mesopotamia, regione fertile, ricca di acqua e vegetazione dove la terra dava grandi quantità di frutti, poteva apparire come un paradiso in terra. la Mesopotamia era stata, infatti, la culla delle prime civiltà agricole del Medio Oriente e agli abitanti dei paesi vicini doveva apparire proprio come l’Eden. La tradizione popolare diceva ancora che, alle porte di quel giardino, che si trovava ad Oriente, Dio pose dei Cherubini armati di spada fiammeggiante, per impedire  l’accesso all’albero della vita, e maledisse la terra che dava i suoi frutti spontaneamente, per punire la disubbidienza dell’uomo. Sempre in questa ottica, la spada fiammeggiante dei Cherubini può essere vista come il simbolo di un sole accecante che distrugge i campi e le foreste, e costringe l’Uomo a procurarsi il cibo con fatica. Tutto questo viene narrato nella Genesi, primo libro della  Bibbia ed è il primo esempio di mito. Seguiranno poi altri episodi e racconti di credenze popolari tramandati di generazione in generazione che davano una spiegazione mitologica di quanto avveniva nel mondo e che l’uomo si trovava quotidianamente ad affrontare. Questi racconti andarono poi a costituire l’ossatura del Vecchio Testamento, che, in futuro, il Cristianesimo adotterà come libro sacro, o testo scritto ispirato direttamente da Dio e che servirà da guida per i seguaci di quella Religione. Ma prima ancora di giungere al Cristianesimo, quelle antiche popolazioni avevano i loro miti, spiegazioni pratiche  ed alla portata di uomini comuni, di eventi naturali causati da presenze soprannaturali. 

luogo dove poter esercitare le prime forme di religiosità

Le strutture religiose non facevano altro che dare libero sfogo alla esigenza di vita interiore e spirituale che  gli uomini di allora già possedevano. Ingabbiati in strutture societarie funzionanti, dove ognuno aveva il proprio compito, non essendo più impellente il bisogno di trovare di che vivere, giorno per giorno, in quanto la società provvedeva, nel suo insieme, a tale compito, gli uomini di allora, o solo alcuni più predisposti immaginavano la presenza di un lato spirituale della vita nel quale c’era posto per credenze in esseri superiori che vegliavano sul mondo e sugli uomini, facendo sentire, ogni tanto la loro presenza da interpretare ora come approvazione, ora come disapprovazione nei confronti delle vicende umane.




75-Nuovi mondi



Prima ancora che nascessero le prime popolazioni dell’Asia sud occidentale, uomini si erano staccati da questi primitivi insediamenti per migrare verso altri territori. Come già detto molti uomini si dispersero verso i territori che oggi prendono il nome di Europa e Asia, mentre alcuni riuscirono a passare, nel corso di millenni, lo stretto di Bering per dilagare giù nelle Americhe. Queste popolazioni, che ormai avevano perso ogni contatto con i progenitori asiatici, svilupparono culture e civiltà e sè stanti fin da circa 4 mila anni fa. Ad esempio il golfo del Messico, per la presenza del mare, di corsi d’acqua e per il clima temperato fu una zona ideale per il sorgere di insediamenti. Fu da queste parti che gli uomini cessarono, 3 mila e 5 cento anni fa, di essere cacciatori e impararono a coltivare il mais usandolo come principale fonte di sostentamento. Intorno a queste coltivazioni crebbero culture e civiltà, si svilupparono e conobbero il loro declino. Quando Cristoforo Colombo giunse da queste parti ormai le grandi civiltà del Centro America erano morte e sepolte e quei marinai spagnoli ebbero modo di fare la conoscenza solo di quelle popolazione indigene sopravvissute nelle foreste e con culture molto primitive. 


Persino la flora e la fauna era molto diversa da quella a cui noi europei eravamo abituati. Testimonianze di quelle antiche ed evolute civiltà furono successivamente scoperte e ci rivelano il grande passato di quelle popolazioni. Di loro sappiamo che producevano enormi opere di architettura  e scultura, non conoscevano però la scrittura. Le civiltà del Centro America si estesero anche agli attuali Equador, Colombia e in Sud America, l’attuale Perù, dove si sviluppò la civiltà Andina che fu una delle più importanti. Di essa abbiamo numerose testimonianze. Parallelamente a queste popolazioni occidentali, anche ad oriente del Mediterraneo era notevole il fermento culturale. Si ha notizia di una cultura cinese sorta 3 mila e 5 cento anni fa. Le culture che si svilupparono nei territori dell’India e della Cina non vennero mai in contatto con le culture occidentali. Curioso il fatto che la civiltà Cinese mostri alcuni elementi di contatto con le culture occidentali di quel tempo, specialmente Sumerica, ad esempio nella struttura della scrittura. Ma comunque queste culture ebbero uno sviluppo a sè e furono caratterizzate, agli inizi, oltre che dall’uso della scrittura anche dalla coltivazione del riso, dall’uso del bronzo (2 mila e 5 cento anni fa) e dall’ allevamento del bestiame. A  proposito di ciò c’è da dire che troviamo mammiferi di grossa taglia, che l’uomo imparò a domesticare per propria utilità, solo nelle civiltà  dell’Asia Sud occidentale e in quelle orientali, ma non nelle civiltà delle Americhe. Queste ultime ad esempio non conoscevano il bue e nemmeno il cavallo. Se consideriamo pertanto il periodo immediatamente seguente al neolitico e cioè l’era in cui l’uomo iniziò a forgiare i metalli invece della pietra, dobbiamo dire che nel Vecchio Mondo l’inizio si può datare intorno ai 6 mila anni fa, nelle Americhe intorno ai 3 mila anni fa, nel mondo orientale intorno ai 5 mila anni fa.

venerdì 22 luglio 2016

Dove si parla dei progressi fatti dall'uomo, dalla creazione dei primi manufatti artistici fino alla domesticazione degli animali, la nascita della agricoltura e la fondazione delle prime città.




67-Rinascimento




Una sepoltura risalente a 23 mila anni fa; sullo scheletro del defunto sono chiaramente visibili i resti di un abito sontuoso, tempestato di perline in osso, ornato di braccialetti e di denti di volpe artica, con una banda di avorio lavorato sulla fronte. Portava pantaloni, calze e stivali, di cui si sono ritrovati i fermagli. Molte altre sepolture mostrano ornamenti analoghi, e copricapi che chiaramente non erano destinati solo a proteggere dal freddo, ma rispondevano ad un gusto estetico, e forse servivano anche a dare importanza al personaggio. 



un cranio di 23 mila anni fa




Il ritrovamento, in Israele, di un bambino sepolto con un cucciolo di cane tra le braccia, ci indica che, in questa ultima fase della età della pietra, l’uomo comincia già a domesticare gli animali. Alcuni ricercatori pensano addirittura che alcuni siti individuati non fanno pensare a semplici accampamenti di sapiens sapiens, ma a degli insediamenti assai più consistenti, forse a delle città abitate da molti individui che vi risiedevano per lungo tempo. Altri ritrovamenti, come capanne costruite con ossa di mammut, aghi in osso per cucire abiti, bottoni in avorio, strumenti musicali (un flautino in osso di uccello), statuette snodabili, ci indicano una vera e propria esplosione culturale che può essere definita come una specie di Rinascimento preistorico. Tutto ciò doveva preludere a nuove importanti rivoluzioni anche nella organizzazione sociale. Bisogna, a questo punto, aprire una parentesi per inquadrare il problema delle razze. Gli uomini e donne che oggi popolano il pianeta, sono, in definitiva, tutti discendenti da una unica donna vissuta in Africa circa quattro milioni di anni fa. L’albero genealogico di questa donna, per successive ramificazioni si è esteso dapprima in Africa, poi si è propagato nei vari continenti, dove gli altri animali e i vegetali l’avevano preceduto. Dovunque egli affermava la propria superiorità grazie alla sua enorme capacità di adattamento. Proveniente dalla calda Africa, l’uomo riuscì ad adattarsi a climi ben più diversi da quello di origine, e fu proprio la risposta a questa diversità di situazioni climatiche, sotto forma di trasformazione delle proprie caratteristiche somatiche a determinare la nascita delle razze. Infatti un uomo partito dall’Africa alla volta delle regioni artiche del nord, essendo ovviamente di pelle scura, avrebbe potuto sopravvivere ed assicurare sopravvivenza ai suoi figli solo cambiando il colore della sua pelle e adottando altri piccoli accorgimenti che ora vediamo in dettaglio. La prima regola è che dove fa caldo conviene essere di pelle scura, mentre nelle regioni dove fa freddo conviene essere chiari di pelle. La pelle scura, infatti, protegge più della chiara dai raggi del sole, compresi i più pericolosi ultravioletti. Ma queste sono le trasformazioni più superficiali e appariscenti; in realtà le innovazioni biologiche determinate dalle mutazioni genetiche e  accettate dall’ambiente, che si sono verificate, hanno determinato la formazione di diverse caratteristiche del corpo e della faccia, che fanno parte del design biologico più adatto ai vari climi.
68-Razze




Vediamo come l’ambiente possa aver favorito e determinato l’insorgenza  di quei caratteri somatici che oggi sono peculiari delle diverse razze Ad esempio in un clima caldo umido come è quello equatoriale della foresta tropicale si sono sviluppati, degli uomini caratterizzati dalla bassa statura. Infatti a causa della forte umidità si suda parecchio e il sudore evaporando produce freddo. Siccome gli uomini piccoli hanno una superficie cutanea maggiore il raffreddamento in essi avviene più facilmente. 




