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martedì 12 dicembre 2017


Dove si parla di una teoria sulla creazione e dello spazio tempo 


138-E’ cresciuto





Dobbiamo vedere questa ed altre teorie sulla nascita dell’universo come il tentativo di spiegare, con un linguaggio che è proprio delle generazioni di uomini del nostro tempo, quello che le generazioni di 2000 anni fa hanno fatto con il loro linguaggio. Una evoluzione, quindi, identica all’atto della creazione; una l’evoluzione cosmica e biologica come proiezioni dell’atto creativo nei nostri cervelli; una storia evolutiva della natura animata e inanimata intesa come la forma in cui noi viviamo da dentro la creazione, la quale, invece, da fuori, in una prospettiva trascendentale, è  un atto istantaneo.  Ma come è possibile che il processo penosamente lento della evoluzione cosmica e biologica, così come appare ai nostri imperfetti cervelli di osservatori ancora non del tutto smaliziati, possa coincidere con un solo istante, quello della creazione? In effetti il tempo in cui si dipana e continuerà a dipanarsi l’evoluzione cosmica e biologica è sorto insieme allo spazio, all’energia, alla materia e alle leggi naturali in quell’istante di 15 miliardi di anni fa. Esso pertanto va considerato come una categoria dell’universo e della sua esistenza. Per la nostra ingenua immaginazione e per noi che viviamo dal di dentro questa serie quasi interminabile di eventi, il tempo va considerato con certe caratteristiche che gli sono state fornite nell’atto creativo stesso. 




Se, per ipotesi, riuscissimo ad essere al di fuori di questo atto creativo, non saremmo più avvolti dal tempo, così come lo è l’universo, teatro dell’evoluzione. Al di fuori, nel mondo che trascende la nostra esistenza, non ha più senso spazio, tempo, nè qualsiasi altra categoria o elemento caratteristico del prodotto della creazione. Per cui non è possibile paragonare l’attimo che la nostra energia creatrice sta vivendo e il tempo inesorabilmente lungo necessario perché tale energia si esplichi negli eventi della evoluzione cosmica e biologica. D’altronde noi uomini del 2000 abbiamo imparato, grazie alla teoria della relatività di Einstein che anche qui, nel nostro mondo il tempo non  è una categoria assoluta, ma è suscettibile di variazioni. Sono concetti che appena cominciamo a penetrare, ma è chiaro che sarebbe un peccato non far funzionare il cervello di cui siamo dotati, e continuare a raccontarci le storielle che potevano essere adatte per l’uomo di 2000 anni fa. Oggi l’uomo è cresciuto, la sua capacità di penetrare i problemi e il loro significato è a livelli molto alti, è in grado di partecipare all’atto creativo che continua a svolgersi su questa nostra terra e in tutto l’universo; le sue capacità aumenteranno a dismisura, e comunque l’evoluzione proseguirà il suo corso verso stadi più avanzati, nei quali, senza dubbio, il processo creativo determinerà una complessità sempre maggiore e più perfezionata.



139-Imperfezione




Questa teoria, ha cercato di mettere d’accordo la visione materialistica del mondo basata  sul metodo scientifico e quella metafisica che si avvale di principi di carattere religioso, consapevole del fatto che le due concezioni più che essere antitetiche, possano, in effetti, completarsi a vicenda. E’ tempo che la religione si scrolli di dosso una concezione medioevale del mondo, e si avvii ad accettare e ad utilizzare un nuovo modo di vedere le cose. Se non altro bisogna considerare che una ipotesi di evoluzione in continuo divenire, intesa come l’equivalente temporale di un atto creativo che avviene al di fuori del tempo, viene in soccorso della concezione religiosa e ne risolve alcuni lati oscuri e fino ad ora irrisolti, spesso motivi di attacchi dei non religiosi, e pretesti per accuse di incompletezza e superficialità. Uno dei grossi interrogativi, rimasti irrisolti è quello di un Dioche potrebbe aver riempito il mondo con tutta una serie di mali, malattie, paure, dolori; come è possibile conciliare l’onnipotenza di Dio, la Sua perfezione con questo mondo così imperfetto, così pieno di contraddizioni? L’obiezione perde il suo mordente non appena contempliamo la possibilità che il mondo  che noi conosciamo sia ancora in una fase di creazione.




 Non è il prodotto compiuto della creazione, ormai concluso  da parte di Dio. L’innegabile imperfezione e manchevolezza del mondo dipenderebbe così dal fatto che esso sorge da una creazione non ancora completa. Fin dai primi esseri coscienti l’uomo ha sempre lottato contro il male, le disgrazie le imperfezioni della sua stessa natura; e non sembra che da allora le cose siano cambiate. Con la sua intelligenza l’uomo è riuscito a creare delle effimere protezioni contro questi mali, ma restano sempre le imperfezioni di una natura che si evolve con una lentezza esasperante, per noi. Da esseri viventi ancora imperfetti, abbiamo pertanto ragione a dolerci dei lati negativi della nostra esistenza, in quanto il nostro grado di perfezione ci ha messo in condizione di farlo; ma non possiamo e non dobbiamo  prendercela con il Creatore, reo di aver creato il male, il dolore, l’ingiustizia, e quant’altro di negativo esiste sulla faccia della terra. Al contrario egli ha originato la perfezione, e non poteva essere altrimenti; semplicemente, però l’ha trasposta in un mondo reale, dove, per estrinsecarsi ha bisogno di un certo periodo di tempo, che noi uomini oggi calcoliamo in miliardi di anni. Non dimentichiamo che gli anni, come i mesi, i giorni e tutte le altre unità di misura adottate per misurare il tempo, sono delle convenzioni di cui l’uomo si serve per misurare il tempo che passa, e quindi non valide universalmente e a priori, ma solo nel mondo reale.


140-Specchio




Resta il fatto che questa copia dell’essere creatore, nata per realizzare, nel mondo reale, la sua forma, completa e identica all’originale, necessita di un certo tempo che l’uomo oggi misura a modo suo. C’è pertanto una estrema dilatazione di quell’attimo virtuale in cui, al contrario, non esistono eventi e nulla che abbia bisogno di scorrere e di divenire. Questo perché, mentre nel virtuale il tempo non esiste, nel reale il tempo è alla base stessa dello scorrere degli eventi. Molti studiosi spesso si sono posti il problema relativo alla presenza di un Dio, al di fuori di questo mondo, continua e perenne. L’esistenza di un Dio, di un Creatore al di fuori del mondo reale è, e rimane, una questione di fede, almeno fino a che l’evoluzione non produrrà forme viventi più intelligenti e perfette della nostra in grado di risolvere il mistero. Ma, considerando la storia evolutiva cosmica e biologica fino ad oggi, immaginando una futura evoluzione, come prosecuzione del processo che ci ha portati sin qui, verso forme sempre più perfette, e considerando tutto questo interminabile tempo come l’equivalente di quell’attimo in cui il Creatore ha esplicato il suo atto creativo, sembra che ogni dubbio svanisca. Nessun Dio che ci guarda da lontano, compiacendosi o dolendosi di noi, nessuno ha abbandonato a se stesso questo meraviglioso giocattolo. Semplicemente Dio crea (non “ha creato”, perchè siamo al di fuori del tempo e dello spazio) 



Egli crea un qualcosa che gli somigli, un suo specchio. Essendo egli la perfezione, non può creare altro se non una cosa perfetta. Ma, essendo, questa perfezione creata, posta al di fuori del Suo mondo irreale, essendo cioè realtà diversa da Lui, fatta di materia e di cose tangibili, questa realtà si è andata formando attraverso una categoria di cui Egli stesso l’ha dotata, il tempo. Il tempo lo spazio e tutte le leggi secondo cui il cosmo e tutta la realtà in evoluzione si estrinseca, sono categorie facenti intimamente parte della realtà stessa, non valide al di fuori, ma solo dentro la realtà tangibile. Per questo motivo la realtà creata, dal Big Bang ad oggi si è modificata e continuerà a farlo fino a toccare la perfezione, ad essere essa stessa perfezione, così come vuole il suo Creatore. Oggi quello scimmione di tanto tempo fa è arrivato al punto di capire, o per lo meno di discutere i problemi relativi alla sua stessa origine, e chissà dove saremo ancora capaci di arrivare. La storia dell’Uomo, intesa come storia di una delle tante forme viventi che hanno partecipato alla più ampia storia del cosmo e della vita, può essere a buon diritto considerata come la fase più importante della storia evolutiva cosmica e biologica. Senza dubbio ogni fase, ogni momento ha avuto la sua importanza, e il merito di aver determinato le fasi successive, ma con l’uomo si ha qualcosa di nuovo, qualcosa di fondamentale e di innovativo in un prodotto della evoluzione.