i pigmei sono di bassa statura


Oltre alla bassa statura altre caratteristiche sono: la testa di grandezza normale, il torace muscoloso, braccia e gambe sottili e affusolate, gambe un pò corte; l’insieme è però aggraziato, sono atletici e salgono con agilità sugli alberi. Gli occhi sono lunghissimi e il naso molto largo; anche questo è un adattamento alla foresta in quanto l’aria calda può arrivare con maggiore facilità ai polmoni. Dove il clima, invece, è freddo, è utile avere le narici piccole in modo che l’aria abbia più tempo per arrivare ai polmoni e quindi riscaldarsi. Gli occhi sono protetti da cuscinetti di grasso dentro le palpebre che riducono la fessura palpebrale: a questi climi l’individuo tende ad essere simile ad una palla, più corto e largo, grande e rotondo con una superficie minima rispetto al volume del corpo  tale de diminuire la dispersione del calore prodotto dal corpo. Accanto ai cambiamenti biologici determinati dalle differenze climatiche, sono avvenute anche importanti innovazioni culturali. La selezione naturale, pertanto, se non agisce in modo diretto, lo fa in modo indiretto. Questi due estremi nelle condizioni climatiche del pianeta (caldo umido e freddo secco), ci hanno permesso di delineare le caratteristiche somatiche di due razze ancora oggi presenti sulla terra: i pigmei e gli esquimesi. Evidentemente situazioni climatiche intermedie e ambienti diversi alle diverse latitudini e longitudini hanno portato alla nascita di caratteristiche diverse e, quindi, di nuove razze. Da quanto detto sin qui e dal fatto che in realtà tutti gli uomini esistiti sulla terra sono figli di quegli ominidi partiti dalla savana africana per disperdersi su tutte le terre emerse, si capisce che la differenza tra gruppi insediatisi nei vari punti del globo, dando origine con la discendenza alle varie razze umane, non è sostanziale ma solo superficiale. E’ un semplice adattamento della pelle e della struttura esterna alle condizioni climatiche, onde potersi proteggere dal caldo o dal freddo. Oggi, infatti, abituati a notare le differenze tra pelle bianca e pelle nera o tra le varie strutture facciali, siamo portati a credere che debbano esistere grandi differenze tra europei, africani, asiatici e così via. La realtà è che ad essere premiate dall’ambiente sono state le differenze determinate dalle mutazioni dei geni responsabili dei caratteri superficiali. Una più lunga sopravvivenza nell’ambiente ha premiato, nel corso dei millenni, quegli individui che presentavano caratteristiche più idonee a vivere e a sopravvivere in quell’ambiente. Piccolissime modificazioni hanno portato a trasformazioni superficiali che si sono trasmesse geneticamente alle generazioni successive.

69-Storia culturale




Oggi popolazioni che vivono in una determinata regione più o meno vasta, hanno tutti gli stessi caratteri somatici pur con le profonde differenze tra individuo e individuo. L’ambiente, infatti, non tollera troppa variazione individuale per caratteri che controllano la capacità di sopravvivere nell’ambiente stesso. Ma il resto della costituzione genetica non presenta differenze sostanziali. Avevamo lasciato il nostro uomo, ormai padrone del globo, non più solo cacciatore e nomade, ma anche artista. I ritrovamenti di grotte con le pareti affrescate sparse in diversi punti della terra, di statuette, sepolture e altre testimonianze di questo genere ci danno ampia documentazione di come egli sia giunto ad un elevato livello culturale e tecnologico. Si può ben dire che a questo punto è finita la storia biologica dell’Uomo e comincia quella culturale. L’uomo di questo periodo è simile a noi nei tratti somatici ed un suo neonato, opportunamente educato, potrebbe diventare un letterato, un fisico, un agente di borsa. Il suo cervello è al suo massimo sviluppo e il suo pensiero, la sua capacità di pensare non ha eguali nella scala biologica. E’ veramente l’ultimo gradino.




agricoltura nel neolitico

 A questo punto della sua storia l’Uomo, pre adattato nelle sue capacità cerebrali, ha potuto imprimere una nuova velocità ai suoi stessi cambiamenti. Non erano più necessarie invenzioni genetiche da sottoporre al vaglio dell’ambiente sperando in un adattamento che risultasse vincente e, quindi, trasmissibile alle generazioni future. Quello che occorreva, erano solo invenzioni culturali. Le invenzioni genetiche avevano richiesto tempi lunghissimi perchè basati su nuovi assemblaggi del DNA, le invenzioni culturali, invece, richiedevano tempi molto più brevi perchè basate su assemblaggi di conoscenze e di idee. Si può così arrivare in breve alla nascita di nuove organizzazioni sociali, economiche e, infine, anche politiche. Sta per finire l’età della pietra, l’Uomo inventa l’arco, nasce l’allevamento e l’agricoltura, comincia ad addomesticare gli animali, ancora per poco l’Uomo lavorerà la pietra, in attesa della invenzione dei metalli, tecnologia destinata a cambiare, ancora una volta profondamente, le società antiche. In poche migliaia di anni la storia dell’Uomo ha visto una accelerazione notevole dello sviluppo culturale e tecnologico. Con un susseguirsi di invenzioni nei campi più diversi l’Uomo ha sviluppato tutta la sua creatività. Ha inventato la ruota, la scrittura, la matematica. In pochi secoli poi è nata la stampa ed il cinema; in pochi anni, infine, la televisione, i computers e le sonde interplanetarie. Ci vollero circa 4 milioni di anni per passare dall’essere scimmiesco che camminava su due piedi, al Sapiens sapiens. Quest’ultimo, invece, giunse, in 50 mila anni, alla capacità di addomesticare gli animali. In seguito tutto avvenne con una accelerazione progressiva, a cominciare dalle prime civiltà che sorsero come aggregazione di molti uomini, fino ai giorni nostri. Finita la preistoria, cominciava la Storia.

70-Città





Cose rivoluzionarie avvennero 8 mila anni fa; l’uomo addomesticava ed allevava animali, ma, soprattutto, coltivava alcune piante producendo cibo. Fu questa la molla che spinse i primi coltivatori, che sembra vivessero nell’Asia sud occidentale, a fermarsi vicino ai campi coltivati. Quelle tribù nomadi di cacciatori, impararono che era più utile coltivare i campi, nei pressi dei quali cominciarono a fermarsi per creare i primi insediamenti stabili e, col tempo, divennero dei veri centri abitati da numerose persone e dotati di strutture fisse e durature. Scelsero posti attraversati da fiumi che potessero garantire, con la abbondanza di acqua, una più sicura sopravvivenza e la possibilità  per i campi una abbondante produzione di cibo. Fu proprio in Asia sud occidentale. presso una sorgente, all’estremità della valle del Giordano, che 8 mila anni fa sorse Gerico, considerata la prima  città della Storia. Altre città seguirono in Anatolia, Siria, Palestina, Giordania e Libano; tutte erano costruite in zone abbracciate da fiumi. Il Nilo, il Tigri, l’Eufrate, il mar Rosso furono la culla delle prime civiltà. Intorno ad essi le popolazioni crescevano rapidamente e si svilupparono culture. Sumeri, Assiri, Babilonesi, Ittiti, Egiziani si susseguirono nel corso di millenni nella fertilissima regione che si trova a cavallo tra l’Asia e l’Africa. 






prime città sumere

Popolazioni giungevano, sviluppavano la propria cultura ed estendevano il proprio dominio fin dove era possibile ed esercitavano la propria influenza fino a che non giungeva un nuova popolazione che soppiantava la precedente e sostituiva la cultura precedente con la propria. Spesso uomini di una popolazione, infatti, decidevano di abbandonare il proprio popolo per andare alla ricerca di nuovi luoghi, meno affollati, dove creare nuovi insediamenti e sviluppare così nuove civiltà. Migrazioni continue, pertanto, permettevano il ricambio delle culture e il loro sviluppo nel corso dei millenni. Come tutti sappiamo, dai libri di Storia, quelle popolazioni possedevano dei livelli di cultura molto elevati ed una tecnologia di tutto rispetto; ciascuna cultura finiva per esercitare la propria influenza anche e soprattutto dopo essere stata soppiantata da quella di un altro popolo, e così, per stratificazioni si sommavano esperienze che portavano a livelli culturali sempre più elevati. Le società avevano una organizzazione sempre più complessa. Accanto a coloro che avevano il compito di coltivare le terre e allevare gli animali, per rifornire di cibo la popolazione, vi erano coloro che avevano il compito di difendere gli insediamenti dagli assalti di altri popoli attirati dal miraggio di una zona fertile e facile da coltivare. Spesso popolazioni vicine si contendevano un canale le cui acque erano utili per l’irrigazione dei campi e quindi fonte di vita utile per la sopravvivenza degli insediamenti. L’organizzazione sociale, politica e religiosa era abbastanza complessa e costituirono le basi per le future società  greca e romana.


giovedì 23 giugno 2016

Dove si parla di come il futuro uomo, da quello pseudo scimmione che era, sia potuto diventare un artista




 63- Utensili


Naturalmente il Neanderthal non è emerso di colpo, come un fungo di notte; il suo predominio in Europa e altrove (tra i 100 mila e i 35 mila anni fa) è il punto di arrivo di un graduale processo di trasformazione. Egli è l’ultimo stadio di evoluzione di quell’homo sapiens partito dall’Africa, ma non è ancora un sapiens sapiens che, come vedremo, arriverà successivamente, sempre dall’Africa per annientare i neandertaliani e colonizzare tutto il globo. Alto sui 160 cm, una corporatura robusta e una muscolatura potente, un aspetto tozzo, una testa larga e piatta con una arcata sopracciliare molto accentuata, un volume cerebrale intorno ai 1500-1600 centimetri cubici, un grande naso, il mento sfuggente, le gote all’altezza dei canini superiori rigonfiate, incisivi molto grandi, la pelle chiara. Questo sembra sia l’identikit dell’uomo di Neandertal. Vissuto per circa 50 mila anni a diverse latitudini dell’Europa, dall’Italia fino alle aree ghiacciate del nord, in pieno tra due glaciazioni, era un uomo abbastanza evoluto che praticava la caccia ed aveva una tecnologia molto avanzata.





 Questo elevato grado di complessità tecnologica ben si rispecchia nella evoluzione degli utensili usati dall’uomo di Neandertal. La realizzazione di manufatti sempre più sofisticati, che va di pari passo con la diversificazione delle funzioni (tagliare forare, grattare) è anch’essa legata allo sviluppo della organizzazione sociale in quanto ogni nuova tecnica doveva essere trasmessa a tutto il gruppo. Così, al di la della propria funzione, con l’uomo di Neandertal l’utensile diventa un oggetto sociale. L’uso di alcuni oggetti, inoltre, denota lo sviluppo di idee di ordine estetico e religioso; in questo periodo, infatti, compaiono i primi oggetti ornamentali: pendagli fatti con oggetti di animale che venivano bucati e scanalati per poter essere appesi. La scelta dei tipi di denti, il più delle volte di animali carnivori (volpi, orsi, lupi o iene) fa pensare che gli artigiani cercassero di beneficiare delle virtù attribuite a quegli animali, Peraltro indossare simili oggetti ornamentali era forse un tratto distintivo di età, di sesso o addirittura di stato sociale degli individui. Questi uomini, così come sono stati descritti, in base ai ritrovamenti fatti i diverse zone dell’Europa, hanno incarnato a lungo quella bestialità che la nostra immaginazione considerava tipica degli uomini preistorici. Eppure le loro occupazioni di natura spirituale, i loro utensili elaborati, risultano di una abilità che certo non hanno potuto imparare senza l’ausilio di un linguaggio. Inoltre le loro tecniche venatorie ne fanno oggi, ai nostri occhi, uomini di tutto rispetto. Per giunta il loro volume cerebrale è tale da superare spesso quello medio degli uomini moderni. I ritrovamenti di numerose sepolture risalenti a questo periodo sono testimonianze dei loro sentimenti di fronte alla morte e della loro religiosità.


64-Glaciazioni



Ma come mai in questa epoca e a queste latitudini, quando ancora non è nato l’uomo moderno, troviamo un essere così evoluto tecnologicamente e spiritualmente, con una massa cerebrale così sviluppata a dispetto del suo aspetto ancora semi cavernicolo? Una possibile spiegazione potrebbe essere questa: come già accennato l’Uomo di Neanderthal è vissuto tra due glaciazioni. Le glaciazioni sono dovute ad un notevole raffreddamento climatico causato da cambiamenti dell’orbita terrestre intorno al sole e della inclinazione dell’asse di rotazione del globo; tutto ciò è amplificato da profonde modificazioni delle correnti marine polari, nonché da variazioni del tasso di anidride carbonica nell’atmosfera: Tali variazioni hanno carattere ciclico e pertanto si ripetono ad intervalli. Prima che l’Europa del nord fosse stretta nella morsa del freddo della grande glaciazione detta Riss protrattasi per 200 mila anni, già erano presenti individui con un volume cerebrale di 1200 cc e con caratteri primitivi ma in fase di evoluzione. La glaciazione Riss fu terribile, la  peggiore che l’uomo abbia mai conosciuto. Per migliaia di anni tutto il nord Europa  rimase sepolto dalla neve e dai ghiacci, la temperatura estiva scese spesso sotto lo zero, ghiacciò il  30% delle terre emerse, l’attuale Gran Bretagna fu ricoperta da ghiacciai che raggiunsero addirittura lo spessore di 2 chilometri, un ponte continentale unì permanentemente la Siberia con l’Alaska. I boschi e persino gli abeti scomparvero per lasciare il posto a steppe e tundre; oltre alla vegetazione, anche gli animali ad essa legati migrarono o morirono.







 Anche l’uomo si piegò a queste mutate condizioni ambientali, a causa della rottura della catena alimentare. Non si trovano fossili relativi a questo periodo ed infatti l’Uomo si sposta ai margini del Grande Freddo, nella tundra o nelle steppe dove vivono renne, mammut, rinoceronti lanosi. Con questo clima le abitudini di vita cambiarono; l’uso del fuoco e delle pelli divenne sempre più importante e così pure l’abilità nella caccia, in un ambiente più povero ed ostile. Tutti questi fattori, collegati insieme, richiesero più capacità di adattamento e, quindi, più intelligenza. Grazie alle sue già notevoli capacità di adattamento l’uomo riuscì a non soccombere, ma continuò ad esistere e a riprodursi restando ai margini dei ghiacciai dove le difficili condizioni  fecero, probabilmente, aguzzare l’ingegno agli uomini, alla perenne ricerca di continue soluzioni  per sopravvivere in un ambiente tanto ostile. Le glaciazioni, insomma, sarebbero diventate un fattore di accelerazione evolutiva. E questa accelerazione portò alla nascita dei primi uomini di tipo Neandertaliano così evoluto e capace di perdesi e di adattarsi nelle zone più nordiche dell’Europa lasciate libere dai ghiacciai e ripopolate dalla flora e dalla fauna. Dovettero passare, però, quasi centomila anni, che spiegano il lungo silenzio fossile relativo a questo periodo, perchè  si cominciassero a vedere i primi Neanderthal. 

65-Sapiens sapiens




Così questo uomo nuovo, plasmato dal grande freddo in modo da riuscire a popolare gran parte dell’Europa fino alle più alte latitudini, cominciò la sua avventura sulla terra che sarebbe durata, di generazione in generazione, appena 50 mila anni. Il suo declino e la sua abbastanza rapida scomparsa ebbe inizio quando l’Europa fu presa nella morsa di una nuova glaciazione (detta Wurm), che iniziò 80 mila anni fa per terminare circa 20 mila anni fa. Fu verso la fine di questa glaciazione che in  Europa avvenne, in maniera inspiegabilmente molto rapida, il cambio della guardia tra l’ultimo esponente dell’Homo sapiens e il Sapiens sapiens, uomo del tutto simile a noi per caratteristiche somatiche e per potenziale intellettivo. Il cambio della guardia che determinò la rapida scomparsa del Sapiens e la altrettanto rapida ascesa del Sapiens sapiens, trova le sue prime testimonianze nei fossili ritrovati a datati 30 mila anni fa, quando non si trovano più resti di Neanderthal, nè ossa nè strumenti, nè oggetti. I crani che si trovano dopo i 30 mila anni presentano ormai le caratteristiche tipiche dell’uomo moderno, senza più quei tratti neandertaliani che avevano contraddistinto per decine di migliaia di anni gli antichi abitatori dell’Europa. 





La necropoli di Pantalica in Sicilia dove visse il Sapiens sapiens

Sempre proveniente dall’Africa, e ancora più evoluto del suo predecessore, il Sapiens sapiens nel momento della sua partenza in territorio africano non era più un essere scimmiesco ed aveva già quel grado evolutivo conquistato dal suo predecessore. La sostanziale differenza stava nel fatto che il sapiens sapeva, mentre il sapiens sapiens sapeva di sapere. Questo nuovo essere, molto simile a noi, probabilmente era gia presente in Africa 100 o 130 mila anni fa, quando circolavano delle forme arcaiche di Sapiens sapiens, cioè individui che appartenevano al filone dell’uomo moderno. Essi avevano l’impronta della faccia, la conformazione cranica e un volume cerebrale molto simile alle caratteristiche dell’uomo moderno. Un uomo così evoluto, in grado di muoversi nel suo ambiente con autosufficienza, non poteva far altro che migrare, ed infatti lo fece a partire da circa 50 mila anni fa seguendo le orme dei suoi antenati. Dall’Africa si portò in Medio Oriente e quindi in Asia (40 mila anni fa) dalla quale successivamente si diffuse in Europa soppiantando il Neandertal. Sempre dall’Asia raggiunse 30 mila anni fa l’Australia e le terre dell’Estremo Oriente, mentre 12 mila anni fa riuscì a portarsi in Alaska, dalla quale dilagò nell’attuale Canada, Stati Uniti e America centrale e del Sud. Non dimentichiamo infatti che in questo primo periodo di diffusione del Sapiens sapiens era in corso la glaciazione Wurm la cui fine avvenne dai 20 ai 10 mila anni fa. Fu proprio la presenza di ghiacci alle basse latitudini con relativo abbassamento del livello dei mari che permise al nostro uomo di raggiungere l’Australia, il Giappone e altre terre che poi saranno circondate dal mare. Ma soprattutto questo fu il motivo che gli permise di attraversare lo stretto di Bering, allora perennemente ghiacciato e dilagare nelle Americhe.