141-Un seme



Sembra che la nuova fisica dei quanti debba essere un nuovo terreno di scontro, ma paradossalmente sia gli uni sia gli altri, pensano che la meccanica quantistica sia un elemento a proprio favore. Gli uni pensano che questa fisica dimostri la inesistenza di Dio, gli altri che sia una ulteriore prova che Dio esiste. Una cosa è certa, per quanto cerchino di fare i fisici atei, non si libereranno  tanto facilmente di questo essere soprannaturale che per loro è tanto ingombrante. Quello che i teisti, invece vorrebbero e dovrebbero fare, è cercare di liberarsi della solita immagine di un Dio, magari con la barba, che sta lì ad accendere la miccia o a sorvegliare che venga fatta di sé una copia perfetta. Questa immagine di Dio l’avevano creata coloro che prima di noi si erano posti, su questo mondo, le domande classiche su chi fosse e come fosse Dio, sul perché, sul come, sul quando, sul dove. In quei periodi, la gente, era ovvio, non capiva più di tanto e solo con una tale immagine di Dio, si era riusciti a dare una spiegazione che fosse comprensibile a tutti. Ma oggi no, questo non é più possibile, e questo dovrebbe capirlo soprattutto la Chiesa. Non si può andare in giro con le foto di tanti secoli fa. Per noi, gente del duemila, sono foto incomprensibili, non corrispondono al nostro modo di pensare. 



Così come anticamente si trovavano le giustificazioni, le spiegazioni ai perché dell’universo con linguaggi facili e alla portata della gente di allora, anche oggi bisogna usare un linguaggio che noi possiamo capire, adatto a noi gente del duemila che non crede più alle favole. La  teoria di un mondo in perenne creazione, già abbastanza perfetto, ma che viaggia verso una perfezione assoluta, sembra riesca a risolvere tanti problemi e a dare la risposta a tante domande. Un mondo in divenire, che deve ancora completare sé stesso, e che quindi è, per forza di cose, imperfetto Alla fine poi, questa teoria è anche compatibile con quella diavoleria della fisica quantistica, perché tutto l’esistente, e cioè, una serie infinita di universi, tra cui quello in cui noi viviamo, oppure un universo unico con dentro un numero infinito di regioni tra cui la regione in cui viviamo noi, poteva benissimo, quando tutto aveva le dimensioni di un atomo, essere nato così per caso, per una semplice fluttuazione del vuoto. Ed é proprio su questa fluttuazione che dobbiamo concentrare l’attenzione, su questo elettrone che, nato dal nulla, contiene in sé tutte le informazioni del tutto. Come un piccolissimo seme che contiene in se le informazioni per la costruzione di una quercia enorme, o la piccola cellula nel quale c’è scritto come si deve costruire l’uomo che si svilupperà da essa, così quel semino, ancora più piccolo del seme della pianta o della cellula di un futuro uomo, dovrebbe avere dentro di se una specie di DNA capace di dare origine a tutte le infinite forme del tutto, tra cui anche le forme della materia che noi conosciamo nell’universo in cui viviamo, con le sue leggi e le sue regole. E allora, chi ce lo ha messo questo super DNA dentro il semino?




martedì 28 novembre 2017

Dove si parla di come tutto può essere iniziato

134-Pacchetto



In realtà dentro l’atomo le cose esistono ma nessuno le può vedere se non nel momento in cui compie l’osservazione. Il fatto è che noi non possiamo piazzare delle telecamere dentro l’atomo che possano farci vedere in diretta tv quello che succede, minuto per minuto. Tuttavia li succedono tante cose e in continuazione. Solo che a paragonarli con il mondo macroscopico pare che quegli eventi non abbiano senso, avvengano a caso. E così è nella realtà. Gli elettroni nascono e muoiono all’improvviso e senza causa apparente. L’atomo non è infatti, contrariamente a quanto si era pensato all’inizio, composto da un nucleo interno e centrale con i suoi bravi elettroni orbitanti intorno, tipo pianeti del sistema solare. A parte i continui salti da un’orbita all’altra in un ambiente a dir poco turbolento, gli elettroni sorgono dal nulla all’improvviso e altrettanto improvvisamente scompaiono. La scena la possiamo immaginare con un esempio. Pensiamo di trovarci su un aeroplano che sorvola l’oceano a grande distanza. Quello che noi vedremo di sotto, sarebbe una massa di acqua immobile e calma. Il regno della tranquillità. E’ questa la visione che avremmo anche dell’atomo, osservato a debita distanza. Immaginiamo di essere, nello stesso istante, sopra una barca non tanto grande sopra quel mare che, visto da sopra, da l’idea di una tranquillità infinita. Ebbene con la nostra povera barchetta ci troveremmo nel bel mezzo di una turbolenza, con le onde che si alzano minacciose intorno a noi. 



Compaiono e scompaiono sorgendo dal nulla senza un perché. E’ tutto un continuo ondeggiare. Ora questi elettroni che si fanno vivi e poi, come le onde del mare si perdono di nuovo oltre  i confini del nulla, nella loro breve vita sono responsabili di una serie di fenomeni frutto della loro irrefrenabile irrequietezza. Nonostante la brevissima vita di cui godono gli elettroni, non è che essi abbiano poca importanza. In quelle frazioni di secondo in cui si fanno vivi ne fanno di lavoro. Basti pensare alla loro attività elettrica e magnetica. Se qualcuno, nonostante le spiegazioni che mi sono affannato a dare, continua ad essere scettico, o continua a non capire, vorrei consolarlo dicendogli che, in ogni caso, è in buona compagnia. Infatti uno dei più grandi scettici e avversari, questa fisica l’aveva niente di meno che nella persona del Albert Einstein. Quello che il grande fisico non sopportava era soprattutto il fatto che, tra le tante stranezze, ce n’era una che proprio non gli andava giù. Ed era questa. Dicono i fisici quantistici che due micro particelle emesse, pur allontanandosi tra loro, continueranno sempre ad avere una forma di azione comunicazione tra loro. Continuerebbero cioè sempre a comunicare tra loro in maniera immediata, anche se si dovessero trovare su due galassie differenti. Ciò faceva infuriare Einstein il quale aveva sempre sostenuto che nulla potesse viaggiare e comunicare a velocità maggiori di quella della luce. Per lui comunicazioni istantanee tra due particelle lontanissime tra loro, non erano possibili.