66-Artisti




Sembra comunque che già allora  il nostro uomo fosse capace di navigare, usando primitive imbarcazioni, che furono sufficienti a percorrere il breve tratto di mare che allora separava l’Asia dall’Australia e dal Giappone. Questi uomini, durante la loro conquista del pianeta, si sostituirono alle primitive popolazioni, dove ancora esistevano, cancellandole geneticamente. Non si sa bene se questa sostituzione avvenne in tempi brevissimi tramite una eliminazione fisica violenta, oppure se l’uomo moderno si sia sostituito al sapiens tramite un più lento processo di competizione legato ad una selezione naturale  che favorì il nuovo essere a scapito del primo. Infatti anche se il Sapiens aveva già acquisito quello stadio evolutivo che abbiamo visto, la sua tecnologia era ancora abbastanza rudimentale. Il Sapiens sapiens aveva, invece,  una tecnologia senz’altro più avanzata e vincente. Egli era capace di pescare e navigare oltre a possedere tutte le capacità già acquisite dai suoi progenitori. Quello che sorprende di più in questi individui, tutto sommato ancora molto primitivi, è la presenza di notevoli capacità artistiche. Risalgono ad epoche in cui quest’uomo popolava la terra gli affreschi di notevole precisione e singolare attinenza alla realtà quotidiana lasciati sulle pareti interne di alcune caverne e ritrovati recentemente. E’ il caso dell’immagine di un cavallo scolpita 17 mila anni fa in una grotta e scoperta per caso solo nel 1940. Un affresco in cui ingegnose tecniche sono state usate per conferire al soggetto un senso della prospettiva incredibile e inaspettato. I reperti che affiorano nei luoghi in cui il sapiens sapiens viveva diventano sempre più abbondanti e ricchi. Nelle grotte si trovano ossa, strumenti, oggetti, decorazioni e persino sculture. Famoso è il ritrovamento di una statuetta che può essere considerata come il primo ritratto a tre dimensioni del sapiens sapiens, fatto in un campo vicino a Dolni Vestonice, una città della ex Cecoslovacchia.






 Questa statuetta scolpita 26 mila anni fa nell’avorio di un mammut, raffigura la testa di un uomo, Il viso è di tipo nordico, oggi potremmo scambiarlo per un russo o uno svedese, con lunghi capelli lisci,due occhi di taglio allungato molto espressivi, larghi zigomi e una forte arcata sopracciliare. Famose anche le “veneri” statuette di argilla o avorio raffiguranti corpi femminili, a volte solo abbozzati, con forme spesso giunoniche. Numerose sepolture ritrovate nell’Europa del nord ci indicano come questo nostro diretto progenitore fosse in possesso di un elevato livello culturale. In effetti il loro cervello non differisce gran che dal nostro. Mancano solo gli stimoli esterni che oggi abbiamo a iosa ma a quel tempo ovviamente scarseggiavano o erano nulli. C’erano ovviamente degli individui con una intelligenza superiore alla norma che evidentemente erano gli autori di queste opere giunte, per fortuna fino ai giorni nostri.


lunedì 23 maggio 2016

dove si parla dell'Homo sapiens che se ne va in giro per il mondo e, mentre conquista sempre nuovi territori, trasforma se stesso


59-Primi passi






I paleontologi sono oggi sicuri nell’affermare, in quanto sono state fatte scoperte che non lasciano adito a dubbi, che i primi ominidi deambulanti con due piedi fossero vissuti circa  4 milioni di anni  fa in una zona a sud nel parco del Serengeti in Tanzania nel cuore della Savana Africana. Era il 1978 quando alcuni paleontologi scoprirono nel terreno, le impronte fossili di esseri bipedi del tutto simili a quelle dell’uomo di oggi. Siamo a Laetoli e queste impronte, arrivate fino a noi perché impresse su un alto strato di cenere vulcanica e successivamente ricoperte da altra cenere, sono importanti in quanto ci mostrano che a quel tempo esistevano già esseri perfettamente bipedi. Da queste impronte si deduce che il modo di camminare di questi ominidi era del tutto simile al nostro, con gli stessi punti di appoggio e l’arco plantare  sollevato, l’alluce allineato e non divaricato. Dalla lunghezza della falcata dei passi e dalla profondità delle orme stesse, se ne deduce che si tratta di due ominidi di 130 cm di altezza che procedevano l’uno dietro l’altro. 




Da altri ritrovamenti fatti in zona si capisce che , se lo sviluppo dell’apparato locomotore era già molto avanzato, non altrettanto si può dire del cranio e quindi della massa cerebrale. Sembra infatti che gli ominidi di Laetoli avessero un cranio molto scimmiesco e con un volume cerebrale molto piccolo, se paragonato al nostro. Siamo comunque appena all’inizio della nostra storia e sembra proprio che sia questo il luogo dove il nostro uomo ha mosso i primi passi. Nella Savana quell’essere  cominciava la sua lenta trasformazione verso forme più evolute. Intanto sbarcava il lunario cercando di sopravvivere, si riproduceva e, come facevano gli animali prima di lui, si spostava in continuazione alla ricerca di posti più sicuri e comodi dove sostare. Poiché le trasformazioni che avvenivano in lui erano vincenti e le sue caratteristiche gli permettevano di primeggiare nella rivalità con gli altri animali, il numero di questi esseri aumentava a dismisura ed era logico che essi popolassero territori sempre più lontani. Uscirono dalla Savana e si dispersero verso terre nuove e ignote. Nel compiere queste migrazioni egli si serviva soprattutto dei corsi d’acqua; infatti era soprattutto intorno alle zone bagnate da un corso d’acqua che viveva perché da questa era facile trovare sostentamento. Camminando lungo i fiumi dell’Africa era logico che prima o poi giungessero sulle rive di quella immensa massa d’acqua che è il Mediterraneo. Allora l’uomo non sapeva ancora andare per mare e per questo si sparpagliò lungo le rive migrando soprattutto verso destra andando a popolare alcune zone dell’Asia. Alcuni risalirono, a sinistra i territori che oggi sono della Spagna e della Francia e così via verso il Nord. Le migrazioni, così imponenti, erano consentite dal fatto che essendo un essere vincente,  poteva aumentare di numero in pochissimo tempo.
60-Migranti





L’Europa e l’Asia erano ormai popolate, o per lo meno lo erano i punti che erano più accessibili e permettevano una più facile sopravvivenza. Era diventato il padrone di buona parte della terra, ma non lo sapeva; ogni uomo viveva nel suo  piccolo gruppo e non aveva coscienza della provenienza dei suoi antenati. Durante queste migrazioni l’uomo si evolveva, si adattava agli ambienti che andava occupando e, dovunque, sottometteva ogni altro animale. Scopriva anche che, dove era freddo, bastava coprirsi con la pelle degli animali uccisi, per riscaldarsi. Scopriva che per ripararsi dalle intemperie, poteva costruirsi un rifugio. Ogni cosa che scopriva era un passo avanti verso il futuro. E’ necessario a questo punto spiegare come avvenivano queste migrazioni che, nel corso dei millenni,  hanno portato l’uomo ad estendere la sua ingombrante presenza  su tutte le terre emerse. Certo quegli ominidi che vivevano quattro milioni di anni fa in Africa e le loro successive generazioni non sapevano che stavano compiendo, passo dopo passo, degli spostamenti enormi. Essi andavano dovunque ci fosse la possibilità di trovare cibo e acqua; ed infatti si stabilivano prevalentemente lungo i corsi d’acqua e non era raro che ciascuna generazione rimanesse lì nei paraggi senza spostarsi gran che. Ma questi piccoli spostamenti, sommati per l’enorme numero di generazioni, risultavano essere molto consistenti. Se è vero che, per esempio, dal lago Turkana fino ad uno dei siti più antichi di Uomo eretto in Cina, 






vi sono quattordici mila chilometri da percorrere, è anche vero che, facendo solo cento metri al giorno, quella distanza si può percorrere in cinquecento anni. E’ certamente un discorso teorico, ma se si tiene conto che tra l’Uomo eretto africano e quello asiatico ci sono ottocento mila anni di differenza, si vede bene come ci sia stato tutto il tempo perché questi spostamenti potessero realizzarsi. Ma perché l’Uomo eretto si sposta? visto che lo fa senza saperlo, senza un preciso scopo, né per andare alla ricerca di nuovi mondi? I suoi viaggi erano semplicemente la somma di piccoli spostamenti legati alla casualità, alla ricerca di cibo e all’inseguimento di branchi di animali che si muovevano a causa di variazioni climatiche. Non solo, ma all’interno di quei gruppi di ominidi che andavano divenendo sempre più numerosi, si potevano generare delle conflittualità, per cui la caccia diventava più difficile e quindi più difficile reperire cibo. Alcuni del gruppo  capivano, allora, che era necessario allontanarsi, per trovare posti meno affollati dove la caccia e la ricerca del cibo non fosse ostacolata. Sebbene fosse necessario stare in compagnia per poter meglio sopravvivere, il numero di elementi del gruppo era necessario che fosse limitato in  modo che le bocche da sfamare  non fossero troppe.



61-Linguaggio




Tutte queste decisioni che gli ominidi erano in grado di prendere durante i loro spostamenti, erano dovute senz’altro al fatto che il loro cervello stava diventando via via sempre più complesso. E’ la prima rudimentale forma di intelligenza, un tantino diversa da quella degli animali, arricchita da quella capacità di essere autonomo dal gruppo e dall’ambiente, se le condizioni lo richiedono. La continua comunicazione di esperienze e la migliore organizzazione del gruppo consentivano all’uomo di prendere delle decisioni corali. In questa fase in cui la lotta per la sopravvivenza mette a dura prova le capacità dei singoli e del gruppo l’uomo non fa altro che utilizzare nella maniera più conveniente, la massa cerebrale, la quale  aveva conosciuto un notevole aumento fin da un’epoca remota che va da 700 a 230 milioni di anni fa. Per poter parlare di intelligenza nei termini in cui si è andata sviluppando negli ominidi, non era sufficiente avere una massa cerebrale notevole. 