135-Alfa e omega



Un’ultima parola va spesa sul perché sia stato dato questo nome a questo nuovo tipo di fisica. Il quanto, o pacchetto, non è altro che l’insieme dei corpuscoli luminosi, detti fotoni, i quali, una volta emessi dagli elettroni, viaggiano, non da soli, ma in formazione, cioè vicini gli uni agli altri, come fossero  legati tra loro in piccoli pacchetti o quanti. Penso che per una conoscenza limitata, da non addetti ai lavori, quanto detto fin qui possa bastare. In realtà ci sono tante altre stranezze in questo mondo quantistico. Un mondo, quello quantistico, a cui toccherà prestare in futuro molta attenzione, perchè forse diventerà l’anello di congiunzione tra l’universo su cui viviamo e ciò che sta dietro quella immane esplosione di quindici milioni di anni fa. Paradossalmente la fisica quantistica, forse metterà d’accordo scienza e religione nella loro perenne ricerca su cosa ci sia oltre quel momento iniziale. Pensano gli scienziati, infatti, che a quel tempo e a quelle dimensioni, solo la fisica quantistica potesse essere valida, in quanto la sola in grado di spiegare la nascita dal nulla della materia, con quegli elettroni che compaiono e scompaiono. E i teologi intanto si fregano le mani, perché con questa fisica si spiega tutto, ma non si spiega nulla, dal loro punto di vista, non si dice, cioè perché e per causa di chi ciò avvenga. Il problema è solo spostato ulteriormente all’indietro. Non si tratta quindi di vedere l’inizio della storia, ma quello che c’è prima dell’inizio. 



secondo alcuni prima del Big Bang c'è stato un Grande rimbalzo

Questa infatti sembra una storia senza capo né coda. Senza inizio perché, noi uomini, nella nostra infinita scienza, ancora non siamo riusciti a capire cosa ci fosse prima che questa storia iniziasse. Senza coda, perché, in effetti la coda è ancora di là da venire. Pur tuttavia possiamo immaginare che all’inizio e alla fine ci sia sempre la stessa entità soprannaturale, da un lato capace di dare inizio a tutti gli eventi, e dall’altro pronto ad accogliere in sè la fine degli eventi stessi. L’alfa e l’omega. E allora, fin dall’inizio, da sempre, tutto è in attesa. In attesa che l’entropia del sistema, arrivi al massimo cui tende, un disordine totale dove tutto è livellato, senza differenze di sorta, e soprattutto, dove tutto sarà perfetto, unico, irripetibile, dove la materia e lo spirito si fonderanno e saranno tutt’uno.  Si, perché tutto è stato creato per essere tutt’uno con quell’essere, puro spirito, pensiero infinito, coscienza di se stesso, artefice e prodotto esso stesso del creato, artefice di quel processo che diede inizio, con una semplice fluttuazione del vuoto alla più infinitesima parte della materia, in grado di accrescersi e di originare un numero infinito di fenomeni, atomi, molecole, aggregati molecolari, inanimati e animati, cellule, esseri pluricellulari vegetali, animali dalle fogge più impensabili e sempre più complessi e sempre più coscienti, auto coscienti, coscienti della propria materia della propria struttura, di quella struttura che lì nel cosmo, tra stelle e galassie si rivelerà del tutto inutile e che cederà il passo ad una totale coscienza fatta esclusivamente di anima, di spirito, di immaterialità, di non essenza, di pensiero, di cultura, di intelligenza estrema.


136-Libero arbitrio



Tutta questa lunghissima storia si dipanava nei millenni mentre laggiù, in quella lontana galassia, in un angolo sperduto, in un tempo ormai lontano, girava una piccola stella, fornace di materia incandescente, seguita da uno stuolo di nove sassi di forma sferica e di varia grandezza tra cui quello che era stato la culla del passato di questa materia fattasi spirito, in grado di comprendere se stessa, il cosmo e il suo sommo artefice. Già, il sommo artefice, il creatore, l’essere perfetto, il punto alfa e omega, o più semplicemente Dio. In tutta questa storia c’è ancora spazio per un Dio? ha ragione chi pensa che essendo sorto tutto dal nulla l’universo si sia evoluto senza bisogno di alcuna presenza soprannaturale che ne guidasse gli eventi? O ha ragione chi pensa che, pur essendo sorto dal nulla, per una fluttuazione quantistica, le leggi, le costanti, deve pur avercele date qualcuno all’universo? Un universo così preciso, fatto in modo che tutto coincida alla perfezione, può scaturire dal nulla, dal caos? 



E poi: l’orologiaio ha caricato quest’orologio perfetto e l’ha lasciato libero di ticchettare, oppure ne segue costantemente il procedere delle lancette? E poi, perché al contrario del mondo inanimato, perfetto fin dalla formazione, la materia animata ha sempre dovuto lottare per raggiungere la perfezione? Perché noi esseri umani, che pure siamo il top della materia animata evoluta, con tutta la nostra perfezione, siamo ancora così imperfetti, ignoranti, incapaci? Ma allora, se noi facciamo parte di tutta una storia che si sta evolvendo verso un punto omega, quando il prodotto finale sarà al cospetto del suo creatore, vuol dire che la nostra presunta libertà di scelta, la facoltà di agire, il libero arbitrio, non esistono affatto? Pare, infatti, secondo alcuni, che la presenza di un Essere soprannaturale che abbia già deciso dalla notte dei tempi come debbano andare le cose del mondo, limiti notevolmente e irrimediabilmente la nostra libertà. Fino a prima della comparsa di una coscienza nel mondo, il problema non si poneva. La materia, sia pure vivente, infatti non si preoccupava di poter essere più o meno libera nelle sue azioni. Oggi invece questo è un problema essenziale per l’uomo cosciente. L’uomo senza libero arbitrio finisce per assomigliare ad una marionetta, ad un attore che già ha mandato a memoria la sua parte e la ripete a pappagallo. In effetti però, e la differenza è sottile, non dobbiamo dimenticare che il grande burattinaio che muove i fili delle nostre azioni, si trova su un piano diverso dal nostro, su un mondo con il quale noi non possiamo comunicare. Egli da lì controllerebbe tutti gli infiniti universi suoi figli, ciascuno dei quali con le sue caratteristiche e i suoi burattini. All’interno del nostro mondo, come dentro gli altri, nessuno è in grado di sapere in anticipo i nostri comportamenti, né di dirigere le nostre azioni, e comunque nessuna persona in grado di fare delle previsioni sulle mie decisioni, verrebbe a rivelarmele, perché sa che io farei di tutto per contraddirlo.



137-Una teoria


E infatti il notaio che raccoglie tutte le previsioni sulle decisioni e sui comportamenti di ogni essere della terra, è al di fuori di questo mondo e noi non possiamo comunque comunicare con Lui e andiamo avanti per la nostra strada facendo, in pienissima libertà, tutto quello che alla fine è necessario perché la storia dell’Universo vada avanti verso il fine ultimo. Sembra quindi che la presenza di un Dio che sappia dalla notte dei tempi come questa storia andrà a finire, non influenzi minimamente la nostra libertà. Nonostante i problemi che sorgono quando si invoca la presenza di un creatore al di la del Big Bang, oggi l’accordo tra scienziati e teologi sulla teoria scientifica del Big Bang, o attimo primitivo da cui si è originata la materia. Pare sia totale Purtroppo sappiamo, che un attimo prima di tale scoppio, tutte le leggi che in futuro regoleranno l’evoluzione del Tutto, non sono valide; per cui è difficile se non impossibile spiegare cosa sia successo, nè è possibile vedere al di la di quel muro che oggi ancora si erge dinanzi allo sguardo di chi vuole capire. Ed è proprio lì, nel punto in cui la scienza si ferma, 

A un certo punto la scienza non ci capisce più nulla
incapace di spiegare con i consueti metodi, un evento che sfugge ad ogni interpretazione umana, è proprio lì che la religione, richiamando alla necessità di fare una professione di fede, corre in soccorso alla misera natura umana che non è in grado di penetrare i segreti del Creatore che, in un estremo atto di assoluta bontà, ha profuso la sua infinita energia al servizio di un tutto che aveva già dentro di sè il germe della evoluzione verso forme sempre più complesse. Una recente teoria, abbastanza suggestiva, per eliminare questa incapacità della scienza di risalire oltre il muro che si erge prima del Big Bang, e per evitare la possibilità che la religione possa affermare cose relative ad un istante creativo da fare esclusivo oggetto di fede, dice che la storia della evoluzione deve essere considerata come l’attimo creativo dilatato nel tempo. Una creazione, cioè, che si perpetua giorno per giorno; un atto creativo che non si è risolto nell’attimo  in cui, 15 miliardi di anni fa, il grande scoppio dette origine alla materia, e, con essa, alla vita con le sue varie forme. Questa della creazione a cui noi uomini, primi esseri coscienti e consapevoli, guardiamo dal di dentro dell’atto creativo stesso, e riconsideriamo tutta la storia che, alla fine, ha permesso che nascessimo, è senz’altro un’ipotesi suggestiva. Naturalmente l’ipotesi prevede che l’atto creativo non si sia risolto nella nascita dell’uomo che, benché sia un essere di grande complessità, non è ancora la perfezione, alla quale, si pensa l’atto creativo debba tendere. A questo proposito Hoimar von Ditfurth, docente di psichiatria e neurologia e divulgatore scientifico, nel suo saggio “Non siamo solo di questo mondo” afferma che nelle epoche passate si è cercato di rappresentare i misteri della creazione, dell’aldilà e della propria effimera esistenza attraverso il linguaggio e le immagini che erano loro familiari, in quanto forme espressive del loro tempo e della loro visione del mondo. A noi, continua l’autore, spetta lo stesso diritto. Per questo egli formula questa teoria.


venerdì 27 ottobre 2017

Prima di abbandonare il complicato discorso sulle mutazioni, giova fare, un esempio concreto. Vediamo cioè, come una mutazione può provocare una malattia, ma anche come, in definitiva, questa malattia  può costituire un vantaggio rispetto agli altri individui sani. Ad esempio la cosiddetta microcitemia o talassemia, una anemia ereditaria in cui l’organismo non produce abbastanza emoglobina, la sostanza che da il colore ai globuli rossi contenuti nel sangue e che permette lo scambio dell’ossigeno tra polmoni e tessuti. Nella fase embrionale due geni si incaricano di formare le due proteine di cui è composta la emoglobina. Il difetto genetico responsabile di una forma di talassemia comune nel Mediterraneo, specie in Sardegna, riguarda il gene che dirige la sintesi di una delle due proteine, la catena beta.  Il DNA del gene della catena beta è fatto di 438 nucleotidi (o basi), e il difetto riguarda il 118esimo nucleotide, che normalmente è G. Una mutazione, avvenuta probabilmente in Sardegna tre o quattromila anni fa, ha provocato la sostituzione di quel G con un A. La conseguenza è che il gene della catena beta  non viene più “letto” da quel punto in avanti e la sintesi della catena si arresta, per cui non si può formare emoglobina normale. 







Fino a poco tempo fa in Sardegna  morivano un centinaio di bambini all’anno a causa di questa mutazione che, a partire dall’unico individuo in cui ha avuto origine, si è diffusa a moltissimi abitanti nell’isola nei tre o quattromila anni successivi” Oggi a tale malattia si sopravvive grazie alle trasfusioni (con tutti i rischi che esse comportano), ma, comunque, si è visto che, in fin dei conti, una tale mutazione è risultata vantaggiosa. E’ come se si prendesse per sbaglio una strada diversa dalla solita, e poi, per caso, si scoprisse che è una scorciatoia. Nella zona del Mediterraneo esistono diversi portatori sani di tale malattia. Il vantaggio che essi hanno è quello di essere resistenti alla malaria. Un tempo la malaria era una malattia molto grave, presente in varie parti del Mediterraneo e anche in Sardegna, specie sulle coste. I portatori sani di Talassemia si trovano appunto in grande vantaggio nelle zone malariche. Dopo essere entrati nei dettagli tecnici del meccanismo che ha portato una semplice cellula a diventare un organismo completo come l’uomo, riprendiamo a vedere il processo dall’alto e a considerare le implicazioni che un tale processo, in atto ormai da diversi milioni di anni, ha comportato. L’Uomo, cioè, una volta capito il meccanismo, si domanda, ha bisogno di domandarsi il perché delle cose. Non a caso è l’essere che per ora è in cima alla scala evolutiva. Manca infatti l’ultimo tassello a questo puzzle che stiamo componendo. Il tassello più difficile da reperire e da sistemare. IL tassello iniziale, cioè quello che ci spiega come sia iniziato tutto e quale sia il significato da dare a tutto. Dopo aver dato la spiegazione ad ogni argomento oggi l’uomo si appresta a domandarsi e a trovare delle risposte sull’inizio dalle storia, alla luce della scienza e cercando se possibile dei punti di contatto con la visione religiosa.



131-Ciliegina

Prima di rispondere alle domande esistenziali bisogna fare un passo indietro. Ma un passo lunghissimo, solo per mettere per così dire la ciliegina sulla torta. Sarà un passo di diversi miliardi di anni e tutti ormai sanno quanti dovrebbero essere. Quindici o venti, come, a ragion veduta, dicono gli esperti. Proveremo cioè a vedere cosa ci sarà mai dietro quell’attimo primordiale che abbiamo descritto come una singolarità, un mondo diverso dal nostro che si trova su un piano diverso daa quello su cui si trova il nostro. Una realtà diversa dove non esiste lo spazio e il tempo. Una impresa impossibile ma che bisogna tentare per completare il discorso, per dare a questa storia un inizio e quindi un significato compiuto. Più in là ci addentreremo anche nel futuro per cercare di spiegare a cosa tende la storia, Infatti queste sono le sfide di oggi e del futuro. L’uomo, nella sua profonda intelligenza vuole assolutamente fare chiarezza e, prima o poi accadrà. Capo e coda che ancora mancano per completare questa storia delle storie difficilmente verranno rivelati, ma l’uomo, ultimo gradino della scala cosmica, può e deve provare a fare almeno delle ipotesi. ipotesi suffragate da alcune scoperte scientifiche realizzate nel secolo scorso. scoperte che fino ad ora sono state a conoscenza soltanto di una ristretta elite di scienziati. A proposito di questo strano fenomeno per cui una grande scoperta non viene mai subito a conoscenza del grande pubblico, basterebbe pensare alla scoperta della America. Quando Cristoforo Colombo fece il grande viaggio che lo portò nel nuovo mondo, e poi ne fece altri, ben poche persone vennero a conoscenza della esistenza della America in mezzo all’oceano. La cosa si verificò non solo perché all’epoca non esistevano i mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto perché cosa volete che importasse a chi viveva nel mondo di allora che un pazzo si era messo sopra una caravella e, accompagnato da altre due caravelle, si era avventurato nell’immensità dell’oceano oltre il quale, per quello che allora era dato di sapere, non c’era nulla. 




Cosa volete che importasse poi alla gente di allora che questo pazzo era tornato con buone notizie, e che, spinto dalla famiglia reale di Spagna, fisse per fare il pendolare tra la Spagna e “le Indie”, ogni volta riportando indietro qualche ricordo. D’altronde la gente di allora non sapeva nemmeno che, in fondo, quel pazzo era approdato in una terra dove c’erano già stati, prima di lui, i Vichinghi e forse anche qualcun altro. Dopo circa un secolo si cominciò a parlare di un nuovo mondo scoperto da quel pazzo, anche perché altri pazzi seguirono le sue orme e cominciarono a girare per i mari alla scoperta di nuove terre, di nuove genti che fino ad allora vivevano tranquille nella propria felicità e nella propria ignoranza. Ma tutto questo accadeva in Europa e soprattutto in Spagna e in Italia nel cinquecento. Le cose non cambiarono nei secoli a venire quando si fecero sempre più  fitte le scoperte e le invenzioni grazie all’intensificarsi dei rapporti con gli altri mondi e allo sviluppo del metodo scientifico. E così  nel ventesimo secolo accade che eminenti scienziati scoprono cose molto importanti di fisica, chimica astronomia e altro, mentre la gente vive beata nella propria ignoranza ancora per molti anni da quelle scoperte. Fatte le debite proporzioni…nulla è cambiato.