Piuttosto era in gioco una questione di proporzioni tra varie zone del cervello; come è noto, infatti singole aree cerebrali presiedono a specifiche funzioni, ed è logico che lo sviluppo di una determinata zona porterà ad  una evoluzione della funzione presieduta da quella zona. Nei nostri ominidi cacciatori, lo sviluppo dell’intelligenza è andato di pari passo con lo sviluppo di quello strato esterno che si chiama corteccia, ed in particolare di quelle zone della corteccia che presiedono alle attività associative.Naturalmente gli esseri con maggiore intelligenza riuscivano a sopravvivere qualche anno in più rispetto agli altri, e ciò voleva dire procreare qualche figlio in più, o proteggere più a lungo la prole; il che significava rendere vincente un carattere genetico. L’uomo, utilizzando il cervello come arma di sopravvivenza, si trovò ad un certo punto a superare un limite oltre il quale l’intelligenza diventava un fattore di selezione, che doveva portare ad un rapido sviluppo delle qualità mentali.  Sembra che già 3 o 4 milioni di anni fa, con la nascita del bipedismo, sia iniziato quel processo di riorganizzazione dello strato esterno del cervello e di quelle aree destinate a svilupparsi quantitativamente e qualitativamente. Una trasformazione importante che ha portato poi alla acquisizione di un’altra arma è quella avvenuta a carico delle zone cerebrali sedi della formazione del linguaggio. Lo sviluppo di diverse zone cerebrali in vari stadi evolutivi ha determinato la formazione di un sistema in grado di presiedere  la funzione del parlare. Questa funzione comprende diverse fasi che vanno dall’intelligenza all’emotività, dalla capacità di codificare e di trasformare le parole in impulsi motori all’adattamento meccanico della laringe e delle corde vocali, Insomma, così come per arrivare alla stazione eretta è stata necessaria la graduale trasformazione di una serie di parti del corpo, analogamente per arrivare al linguaggio è stata necessaria una graduale trasformazione di una serie di parti del cervello e di taluni sistemi collegati, come appunto l’apparato vocale.
62-Neanderthal



Esiste infatti un’area del cervello, detta area di Broca che coordina i nervi che fanno muovere i muscoli della bocca della lingua della faringe. Questo centro è un po’ come il burattinaio che tira i fili sottostanti, facendo muovere come una marionetta tutto l’apparato vocale che produce i suoni. Un’altra area detta area di Wernicke è responsabile invece della organizzazione delle frasi dei discorsi, le grammatiche e i significati. Quindi da un lato c’è la creazione di idee, di pensieri di strutture di linguaggi, dall’altro la codificazione di queste idee in segnali motori che fanno agire l’apparato vocale. Questo apparato così complesso, ha preso a funzionare in maniera molto graduale, ed è stato un fattore molto importante  in quel processo evolutivo che doveva portare gli ominidi cacciatori a diventare esseri dotati di tutte le caratteristiche di un uomo moderno. E’ chiaro che l’utilizzo di un sistema di comunicazione interpersonale come il linguaggio fu una carta vincente per l’evoluzione dell’uomo; carta che in questa fase poteva utilizzare per comunicare, sia pure in maniera embrionale e abbozzata, con gli altri elementi del gruppo durante le battute di caccia. Potersi parlare,  capire le intenzioni dell’altro, significava  mettere in pratica quelle strategie necessarie per una caccia più proficua. E’ chiaro, pertanto, che quegli uomini che erano maggiormente in grado di utilizzare questa nuova tecnica risultavano vincenti e trasmettevano alla loro discendenza questo carattere genetico vincente. Come già detto, c’era una cosa che l’uomo faceva inconsapevolmente: i suoi spostamenti che, con gli anni e con il passare delle generazioni divennero sempre più consistenti, tanto che, ad un certo punto si trovò a varcare i confini della attuale Africa, per dirigersi, sempre cacciando e adeguandosi agli ambienti in cui si stabiliva, verso nuove ed ancora inesplorate terre. Nel giro di tre milioni di anni, la nostra storia comincia a cambiare scenario. Dopo questo lungo periodo di tempo, infatti, periodo fatto di continue e inconsapevoli migrazioni, cominciamo a vedere i primi uomini in Europa e in Asia. Qui gli ominidi, sotto l’influenza del clima più freddo, andavano assumendo connotati diversi da quelli dei loro progenitori africani. 





La pelle diventava più chiara per una minore necessità di difendersi dai raggi del sole che qui erano meno forti. Ormai il nuovo essere aveva colonizzato in un tempo enorme (tre milioni di anni) quasi tutta l’Asia e l’Europa. raggiungendo un livello abbastanza elevato di cultura e organizzazione sociale. Era questo l’Homo sapiens, l’essere più intelligente della terra. Questa trasformazione verso uomini sempre più evoluti avviene contemporaneamente tra 400 mila e 100 mila anni fa in Africa, dove, come vedremo, darà origine all’uomo moderno, e in Europa dove assistiamo all’ascesa, al trionfo e alla scomparsa dell’uomo di Neandertal. Quest’uomo nuovo, abbastanza simile per caratteristiche somatiche all’uomo moderno, e molto lontano da quello scimmione che viveva sugli alberi, possedeva già un notevole volume cerebrale ed era quindi abbastanza evoluto.

venerdì 29 aprile 2016


dove si parla della comparsa dell'uomo sulla terra e del complesso processo che ha dato luogo alla sua nascita graduale


55-Salto di qualità




L’evoluzione che prima era esclusivamente di tipo genetico, divenne così anche di tipo culturale; i due tipi di evoluzione presero ad influenzarsi a vicenda, imprimendo una velocità ancora maggiore ai cambiamenti responsabili del progresso del processo evolutivo. Saranno proprio i cambiamenti di tipo culturale a determinare il nuovo salto di qualità che permetterà ad una particolare linea evolutiva, quella dei primati, di imboccare la strada giusta per future ed importanti trasformazioni dell’organismo. Un ulteriore aumento della massa cerebrale e l’acquisizione di nuove trasformazioni anatomiche, una diversa postura, trasformazione delle masse muscolari e scheletriche, con relativi atteggiamenti e modi di rapportarsi con l’ambiente e con i propri simili, Tutti questi processi si verificarono qualche milione di anni anni fa. In una zona abbastanza circoscritta dell’Africa, esisteva una grande varietà biologica. C’erano animali della stessa specie che presentavano spesso diversità in alcuni particolari del loro corpo. A carico degli esseri allora più intelligenti, le scimmie. C’era un particolare tipo di Primati, che già aveva una postura tutta particolare, e diversa dalle altre scimmie esistenti sempre nella zona. Queste scimmie camminavano per lo più a quattro zampe ma lo facevano con difficoltà in quanto avevano degli arti posteriori più lunghi di quelli anteriori. Anche rispetto alle altre scimmie essi erano diversi. Camminando a quattro zampe presentavano la parte posteriore più rialzata rispetto al resto del corpo. Per questo motivo veniva loro naturale alzarsi spesso in piedi e fare dei passi dapprima piccoli, poi sempre più decisi, con il corpo alzato e gli arti anteriori penzoloni.



 Da questi esseri, grazie ad alcune trasformazioni radicali dell’ambiente in cui vivevano, non più giungla ma savana, e grazie al fatto che quel nuovo ambiente era loro congeniale, si sviluppò gradualmente un essere nuovo e mai visto prima, l’Uomo che resterà l’ultimo gradino della scala evolutiva fino ad oggi. L’unico essere che sia stato in grado di raggiungere uno stadio così elevato da non temere la concorrenza di altri animali. Questo nuovo essere non avrà rivali. Il suo successo, basato non più sulla semplice forza, come nel caso dei dinosauri, ma sulla intelligenza, sarà planetario ed indiscusso. Le capacità acquisite gli permetteranno di primeggiare nei confronti di tutte le altre specie, di sottometterle e di affermare in maniera sempre crescente la propria superiorità


56-Uomo



La  comparsa dell’uomo non è certo avvenuta dall’oggi al domani; c’è stato un lungo periodo di tempo in cui le foreste andavano popolandosi di ominidi, e cioè di esseri che somigliavano molto ai primati, ma che cominciavano ad avere i caratteri somatici del futuro uomo. Solo con la conquista della posizione eretta il nuovo essere aveva qualche chance in più di poter sopravvivere nel suo ambiente. L’espediente che egli usava non era quello della forza o della mole del suo corpo. Egli  ora si serviva della sua agilità; correva a due zampe e aveva soprattutto gli arti superiori liberi per portare con sé qualsiasi cosa potesse servirgli per recare offesa ai suoi nemici. Si arrampicava sugli alberi e usava gli arti superiori per prendere, lanciare, afferrare e tante altre azioni che potevano permettergli di combattere e lottare anche senza fuggire, anzi, addirittura inseguendo animali più grandi e più forti di lui.





Con la conquista della stazione eretta, numerose trasformazioni avvennero nel suo corpo, infatti un adattamento di questo tipo,  che non deve essere avvenuto in tempi brevi, richiese una serie di trasformazioni combinate, non solo del piede, ma di tutta l’architettura ossea. La caviglia, l’anca, il bacino, le vertebre, presero una conformazione idonea a permettere il nuovo (e alquanto buffo) sistema di procedere; il cranio aveva ancora caratteristiche scimmiesche, ed anche la sua capacità cerebrale era molto inferiore alla nostra. Da ciò si desume che questo essere non si sia alzato per poter avere le mani libere e poter usare utensili, in quanto la sua intelligenza era ancora  molto primitiva. Questa sarà una qualità che, acquisirà successivamente. Questo suo nuovo modo di procedere ebbe  influenza anche su notevoli modificazioni corporee a carico dei muscoli, delle articolazioni, del contenimento degli organi, del pompaggio del sangue al cervello, del sistema circolatorio e così via. Basti pensare al ridimensionamento dei muscoli del collo e quindi delle creste ossee delle vertebre cervicali che non avevano più il compito di sostenere la testa che, ormai si era spostata per rimanere come in equilibrio sulla colonna vertebrale. Basti pensare alla trasformazione del bacino, diventato, appunto, come una bacinella per poter contenere i visceri che avevano cominciato a pesare a causa della forza di gravità. Basti pensare al piede che deve sopportare tutto il peso del corpo e dove l’alluce, non avendo più funzione prensile, come nelle scimmie, si è riunito alle altre dita per poter assumere la funzione di spinta nella marcia e nella corsa. E’ evidente che tutti questi cambiamenti non possono essersi prodotti all’improvviso. Non è possibile, cioè, che, per una mutazione casuale, sia nato un individuo che, invece di camminare a quattro zampe abbia cominciato a camminare eretto.