132-Una favola




Ma prima di addentrarci nel buio dello spazio e del tempo alla ricerca di qualche luce che possa illuminare il nostro sapere è necessario quindi, ora che siamo consapevoli, fare un breve cenno a quello che il secolo passato ci ha portato in termini di progresso scientifico senza però avere quella risonanza che avrebbe meritato. Ma evidentemente si tratta di cose che poco interessano, per ora, al grande pubblico anche se oggi ci offre, forse, su un piatto d’argento una possibile soluzione a noi che siamo interessati a sapere cosa ci sia al di là del Big Bang, dando qualche risposta alle nostre domande. Parlo della fisica dei quanti, una fisica che ha già quasi un secolo. Con la scoperta della fisica quantistica e le applicazioni della cosmologia quantistica qualche idea di cosa ci possa essere in quel minuscolo, infinitesimale germe, gli scienziati se la sono fatta. Mi spiego subito ma premetto che è materia per gli addetti ai lavori ed è difficile da comprendere. Penso tuttavia che i livelli di comprensione di un argomento siano tanti e diversificati, pertanto, senza dover necessariamente andare in profondità, può essere sufficiente cercare comunque di affrontare in modo superficiale l’argomento e farsene quindi un’idea. La fisica quantistica è del tutto diversa dalla fisica classica e trova la sua applicazione nel mondo dell’ultrapiccolo, cioè a livello degli atomi. Dentro di essi gli elettroni si comportano in modo del tutto particolare e non vigono le leggi che invece sono valide in tutto l’universo, così come le avevano scoperte gli scienziati da Copernico a Einstein. La cosa interessante è che oggi si pensa che questo tipo di fisica si può applicare anche a quell’atomo iniziale, sede del futuro universo, dove esistevano le stesse condizioni esistenti negli atomi che studiano oggi gli scienziati. 

Il magnetismo una stranezza della fisica quantistica

Le stranezze che avvengono nell’ultrapiccolo sono tali perché diverse da quello a cui siamo abituati nel macrocosmo in cui viviamo. Il guaio, secondo me sta nel fatto che noi esseri umani pensiamo sempre di dover spiegare tutto, non solo, ma di doverlo spiegare secondo il nostro metro di giudizio, secondo la nostra logica, che, per forza di cose deve essere limitata. Ma sembra proprio che lì, ai confini del nostro mondo, nelle condizioni di spazio e di tempo infinitesime, lì dove tempo e spazio cominciano a prendere forma non sia la nostra logica a farla da padrone. Dal mondo  dell’ultrapiccolo, caotico come appare a noi, avrebbe preso insomma origine il nostro mondo ben organizzato, oltre e una infinità di altri mondi, ciascuno organizzato a modo suo. Tra questi mondi non c’è assolutamente alcuna possibilità di comunicazione e di comprensione. Per ciascuno di questi mondi, gli altri non sono altro che favole. E per tutti il microcosmo che li ha generati non è altro che una favola, un mondo difficile, anzi impossibile da capire. Cerchiamo di studiare la situazione all’interno di un atomo, nel quale le condizioni dovrebbero essere le stesse di quelle che avremmo trovato nel primitivo universo nell’istante primordiale del Big Bang.


133-Stranezze


Dentro l’atomo ci siamo entrati più volte ed abbiamo visto la sua composizione. Tutto è sembrato così facile e logico: i protoni al centro con i neutroni, gli elettroni alla periferia disposti su vari strati. Ma non abbiamo detto nulla a proposito del comportamento di queste particelle e sulle difficoltà avute dagli scienziati per fare queste osservazioni. Se i protoni i neutroni e gli elettroni fossero delle pietre, noi le prederemmo in mano le gireremmo di qui e di là, ne verificheremmo la massa, il peso, la composizione e altri parametri vari per saperne di tutto, di più. Ma non scordiamo di essere di fronte a pietruzze dalle dimensioni infinitesime. L’ideale sarebbe poter ingerire qualche pozione magica. Che ci possa rimpicciolire a tal punto da essere di dimensioni idonee a prendere con le mani queste particelle subatomiche. Ma ciò non è possibile per cui ci siamo dovuti munire degli strumenti adatti per fare le nostre brave misurazioni.. E qui cominciano le difficoltà per un mondo macroscopico che non si fa i fatti suoi e va a mettere il becco in uno spazio così angusto. E’ un po’ come, anzi peggio, se volessi, indossando guantoni da boxe, prendere dei piccoli oggetti, spilli, anelli o soldatini in miniatura. Farei una strage. Nel nostro caso invece non accade nessuna strage, ma, comunque, alcune cose sono impossibili da fare. Per esempio di un elettrone non si può misurare contemporaneamente la sua velocità e la sua posizione, a causa della duplice natura. Ondulatoria e corpuscolare. Per capire ciò, bisogna immaginare che quei maledetti elettroni corrono a velocità pazzesche, schizzano di qua e di la “più veloci della luce” come si usa dire con una frase bugiarda ma ad effetto. La prima stranezza cui ho accennato avviene proprio perché è questo quello che succede quando voglio studiare una cosa che corre veloce. Immaginiamo di voler fare una fotografia che ci possa dare delle informazioni sulla moto di Valentino Rossi mentre è lanciata sulla pista di Misano a più di trecento all’ora. 


Ebbene con una macchina fotografica poco sofisticata, avremo come risultato una fascia continua che altro non è che quella moto riprodotta innumerevoli volte. La moto di per se non si vede, ma si vede la sua direzione. Se invece ci muniamo di una macchina fotografica il cui tempo di esposizione sia velocissimo (frazioni di secondo) allora riusciamo ad avere la foto della moto. Una moto che, comunque sarà rappresentata  ferma e nulla in quel caso sapremo della sua direzione, del suo movimento. Possiamo quindi rappresentare o una cosa o l’altra. Mai tutte e due contemporaneamente. Non solo, ma  noi che cerchiamo di studiare questi elettroni dentro casa propria, con dei macchinari sofisticatissimi, cozziamo contro un altro tipo di stranezza. Pare, infatti, anzi è accertato che lì dentro la realtà esista solo se noi la andiamo a misurare, cioè pare che la nostra misurazione addirittura interferisca con la realtà esistente. Ma non nel senso che noi creiamo una certa realtà, voluta da noi, bensì nel senso che noi evidenziamo una realtà che altrimenti, cioè senza la nostra misurazione, non sarebbe evidente, ed è come se non esistesse.





domenica 24 settembre 2017






Dove si parla delle regole  e delle leggi adottate per la costruzione di un organismo.



126-Regole


Ma le molecole posseggono delle braccia, tecnicamente dette legami, le quali, in caso di affinità, possono legarsi tra loro e determinare la formazione di un composto più complesso del precedente. Nel caso che i legami non abbiano tra loro affinità, non si formerà alcun composto. In quel mare il numero di tentativi delle molecole di combinarsi tra loro fu veramente enorme, e, nel caos generale, solo ad un certo punto presero a formarsi i composti giusti, funzionanti e vincenti, rispetto ai precedenti sbagliati, inutili e perdenti. Ma è stato calcolato che, affinchè si verificasse una tale concatenazione di eventi casuali utili, la natura avrebbe dovuto moltiplicare i tentativi a casaccio in un periodo di tempo fatto di un numero di anni veramente enorme. Questo numero è stato calcolato nella misura di 10 elevato a 15, e cioè un numero che possiamo scrivere con 1 seguito da 15 zeri. In pratica è un tempo centomila volte più lungo della età complessiva del nostro universo. Tutto questo tempo avrebbe dovuto essere necessario per dare origine ad un composto formato da più molecole, il quale successivamente avrebbe dovuto originare gli stadi successivi della evoluzione. Non è possibile! Se ne deduce che tutto ciò non può essere avvenuto per caso. Si intuisce la necessaria presenza di una regola o di un insieme di regole che abbiano guidato i tentativi delle molecole di combinarsi e che abbiano contribuito a limitare il numero delle combinazioni necessarie per ottenere risultati utili per il proseguimento degli stadi evolutivi. Sappiamo che il tempo occorso nei vari passaggi evolutivi è stato enorme, ma se tutto fosse stato esclusivamente frutto del caso, questo tempo sarebbe diventato, assurdamente infinito e inimmaginabile. E allora cerchiamo di capire in che modo l’ostacolo sia stato aggirato e come siano stati abbattuti i tempi del processo evolutivo.