 57-Bipedismo


Praticamente si tratta, di vere e proprie mutazioni genetiche che si sono accumulate per creare nel tempo un insieme di strutture armoniche e funzionali. Quello che rimane ancora oscuro è il motivo per cui questi esseri hanno subito una trasformazione così radicale; non si sa ancora quale sia stato il movente di un tale cambiamento. E’escluso che ciò possa essere avvenuto per dare loro la possibilità di usare le mani per manovrare gli arnesi. Il suo cervello era ancora troppo piccolo per inventarsi una rivoluzione culturale di tale portata. Questa semmai sarà stata una conseguenza, e non la causa, del bipedismo. Visto poi che il bipedismo è chiaramente poco conveniente, dal punto di vista energetico, rispetto al quadrupedismo, deve, per forza esserci stato qualche altro tipo di vantaggio, a proposito del quale le teorie avanzate sono molteplici ma difficilmente dimostrabili. Siamo nella savana africana, 2 milioni di anni fa. Un essere piccolo e dal corpo massiccio, cranio appiattito, faccia lunga e prominente, orbite grandi e rotonde, naso largo, dentatura voluminosa, si aggira alla ricerca di cibo. L’aspetto è brutale, il corpo vigoroso e pesante, la testa ossuta, le mascelle robuste. Esiste ancora una supremazia delle funzioni puramente vegetative e bestiali su quelle cerebrali. Egli non è solo, vive in gruppo, passa la notte sopra gli alberi dove si sente più al sicuro; all’alba, afferrandosi ai rami, comincia una lenta e circospetta discesa verso il terreno.





Il gruppo di ominidi si muove circospetto, spostandosi agilmente su due piedi, guardandosi continuamente intorno. Essi comunicano tra loro con brevi messaggi che vanno da un individuo all’altro. Non è un linguaggio articolato, ma vi è già un coordinamento nei suoni. La pelle di questi ominidi è di colore scuro, per proteggersi dal sole della savana; il viso, come l’intero corpo, non appare coperto di peli ma è piuttosto glabro. A  poca distanza dagli alberi c’è un lago al quale si avvicinano per bere. Alcuni lo fanno chinandosi ed immergendo le labbra nell’acqua, altri usano le mani come coppette. Tornati sotto gli alberi, prendono a raccogliere bacche dagli arbusti, frutti e tuberi; con una mano tengono stretto al petto il raccolto, con l’altra raccolgono il cibo. Alcuni si allontanano dal gruppo e vanno alla ricerca di altro cibo; dopo poco si imbattono in una carcassa di animale ucciso ma già quasi completamente spolpato. Ma non si perdono d’animo: cominciano a spaccarne le ossa per estrarne il midollo. Usano delle pietre che precedentemente hanno scheggiato  ottenendo un bordo tagliente. La mano di questi ominidi é ancora primitiva, però le sue ossa  rivelano una presa potente, anche se non precisa. Lo sviluppo successivo della massa cerebrale, consentirà una innervazione e quindi una elaborazione dei movimenti più ricca. Ma ecco un’altra carcassa, alcune iene e sciacalli stanno cominciando a farla a pezzi. Con urla, bastoni agitati in aria, lancio di sassi, mettono in fuga gli altri animali;  eccitati incominciano a  strappare pezzi di carne e a tagliare tendini servendosi di schegge taglienti ricavate  da pietre. La preda viene smembrata e in parte mangiata, ma soprattutto si portano via i pezzi di carne per il resto del gruppo.



58-Giornata tipo




Seguiti a distanza dalle iene gli ominidi si incamminano con carne, ossa, qualche tubero e poche uova tra le braccia. Quando avviene il ricongiungimento con il resto del gruppo sono tutti molto eccitati alla vista di quella caccia così fortunata. Urla, grida e scambio di messaggi gutturali. Tutto il cibo raccolto viene spartito tra i vari componenti del gruppo; questa è una cosa inedita per i primati e spiega uno dei segreti del successo di questi ominidi, quello appunto della cooperazione. Quando il sole sta per tramontare e il cielo si tinge di rosso, il gruppo si avvia a risalire sugli alberi e pian piano si affievolisce quel vocio che ha accompagnato ogni attività di questa arcaica umanità. Forse tra qualche giorno cambieranno zona alla ricerca di nuove fonti di cibo e nuovi alberi su cui dormire. Una giornata tipo di un gruppo di ominidi di 2 milioni di anni fa ci ha mostrato come quello strano scimmione avesse in realtà gran parte delle caratteristiche della specie Homo; la sua vita in comune, il suo nuovo modo di raccogliere il cibo e, soprattutto la cooperazione con gli altri elementi del gruppo, forse ce lo fanno sentire più vicino a noi. Sono passati ormai 2 milioni di anni dopo l’emergere del bipedismo e solo ora quello strano scimmione comincia a prendere sembianze e caratteristiche più vicine a quelle dell’uomo moderno; solo ora la lenta trasformazione delle mani, gli permette di attuare la prima importante rivoluzione tecnologica della Storia. L’uso degli strumenti, dopo averli egli stesso creati, permise loro di sviluppare ulteriormente l’ intelligenza e di cominciare ad agire sull’ambiente. Soprattutto l’uso della pietra voleva dire spaccare ad esempio le ossa degli animali senza aver bisogno di mascelle potenti; voleva dire scavare nel terreno, per estrarre radici e tuberi, senza aver bisogno di unghie possenti. E’ a questo punto che cominciano le pressioni selettive basate non più sulle qualità fisiche ma su quelle cerebrali.








 Non contano più la forza e la velocità, ma contano sempre più l’invenzione, il linguaggio e il comportamento. I caratteri del suo corpo stavano diventando vincenti e permettevano al nostro uomo una sopravvivenza più duratura perché alla agilità si sommava l’abilità. Lavorava di fino con quelle mani, creava oggetti, plasmava la creta, scheggiava i sassi battendoli l’uno contro l’altro, si costruiva tutto quello di cui aveva bisogno per difendersi e per offendere. Aveva, insomma diverse armi per procurarsi il cibo e quindi per vivere. Tutto ciò non faceva altro che aguzzare il suo “ingegno” se così si può chiamare. E’ qui che si inserisce un nuovo elemento nella storia evolutiva dell’Uomo. Egli capì che sarebbe stato più facile sopravvivere stando in un gruppo, piuttosto che stando da solo. E’ questa la fase in cui l’Uomo si diversifica totalmente dagli animali, con la graduale formazione di una coscienza. Man mano che il suo cervello aumenta la complessità delle interconnessioni neuronali, sotto l’impulso degli stimoli derivanti dalla sua lotta per la sopravvivenza, egli acquisisce una coscienza di sè, della propria  esistenza, di quello che andava facendo.


vorrei a questo punto fare una riflessione sul perchè questi avvenimenti si verificano proprio lì in Africa e non altrove e allora.... buona lettura




Perché proprio lì



Vi siete mai chiesti perché, sui libri di testo, la Storia parte sempre dallo stesso punto, da quella regione detta Mesopotamia, o terra tra due fiumi? Tanto grande è il mondo eppure la storia comincia sempre là, dove oggi c’è il martoriato Iraq, con Sumeri, Assiri, Babilonesi e prosegue poi con gli Egiziani fino ad arrivare ai Greci ed i Romani?. Perché tutto è iniziato da li? Questo mi sembra che i libri non lo hanno mai detto e continuano a non dirlo. Danno sempre per scontato che quella sia stata la culla delle prime civiltà, e poco o nulla dicono sul come e perchè l’uomo si sia trovato da quelle parti. Due notizie sull’uomo delle caverne e delle palafitte ed è tutto. Diecimila anni fa, praticamente ieri, un uomo che sostanzialmente era molto simile a noi ed era già in grado di organizzarsi in società abbastanza complesse e funzionali si trovava da quelle parti e fece quello che fece. In realtà quest’uomo si trovava da quelle parti perché i suoi antenati venivano dalla vicina Africa. Ma la domanda è sempre la stessa. Perché proprio da lì e non da un’altra zona? Perché proprio dall’Africa? La risposta viene da sé se ci muniamo di un mappamondo dove siano ben disegnati mari e continenti. Da esso si può capire che era quello il luogo più adatto dove i mammiferi, che si trovavano allora sul gradino più alto della scala evolutiva, avrebbero potuto dare origine a delle forme di vita ancora più evolute. Dunque sembra che sia tutta una questione di probabilità. Semplicemente, il posto dove è nato l’uomo era quello dove era  più probabile che nascesse. Andando, infatti, dai poli verso l’equatore, cambia il clima che da freddo secco diventa caldo umido. Con il clima ovviamente cambia anche la vegetazione. Dove fa freddo ci sono per lo più la tundra e la steppa, mentre all’equatore ci sono le foreste. E comunque dove c’è più vegetazione ci sono più erbivori e dove ci sono più erbivori c’è più opportunità di cibo per i carnivori. Insomma in pochi chilometri quadrati ai tropici c’è più vita che in tutta la tundra e la steppa messa insieme. Era logico che dove c’era più possibilità di vita ci fosse anche più possibilità che si evolvesse la specie umana. Tra i mammiferi che allora popolavano la terra e in special modo quella fascia a cavallo dell’equatore, c’erano le scimmie, strani esseri, diversi da molti altri mammiferi e dotate di una certa intelligenza, che finiva per sopperire alla loro scarsa forza. Viveva in gruppi non molto numerosi che erano regolati da  una certa organizzazione societaria. Le varietà scimmiesche erano tantissime, ciascuna con delle piccole variazioni a carico del corpo. Per chi ha presente il meccanismo che sta alla base della evoluzione è proprio la grande varietà che permette alla evoluzione stessa di andare avanti. C’era un tipo di scimmia, tra le tante, che aveva un particolare nella loro conformazione che risultò vincente, avevano, cioè, gli arti inferiori molto più lunghi rispetto a quelli superiori. Un errore di copia del patrimonio genetico, detto mutazione che però risultò vincente. Era chiaro, infatti, che con quella differenza in lunghezza tra arti anteriori e arti posteriori a queste scimmie risultasse difficile camminare a quattro zampe, come tutte le altre scimmie e tutti gli altri mammiferi.
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Ma questo particolare non sarebbe mai stato sufficiente per fare il grande balzo in avanti. Anche per questo passaggio evolutivo ha avuto grande importanza l’ambiente. Allora siamo in Africa due milioni di anni fa, e nel periodo in cui le scimmie si evolvono in omimidi si stanno verificando tutta una serie di modifiche ambientali. Il clima in quel punto sta cambiando, si asciuga e diventa più arido. In precedenza c’era stata una grande espansione delle foreste tropicali, grazie al clima umido. Ora questa espansione si arresta e le foreste si frammentano, lasciando qua e là il posto alle praterie erbose. Tutto ciò avviene grazie al fatto che la crosta terrestre era in precedenza sprofondata, nel corso di un tempo lunghissimo. Tale sprofondamento, compensato ai margini  della scarpata da innalzamento di alte montagne, iniziò 35 milioni di anni fa. Il risultato è oggi sotto gli occhi di chiunque sì reca in Africa, anzi è ancora in atto. Nel fondo di questa enorme scarpata o depressione che si estende per circa 6000 km in direzione nord-sud e che varia in larghezza dai 30 ai 100 km e in profondità da qualche centinaio a parecchie migliaia di metri, il clima cambiò lentamente e dalla giungla si passò alla savana. Non più foreste ma praterie erbose. I Primati, cioè quelle scimmie che vivevano sugli alberi e si spostavano volando di ramo in ramo, dovevano tentare di sopravvivere in questo nuovo ambiente, ma non ce la fecero e rimasero ai margini di questa enorme zona. Più fortunate invece furono quelle scimmie di cui abbiamo detto e che avevano una postura saltuariamente eretta. All’inizio però questa non fu una mossa vincente. Siamo in una epoca che va dai sei milioni di anni fa a un milione e mezzo di anni fa. A questo periodo appartengono tutta una serie di reperti ritrovati in varie zone dell’Africa che dimostrano l’esistenza di animali che camminavano su due piedi. Esseri che avevano tutti come origine quella comune dei primati ma che gradualmente si sono estinti, proprio perché erano più deboli di altri animali. Più lenti nella corsa rispetto a quelli capaci di usare le quattro zampe, soccombevano più facilmente. Il problema era quello di dare una occupazione a quelle due zampe anteriori che in alcuni animali, sempre cugini dei Primati, erano fatti in modo tale da essere inutili per la corsa. Questo problema si poteva risolvere solo se quegli animali, non più scimmie e non ancora uomini fossero riusciti a trovare il modo di utilizzare quei due arti ormai quasi liberi dalla deambulazione.
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Ora, già i cugini Primati, erano abbastanza ben forniti in quanto a cervello. Esse avevano, ed hanno tutt’ora, un cervello che pesava tra i trecento e i quattrocento grammi. Per la prima volta un animale di taglia medio piccola aveva un cervello così grande. I primi ominidi, tra cui i più importanti, detti Australopitechi, con una stazione pseudo eretta e una andatura un poco goffa, ma già con un cervello da  cinquecento grammi. Era quindi solo questione di tempo e il cervello di questi esseri avrebbe trovato la soluzione giusta per garantirsi la sopravvivenza. Un fatto però è certo che questi esseri, contrariamente a quanto si credeva in passato, non si sono alzati in piedi per poter avere le mani libere da usare a modo loro. Hanno invece cominciato a fare delle cose con le mani, a lanciare pietre e via dicendo perché avevano già le mani libere, e le mani le avevano libere perché camminavano in piedi. Nella Savana quell’essere  cominciava la sua lenta trasformazione verso forme più evolute. Intanto sbarcava il lunario cercando di sopravvivere, si riproduceva e, come facevano gli animali prima di lui, si spostava in continuazione alla ricerca di posti più sicuri e comodi dove sostare. Poiché le trasformazioni che avvenivano in lui erano vincenti e le sue caratteristiche gli permettevano di primeggiare nella rivalità con gli altri animali, il numero di questi esseri aumentava a dismisura ed era logico che essi popolassero territori sempre più lontani. In poche parole, passato un primo momento in cui fuggire con due zampe davanti ad un predatore che correva con quattro non era certo vincente, venne un secondo momento in cui questi esseri a due zampe impararono grazie ad un cervello più voluminoso, cosa fare con le mani libere dalla corsa. E le parti si invertirono. Il nostro uomo da preda divenne predatore. Sembra poco, ma le mani potevano servire all’uomo per scacciare dei predatori, lanciando pietre o bastoni, per tramortire una preda veloce, ma sorpresa a brucare l’erba, colpendola al capo prima che fosse in grado di fuggire, e popi queste ex scimmie non ancora uomini cacciavano in gruppo ed era tutta un’altra cosa. Quelle mani libere, poi, avrebbero fatto tante altre cose, stimolate da un cervello ormai in rapida evoluzione. Ma tutto questo succedeva mentre al seguito di mandrie di animali o lungo il corso dei fiumi, gli ominidi e poi gli uomini si spostavano e risalivano il continente alla ricerca di nuovi territori e nuive prede. Ma, prima di allontanarci dal posto in cui questa storia è iniziata, fotografiamolo questo posto che ha visto il lento e graduale atto di nascita dell’uomo. I paleontologi sono oggi sicuri nell’affermare, in quanto sono state fatte scoperte che non lasciano adito a dubbi, che i primi ominidi deambulanti con due piedi siano vissuti circa  4 milioni di anni  fa in una zona a sud nel parco del Serengeti in Tanzania nel cuore della Savana Africana. Infatti nel 1978 alcuni paleontologi scoprirono nel terreno, le impronte fossili di esseri bipedi del tutto simili a quelle dell’uomo di oggi. Siamo a Laetoli e queste impronte, arrivate fino a noi perché impresse su un alto strato di cenere vulcanica e successivamente ricoperte da altra cenere, sono importanti in quanto ci mostrano che a quel tempo esistevano già esseri perfettamente bipedi. Da queste impronte si deduce che il modo di camminare di questi ominidi era del tutto simile al nostro, con gli stessi punti di appoggio e l’arco plantare  sollevato, l’alluce allineato e non divaricato. Dalla lunghezza della falcata dei passi e dalla profondità delle orme stesse, se ne deduce che si tratta di due ominidi di 130 cm di altezza che procedevano l’uno dietro l’altro. Fu così che questi ominidi uscirono dalla Savana e si dispersero verso terre nuove e ignote. Nel compiere queste migrazioni egli si serviva soprattutto dei corsi d’acqua; infatti era soprattutto intorno alle zone bagnate da un corso d’acqua che viveva perché da questa era facile trovare sostentamento. Camminando lungo i fiumi dell’Africa era logico che prima o poi giungessero sulle rive di quella immensa massa d’acqua che è il Mediterraneo. Allora l’uomo non sapeva ancora andare per mare e per questo si sparpagliò lungo le rive migrando soprattutto verso destra andando a popolare alcune zone dell’Asia. Alcuni risalirono, a sinistra i territori che oggi sono della Spagna e della Francia e così via verso il Nord.