Anche per la costruzione del vivente esiste una grammatica, come per la costruzione delle frasi

 Se io volessi scrivere una breve frase di tre o quattro parole. Ad esempio “La vita è bella”. Anche in questo caso il numero di tentativi sarebbe enorme, non quantificabile, e sarebbe...tempo perso. Ma noi sappiamo benissimo che per scrivere delle frasi non ci affidiamo al caso; esiste cioè una grammatica, cioè un insieme di leggi o regole che ci guidano nelle formazione delle frasi. Inoltre sappiamo che, dopo aver scritto una determinata lettera dell’alfabeto, la successiva dovrà essere scelta tra un limitato numero di lettere. Ad esempio, scritta la prima lettera “L” e supponendo che sia quella giusta, la seconda lettera non potrà che essere una vocale, Anzi, essendo all’inizio di frase, subito ci verrebbe in mente che potrebbe essere un articolo. Il campo di scelta si restringerebbe di molto e i tempi si accorcerebbero grazie al fatto che ci serviamo della Grammatica con le sue regole, i suoi abbinamenti obbligati, e della esperienza che abbiamo (ad esempio una volta scritta la parola “la vita è”, ci verrebbe spontaneo dire come ultima parola “bella”). Si tratta in pratica di un caso che non sceglie tra tutte le combinazioni possibili, ma solo tra quelle obbligate e permesse dalle regole della grammatica e, quindi, dalla conformazione della materia. La struttura della materia stessa obbligherebbe il caso a scegliere solo tra le combinazioni che hanno un senso.




127-Leggi


Man mano che la costruzione dell’edificio procederà, si verificherà la permanenza  o meno di quel senso attribuito alle singole combinazioni, in quanto esse  dovranno confrontarsi con tutto l’insieme. In questa maniera il tempo impiegato sarebbe più ragionevole, anche se abbastanza lungo.  Abbiamo detto prima che le molecole non sanno qual’è lo scopo di tutto quel loro agitarsi e urtarsi in continuazione; possiamo dire, però, che esse “sanno” con chi possono legarsi perché è scritto nella loro stessa intima struttura. I legami per la costruzione di composti stabili avverranno solo se permessi dalla struttura stessa delle molecole; altrimenti esse non potranno fare nemmeno il tentativo, ed eviteranno inutili perdite di tempo. Sappiamo infatti che, nel brodo primordiale, circolava una molecola cui successivamente i chimici daranno il nome di “carbonio”. Essa se ne andava in giro con le sue quattro braccia ben alzate ad acchiappare molecole di altro tipo. Dentro quell’ambiente liquido fatto di idrogeno (H) e di ossigeno (O), il carbonio (C) trovava pane per i suoi denti e riusciva ad incollare ad ogni suo braccio il braccio delle molecole di idrogeno, formando i famosi legami “CH” tipici della chimica del vivente, in quanto alla base dei composti organici. Come si vede, già il primo gradino della scala evolutiva verso la costruzione del vivente, è caratterizzato dalla formazione di un composto obbligato e determinato dalla struttura stessa delle molecole in gioco. Anche in seguito vi saranno dei passaggi casuali, ma non troppo, che determineranno le future tappe di questo processo. 



Rappresentazione del cosiddetto ciclo del carbonio

Da tutto ciò se ne deduce che l’unico modo per abbattere i tempi necessari alle molecole per combinarsi, e quindi anche alle cellule di fare altrettanto nella determinazione di quelle trasformazioni che sono alla base del percorso evolutivo, sarà quello di ammettere che le combinazioni siano avvenute non per puro e semplice caso, ma seguendo delle regole, delle leggi scritte nel cuore stesso della materia. Oggi queste leggi sono universalmente conosciute e accettate e fanno parte di quelle scienze, come la fisica e la chimica, con le quali si è riusciti a dare spiegazioni esaurienti a tutto ciò che ci circonda, sia nel tempo che nello spazio. Queste leggi sono insite alla materia e sono nate con essa, la pervadono e ne determinano le sue trasformazioni. Bisogna tener presente che l’obbedienza a queste leggi non è solo prerogativa della materia animata e vitale in continua trasformazione verso stadi sempre più complessi. anche la materia inanimata, che tuttavia è abbastanza viva al suo interno, e, nel corso di interminabili ere geologiche, ha subito notevoli trasformazioni  ha obbedito e obbedisce a leggi ben precise. Inoltre tutta la storia dell’universo, dal big bang in poi, in ogni porzione di spazio da esso occupato nel corso della sua espansione, e in ogni tempo, passato presente e futuro, è pervasa da leggi che ne hanno determinato e ne determinano la evoluzione cosmica. Non c’è angolo buio dell’universo in galassie remote, in cui non siano valide quelle stesse leggi che pervadono l’aria stessa che respiriamo noi su questa piccolo pianeta.





128-Carpentiere


Ci sarà un punto dell’embrione in cui una cellula e le sue vicine avranno il compito di formare il tessuto muscolare, per cui cominceranno a suddividersi e a proliferare in tal senso; è il momento in cui tutte le cellule prenderanno ad evolvere verso la direzione per la quale sono destinate dalle informazioni contenute nel DNA. Quindi alcune cellule diventeranno pelle, altre ossa, altre ancora sistema nervoso. Questo processo di auto costruzione dell’embrione porterà, in definitiva ad un prodotto finito di cui conosciamo la forma e la struttura: quel neonato che, salvo piccoli particolari, ha sempre la stessa struttura. Anche questo è scritto nel DNA, e fa in modo che da un uomo nasca sempre un uomo e da un elefante nasca sempre un elefante. Le cellule che lavorano auto strutturandosi in embrione e quindi in neonato, hanno tutte la memoria  che il loro lavoro dovrà portare al prodotto finito scritto negli archivi del DNA. Così, per ritocchi successivi, e con le informazioni del DNA, la costruzione cellulare si auto modella tenendo conto di ciò che avviene intorno e adattandosi in modo flessibile ai segnali chimici e genetici. E’ in questa fase, quando le cellule sono ancora poco stabili e si lasciano influenzare da diversi fattori, che la costruzione dell’individuo è estremamente modificabile. E’ in questa fase che una mutazione può provocare dei cambiamenti, dando una informazione diversa da quella contenuta in tutte le altre cellule uovo che hanno dato origine agli altri individui di quella specie. E’ come se dei muratori e carpentieri stessero lavorando per costruire un edificio che, fino ad allora è esistito solo nella mente del progettista e nelle sue piante, sezioni e prospetti, dando forma alle strutture portanti con un occhio alle carte ed uno al manufatto in crescita. Se inavvertitamente un carpentiere si distraesse e sbagliasse la forma di un pilastro o di un solaio, il prodotto finito avrebbe caratteristiche diverse da quelle descritte nel progetto. Per poter modificare in maniera irreversibile il progetto, però, sarà necessario che l’errore si verifichi in questa fase. Un errore durante la costruzione dei tramezzi e, più in là, durante la esecuzione degli impianti, sarà ininfluente ai fini dell’assetto e dell’aspetto generale, in quanto non concernono la struttura dell’edificio. In quel perfetto edificio che è il nostro organismo, dove le cellule sono i mattoni costitutivi, e dove, a sua volta, la cellula è costituita da elementi microscopici come le molecole, a loro volta costituite da atomi, tutto deve essere perfetto, se si vuole che la costruzione funzioni. 


Invisibili carpentieri provvedono a costruire l'organismo umano.

Pur tuttavia la distrazione di qualche carpentiere potrà causare delle variazioni nel prodotto finito. Se questo accade, appunto, quando è in costruzione la struttura del prodotto finito, e cioè del neonato, la mutazione farà sentire la sua presenza determinando quei piccoli cambiamenti nella futura esistenza di quel neonato. E’ sufficiente che una base sia sostituita da un’altra  perchè venga cambiato il risultato finale. Una copia sbagliata e cioè una lettura sbagliata del progetto da parte del carpentiere, oppure una semplice distrazione, possono provocare degli errori di trascrizione e, quindi, di costruzione.



129-Manhattan




Non sempre, comunque, gli errori sono importanti, a volte possono venire corretti, a volte si ripercuotono sulla costruzione dell’edificio, spesso comportano variazioni minime, qualche volta, invece, comportano l’insorgenza di una malattia o di una menomazione, a volte ci può essere una maggiore  resistenza verso particolari malattie. Moltissime mutazioni sono la causa di variazioni ininfluenti sulla struttura dell’organismo, ma possono in futuro riuscire utili, in seguito a qualche richiesta particolare da parte dell’ambiente. Se pensiamo alla estrema complessità della macchina vivente, da un semplice insetto all’uomo, immaginiamo quante debbano essere le informazioni necessarie per mettere su una tale costruzione. Il capitolato per la costruzione di un grattacielo di Manhattan impallidirebbe di fronte alla voluminosa enciclopedia  necessaria per contenere tutte le istruzioni utili alla costruzione del vivente. 



Il capitolato di questo grattacielo impallidisce di fronte a quello di un organismo umano.


Si sono contati infatti dodici miliardi di basi disposte per tutta la lunghezza delle due doppie eliche del DNA della cellula risultante dalla fecondazione dell’uovo con lo spermatozoo. Ciascuna doppia elica è contenuta  in  ciascuno dei ventitre cromosomi della madre, che si andranno ad unire ai ventitre cromosomi provenienti dal padre. Tutti insieme andranno a costituire i grossi volumi della enciclopedia contenente le istruzioni per la costruzione del vivente. Questa  enciclopedia contiene una infinità di informazioni. Senza uscire dalla metafora possiamo dire: Il genoma, cioè l’enciclopedia, contiene 23 cromosomi, ossia i capitoli. Ciascun capitolo contiene tra i 48 e i 250 milioni di lettere (cioè i nucleotidi A,C,G,T) senza spazi che le separino. I nucleotidi vengono denominati con i nomi adenina, timina, citosina, guanina. La lor disposizione lineare prende il nome di sequenza. Un esempio di sequenza potrebbe pertanto essere ATC-TCC-CAG-TTA-GCT. Il numero totale di lettere del libro ammonta a oltre 3,2 miliardi. Questo libro è contenuto nel nucleo della cellula. Ciascuna cellula dell'organismo contiene almeno una copia del libro nella sua interezza. Nel genoma risiedono le sequenze dei suddetti nucleotidi che non sembrano avere apparentemente una funzione, il cosiddetto DNA spazzatura, e le sequenze fossili che si sono inserite nel nostro genoma milioni di anni fa ma senza assolvere alcun compito Vi sono poi i geni, cioè le sequenze in cui risiede l’informazione genetica per la sintesi delle proteine, che stabiliscono le caratteristiche peculiari di ogni individuo. Si stima che nel genoma umano siano presenti circa 50000 geni. A ogni tripletta di nucleotidi corrisponde una determinata informazione per la sintesi delle proteine, i macchinari che eseguono tutte le funzioni fondamentali delle cellule. Se una di queste lettere cambia, subisce cioè una mutazione, l’informazione genetica può risultare alterata e le proteine potrebbero non venire più prodotte in modo funzionale causando lo sviluppo di una malattia genetica.

mercoledì 16 agosto 2017


Dove si parla di mutazioni e ambiente  fino a risolvere il famoso enigma dell'uovo e della gallina

122-Mutazione



Il numero delle combinazioni delle sequenze molecolari all’interno del DNA è certamente enorme, ma non infinito, e ciò è contrario al fatto che sulla terra esiste una varietà infinita di forme viventi e di individui. Ciò è dovuto all’intervento di quel famoso elemento che ha permesso agli individui, di concerto con l’ambiente, di continuare a vivere su questa terra e di popolarla con la propria discendenza. Quello che, in effetti è avvenuto, nel perfetto meccanismo di lettura del filamento sdoppiato del DNA primitivo, e nella formazione di un nuovo filamento da accoppiare ad esso, è un errore; uno sbaglio che determina la creazione di un filamento un tantino diverso dal precedente. Di conseguenza ci saranno delle informazioni non perfettamente identiche a quelle del DNA primitivo, e anche la costruzione del nuovo essere presenterà delle variazioni. Variazioni che potranno essere minime o anche enormi, a seconda del tipo di errore. In pratica è un meccanismo perfetto che si inceppa e permette la formazione di qualcosa di diverso da quello che invece era destinato a produrre. Ma è proprio grazie al fatto che la perfezione non è di questo mondo, se per miliardi di anni la vita ha proliferato, ed ancora per molto procederà nel suo cammino. 


una mutazione in quel punto particolare comporta la nascita di qualcosa di diverso

Il termine tecnico di quello che noi chiamiamo errore è mutazione, ed in realtà, più che di errore si tratta di un cambiamento, una variazione. Dal punto di vista del DNA e quindi dell’individuo originario, una variazione che determina la nascita di qualcosa di diverso, può essere considerata un errore, ma dal punto di vista della vita, che comunque ha bisogno di progredire, le variazioni, i cambiamenti, sono comunque da considerare ben venuti ed auspicabili. Una variazione a livello molecolare, caratterizzata dalla immissione in sequenza di una molecola al posto di un’altra, o da una inversione di molecole, o dalla formazione di nuovi legami chimici, può in effetti determinare una variazione del corredo genetico della cellula o dell’individuo, determina, ad esempio, una vista più acuta, o un colore diverso dei capelli o della pelle, o una digestione più lenta. Non è detto, però che ciò sia svantaggioso per la nuova cellula o per il nuovo individuo. Alcune volte, anzi la variazione si rivela più utile e il nuovo individuo potrà adattarsi meglio all’ambiente, proprio grazie a quella piccola differenza. Ecco perchè non parliamo di errore; in quanto tutto è relativo allo scopo che si vuole raggiungere. Quello che all’inizio poteva sembrare un errore di copia, in effetti è tornato utile al nuovo individuo, che l’ha utilizzato per adattarsi meglio all’ambiente in cui vive. L’ambiente pertanto decide quale tra i prodotti delle piccole o grandi trasformazioni che avvengono nel corso delle replicazioni, debba o meno proseguire il suo cammino trasferendo il proprio patrimonio genetico ai figli. Grazie a quella mutazione, la popolazione futura presenterà quella caratteristica innovativa determinata da quell’errore di trascrizione del DNA.