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C’è da dire però che, certamente, il Mediterraneo di quell’epoca non era come quello di oggi. I fondali in alcuni punti non erano assai profondi come oggi e le coste non avevano lo stesso disegno odierno. La presenza lungo le coste dello Ionio e della Sicilia di insediamenti preistorici (Matera, Ispica)possono farci intuire che non sia stato tanto difficile per i nostri uomini attraversare il mediterraneo di allora. Le migrazioni, così imponenti, erano consentite dal fatto che essendo un essere vincente,  poteva aumentare di numero in pochissimo tempo. L’Europa e l’Asia erano ormai popolate, o per lo meno lo erano i punti che erano più accessibili e permettevano una più facile sopravvivenza. Era diventato il padrone di buona parte della terra, ma non lo sapeva; ogni uomo viveva nel suo  piccolo gruppo e non aveva coscienza della provenienza dei suoi antenati. Durante queste migrazioni l’uomo si evolveva, si adattava agli ambienti che andava occupando e, dovunque, sottometteva ogni altro animale. Scopriva anche che, dove era freddo, bastava coprirsi con la pelle degli animali uccisi, per riscaldarsi. Scopriva che per ripararsi dalle intemperie, poteva costruirsi un rifugio. Ogni cosa che scopriva era un passo avanti verso il futuro. E’ necessario a questo punto spiegare come avvenivano queste migrazioni che, nel corso dei millenni,  hanno portato l’uomo ad estendere la sua ingombrante presenza  su tutte le terre emerse. Questi piccoli spostamenti infatti, sommati per l’enorme numero di generazioni, risultavano essere molto consistenti. Se è vero che, per esempio, dal lago Turkana fino ad uno dei siti più antichi di Uomo eretto in Cina, vi sono quattordici mila chilometri da percorrere, è anche vero che, facendo solo cento metri al giorno, quella distanza si può percorrere in cinquecento anni. E’ certamente un discorso teorico, ma se si tiene conto che tra l’Uomo eretto africano e quello asiatico ci sono ottocento mila anni di differenza, si vede bene come ci sia stato tutto il tempo perché questa inconsapevole conquista del globo potesse realizzarsi. Ma perché l’Uomo eretto si sposta? visto che lo fa senza saperlo, senza un preciso scopo, né per andare alla ricerca di nuovi mondi? Tutto era legato alla casualità, alla ricerca di cibo e all’inseguimento di branchi di animali che si muovevano a causa di variazioni climatiche. All’interno di quei gruppi di ominidi che andavano divenendo sempre più numerosi, si potevano generare delle conflittualità, per cui la caccia diventava più difficile e quindi più difficile reperire cibo. Alcuni del gruppo  capivano, allora, che era necessario allontanarsi, per trovare posti meno affollati dove la caccia e la ricerca del cibo non fosse ostacolata. Sebbene fosse necessario stare in compagnia per poter meglio sopravvivere, il numero di elementi del gruppo era necessario che fosse limitato in  modo che le bocche da sfamare  non fossero troppe. Tutte queste decisioni che gli ominidi erano in grado di prendere durante i loro spostamenti, erano dovute senz’altro al fatto che il loro cervello stava diventando via via sempre più complesso. E’ la prima rudimentale forma di intelligenza, un tantino diversa da quella degli animali, arricchita da quella capacità di essere autonomo dal gruppo e dall’ambiente, se le condizioni lo richiedono. La continua comunicazione di esperienze e la migliore organizzazione del gruppo consentivano all’uomo di prendere delle decisioni corali. Ormai da tempo l’uomo utilizzava il suo cervello per la sopravvivenza inventando e creando quegli strumenti necessari per cacciare, mettendo in atto tutte quelle astuzie e strategie necessarie per avere la meglio nei confronti di qualsiasi animale senza esserne sopraffatto. In questa fase in cui la lotta per la sopravvivenza mette a dura prova le capacità dei singoli e del gruppo l’uomo non fa altro che utilizzare nella maniera più conveniente, la massa cerebrale, la quale  aveva conosciuto un notevole aumento fin da un’epoca remota che va da 700 a 230 milioni di anni fa. Ma  non era sufficiente avere una massa cerebrale notevole. Era soprattutto in gioco una questione di qualità, di proporzioni tra varie zone del cervello. C’era poi, un altro elemento che favoriva il prevalere di questi ominidi rispetto agli altri mammiferi. Semplicemente gli ominidi che avevano un pò più di intelligenza riuscivano a vivere magari qualche anno in più: ciò voleva dire procreare qualche figlio in più, o proteggere più a lungo la prole e quindi aumentare in proporzione il numero dei discendenti. In definitiva questo significava rendere vincente un carattere genetico. Questi nuovi esseri avevano pertanto delle nuove qualità mentali, tutte racchiuse nei 2 soli millimetri di spessore della corteccia. Questo avveniva 3 o 4 milioni di anni fa, con la nascita del bipedismo.
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Un’altra trasformazione importante che ha portato poi alla acquisizione di un’altra arma è quella avvenuta a carico delle zone cerebrali sedi della formazione del linguaggio. Lo sviluppo di diverse zone cerebrali in vari stadi evolutivi ha determinato la formazione di un sistema in grado di presiedere  la funzione del parlare. Questa funzione comprende diverse fasi che vanno dall’intelligenza all’emotività, dalla capacità di codificare e di trasformare le parole in impulsi motori all’adattamento meccanico della laringe e delle corde vocali. Così come per arrivare alla stazione eretta è stata necessaria la graduale trasformazione di una serie di parti del corpo, analogamente per arrivare al linguaggio è stata necessaria una graduale trasformazione di una serie di parti del cervello e di taluni sistemi collegati, come appunto l’apparato vocale. Anche il linguaggio fu una carta vincente per l’evoluzione dell’uomo; carta che in questa fase poteva utilizzare per comunicare, sia pure in maniera embrionale e abbozzata, con gli altri elementi del gruppo durante le battute di caccia. Potersi parlare, capire le intenzioni dell’altro, significava  mettere in pratica quelle strategie necessarie per una caccia più proficua. L’utilizzo di questa tecnica di comunicazione era, pertanto, alla base della cooperazione durante la caccia che, per i nostri ominidi era l’occupazione principale e fonte di sostentamento, specie se si trattava di tendere trappole a grossi animali o ad animali che vivevano in branchi. Nel giro di tre milioni di anni, la nostra storia comincia a cambiare scenario. Dopo questo lungo periodo di tempo, infatti, periodo fatto di continue e inconsapevoli migrazioni, cominciamo a vedere i primi uomini in Europa e in Asia. Qui gli ominidi, sotto l’influenza del clima più freddo, andavano assumendo connotati diversi da quelli dei loro progenitori africani. La pelle diventava più chiara per una minore necessità di difendersi dai raggi del sole che qui erano meno forti. Questi tre milioni di anni hanno profondamente modificato in termini di complessità il cervello; l’intelligenza è diventata più viva, mentre profonde modifiche erano avvenute a carico della mano che, dal momento che era libera dall’impegno della deambulazione, poteva assumere le caratteristiche necessarie  per assolvere ai suoi nuovi compiti. Tutto ciò permise a quegli esseri ancora molto scimmieschi, che vivevano sugli alberi, di diventare sempre più abili nel lavorare la pietra, nel cacciare, nel domesticare il fuoco, organizzando in modo sempre più complesso la loro vita sociale e di gruppo. Altro passo avanti è dato dal passaggio da un linguaggio di tipo quasi scimmiesco fatto di suoni, ad uno più articolato e raffinato, capace di esprimere concetti, astrazioni e cultura. Ormai il nuovo essere aveva colonizzato in un tempo enorme (tre milioni di anni) quasi tutta l’Asia e l’Europa. raggiungendo un livello abbastanza elevato di cultura e organizzazione sociale. Era questo l’Homo sapiens, l’essere più intelligente della terra. Questa trasformazione verso uomini sempre più evoluti avviene contemporaneamente tra 400 mila e 100 mila anni fa in Africa, dove, come vedremo, darà origine all’uomo moderno, e in Europa dove assistiamo all’ascesa, al trionfo e alla scomparsa dell’uomo di Neandertal. Quest’uomo nuovo, abbastanza simile per caratteristiche somatiche all’uomo moderno, e molto lontano da quello scimmione che viveva sugli alberi, possedeva già un notevole volume cerebrale ed era quindi abbastanza evoluto. Addirittura  quest’uomo, non ancora sapiens, era molto intelligente e ciò era dovuto al fatto che tra i 100 mila e i 35 mila anni fa in Europa c’erano condizioni climatiche proibitive in quanto era tempo di glaciazione. Le difficili condizioni  fecero, probabilmente, aguzzare l’ingegno agli uomini, alla perenne ricerca di continue soluzioni  per sopravvivere in un ambiente tanto ostile. Le glaciazioni, insomma, sarebbero diventate un fattore di accelerazione evolutiva.
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Circa 20 mila anni fa in  Europa avvenne, il cambio della guardia con il Sapiens sapiens, uomo del tutto simile a noi per caratteristiche somatiche e per potenziale intellettivo. La sostanziale differenza stava nel fatto che fino ad allora l’uomo sapeva, mentre il sapiens sapiens sapeva di sapere. Aveva acquisito cioè una coscienza. Questo nuovo essere, molto simile a noi, probabilmente era gia presente in Africa 100 o 130 mila anni fa, ma circa 50 mila anni fa seguendo le orme dei suoi antenati  dall’Africa si portò in Medio Oriente e quindi in Asia (40 mila anni fa) dalla quale successivamente si diffuse in Europa soppiantando il Neandertal. Sempre dall’Asia raggiunse 30 mila anni fa l’Australia e le terre dell’Estremo Oriente, mentre 12 mila anni fa riuscì a portarsi in Alaska, dalla quale dilagò nell’attuale Canada, Stati Uniti e America centrale e del Sud. Quando la conquista del globo era avvenuta, i primi insediamenti di uomini del tutto simili a noi, dediti ormai non più solo alla caccia ma anche alla agricoltura e all’allevamento del bestiame si erano formati in Mesopotamia. Qui, in questa che era la prima regione fertile incontrata nel corso degli spostamenti, mentre nel resto del globo si continuava a cacciare solamente, per poter sopravvivere, alcuni uomini pensarono che invece di stare sempre alla ricerca del cibo, forse era più facile crearselo da sé. L’agricoltura era proprio questo e solo una mente capace poteva capirlo. Come anche solo un tale tipo di cervello poteva capire che domesticare alcuni animale conosciuti nel corso delle battute di caccia poteva essere utile per ottenere sostentamento. Ma per poter fare tutto ciò era necessario porre fine al peregrinare, al nomadismo, diventare stabili e sedentari creando ripari e villaggi necessari per le riserve di cibo e per ripararsi. Ne derivava una maggiore sicurezza e la nascita di una vita sociale. Altrove nel globo, più tardi nel tempo, sarebbe successo lo stesso, basta pensare alla civiltà Cinese, i Maya, gli Atzechi, che sorsero in siti lontanissimi da quello in cui sorsero le prime civiltà Queste civiltà ebbero la loro sorte, ma indubbiamente la storia dell’uomo comincia proprio in Mesopotamia.