123-Replicazione




Il numero delle combinazioni delle sequenze  molecolari all’interno del DNA è certamente enorme, ma non infinito, e ciò è contrario al fatto che sulla terra esiste una varietà infinita di forme viventi e di individui. Ciò è dovuto all’intervento di quel famoso elemento che ha permesso agli individui, di concerto con l’ambiente, di continuare a vivere su questa terra e di popolarla con la propria discendenza. Quello che, in effetti è avvenuto, nel perfetto meccanismo di lettura del filamento sdoppiato del DNA primitivo, e nella formazione di un nuovo filamento da accoppiare ad esso, è un errore; uno sbaglio che determina la creazione di un filamento un tantino diverso dal precedente. Di conseguenza ci saranno delle informazioni non perfettamente identiche a quelle del DNA primitivo, e anche la costruzione del nuovo essere presenterà delle variazioni. Variazioni che potranno essere minime o anche enormi, a seconda del tipo di errore. In pratica è un meccanismo perfetto che si inceppa e permette la formazione di qualcosa di diverso da quello che invece era destinato a produrre. Ma è proprio grazie al fatto che la perfezione non è di questo mondo, se per miliardi di anni la vita ha proliferato, ed ancora per molto procederà nel suo cammino. Il termine tecnico di quello che noi chiamiamo errore è mutazione, ed in realtà, più che di errore si tratta di un cambiamento, una variazione. Dal punto di vista del DNA e quindi dell’individuo originario, una variazione che determina la nascita di qualcosa di diverso, può essere considerata un errore, ma dal punto di vista della vita, che comunque ha bisogno di progredire, le variazioni, i cambiamenti, sono comunque da considerare ben venuti ed auspicabili.




molte persone devono i loro riccioli biondi a una minuscola mutazione genetica

 Una variazione a livello molecolare, caratterizzata dalla immissione in sequenza di una molecola al posto di un’altra, o da una inversione di molecole, o dalla formazione di nuovi legami chimici, può in effetti determinare una variazione del corredo genetico della cellula o dell’individuo, determina, ad esempio, una vista più acuta, o un colore diverso dei capelli o della pelle, o una digestione più lenta. Non è detto, però che ciò sia svantaggioso per la nuova cellula o per il nuovo individuo. Alcune volte, anzi la variazione si rivela più utile e il nuovo individuo potrà adattarsi meglio all’ambiente, proprio grazie a quella piccola differenza. Ecco perchè non parliamo di errore; in quanto tutto è relativo allo scopo che si vuole raggiungere. Quello che all’inizio poteva sembrare un errore di copia, in effetti è tornato utile al nuovo individuo, che l’ha utilizzato per adattarsi meglio all’ambiente in cui vive. L’ambiente pertanto decide quale tra i prodotti delle piccole o grandi trasformazioni che avvengono nel corso delle replicazioni, debba o meno proseguire il suo cammino trasferendo il proprio patrimonio genetico ai figli. Grazie a quella mutazione, la popolazione futura presenterà quella caratteristica innovativa determinata da quell’errore di trascrizione del DNA.



124-Esame





E’ come se l’ambiente sottoponesse a un continuo esame le copie derivanti dalle replicazioni e decidesse quali siano degne di proseguire il loro cammino e quali debbano restare al palo. Supponiamo infatti che altri individui, figli sempre dello stesso originale, siano delle copie perfette, prive cioè di quella mutazione che solo uno dei fratelli possiede; se quella variazione viene riconosciuta utile dall’ambiente (perchè magari nel frattempo ha subito delle trasformazioni rispetto al passato), il futuro sarà popolato dai discendenti di quella copia “sbagliata” ma fortunata. Mentre i discendenti delle copie perfettamente identiche, e quindi “giuste” saranno, in effetti, bocciate dall’ambiente e destinate alla estinzione in quanto non più adatte ad esso. Per inciso sia detto che molto spesso (il più delle volte) alcune copie la cui riproduzione risulta errata perchè diversa dall’originale, sono considerate effettivamente sbagliate anche dall’ambiente. Al quale non riescono ad adattarsi perfettamente a causa di quel difetto di copia. Il risultato di questa difficoltà di adattamento sarà un rifiuto, una bocciatura del nuovo essere con la mutazione sfavorevole la cui stirpe non sarà considerata degna di popolare la terra.



la mutazione può essere accettata o meno dall'ambiente in cui vive l'animale

 Altre copie “sbagliate” ma più fortunate verranno in futuro, e così, di cambiamento in cambiamento, la cellula prima, l’animale poi, si adatterà progressivamente all’ambiente che muta continuamente favorendo la nascita di questa o di quella nuova forma di vita, e le graduali trasformazioni nell’ambito di ciascuna forma. Per questo motivo mi sembra riduttivo, se non addirittura blasfemo parlare di errori di copia o di sbagli nella replicazione. In effetti era l’unico sistema che potesse consentire il fluire della vita verso una complessità sempre maggiore. Una lieve imperfezione in un meccanismo altamente perfetto consente quei graduali cambiamenti che sono alla base delle grandi trasformazioni e delle enormi diversità esistenti tra individuo e individuo, tra specie e specie. Ripeto, mi sembra blasfemo considerare frutto di uno sbaglio, o ancor di più di una serie di errori e di eventi casuali, un così stupefacente fenomeno come la vita, pervenuto, nel corso di quattro miliardi di anni, ad un sia pure provvisorio traguardo costituito da un essere perfetto quale è l’uomo. E’ più giusto dire che nel corso dei millenni si è verificata una somma di modificazioni che permetteva a ciascun essere vivente di affrontare la competizione di fronte ad un esaminatore, l’ambiente, in continua e lenta trasformazione. Le continue mutazioni premiate dall’ambiente, in definitiva hanno portato quelle cellule primitive a diventare le cellule che oggi compongono animali e individui.




125-La gallina




In pratica un bambino che nasce oggi ha circa quattro miliardi di anni; le sue cellule, anche se molto diverse da quelle primitive, provengono da esse. I suoi cromosomi si sono via via modificati, attraverso continue mutazioni, ma in realtà sono i legittimi discendenti dei cromosomi originari. Il messaggio genetico di cui essi sono portatori si è andato alterando per strada, dando luogo a cellule sempre più diverse da quelle di origine. E’ come se in un ritratto noi modificassimo, piano piano, alcuni dettagli. Prima la bocca, poi il naso, poi i capelli, poi gli occhi. Dopo un po’ il ritratto diventa totalmente diverso, irriconoscibile. Mi sembra di ricordare quel gioco che facevamo da ragazzini che si chiamava “il telefono” durante il quale uno dei compagni cominciava  dicendo una parola nell’orecchio del compagno che gli sedeva accanto, senza farsi ascoltare dagli altri; a sua volta il secondo compagno riferiva la parola che aveva ascoltato nell’orecchio di un terzo compagno e così via, il più veloce possibile. Era naturale che, se si rispettava una certa velocità nel passare parola, la parola originaria subiva delle trasformazioni ed alla fine era totalmente diversa da quella di partenza. Ma, per venire ad un esempio strettamente legato al nostro argomento, prendiamo una gallina. Se si va indietro nel tempo e si modificano poco alla volta i dettagli (non solo della fisionomia, ma degli organi interni, della pelle, del metabolismo, della biochimica) ad un certo punto l’antenato della gallina  finisce per assomigliare sempre più ad un rettile. E ad un certo punto ci si rende conto che è un rettile.


Chi è nato prima l'uovo o la gallina?

 Questo infatti lo abbiamo letto in un capitolo di questa storia; ed abbiamo anche letto che, sempre andando a ritroso nel tempo, i rettili, prima di essere tali, erano anfibi e prima ancora pesci, creature marine dalla forma e dalla grandezza molto variabile, e prima ancora forme di vita, via via sempre più semplici, fino a passare da semplici esseri pluricellulari  a forme di vita composte da una sola cellula e alle protocellule. Vediamo quindi che la nostra gallina, in effetti, non è figlia del classico uovo ma di qualcosa che sta molto più al di la nel tempo. Parliamo, di tempi incredibilmente lunghi che sfuggono quasi alla nostra capacità di immaginazione, ma ciò giustifica ampiamente la nascita di forme di vita così diverse e la enorme varietà oggi esistente. In definitiva quindi si può dire che tutti gli esseri appartenenti a ciascuna forma vivente esistita in passato ed esistente oggi, deve essere considerata figlia di quelle primissime protocellule che hanno popolato il mare primordiale. Ma perchè tutto ciò è avvenuto? La strada che dalle primissime protocellule ha portato all’uomo era l’unica possibile? Sarebbe stato possibile che le originarie forme viventi si evolvessero in maniera diversa da quella in cui si sono effettivamente evolute? Se c’era la possibilità di percorrere altre strade, perchè proprio questa? Si tratta di capire qual’è il segreto dell’esistenza di un meccanismo così perfetto, le motivazioni intime che hanno consentito alla vita, una volta sgorgata dai meandri della materia, di procedere verso tappe sempre più complesse.